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Roma. Cosa si mangia all’Osteria dell’Ingegno, storico locale a due passi dal Pantheon

osteria dell'ingegno

L’Osteria dell’Ingegno, ha compiuto il 30 ottobre scorso il suo 25° compleanno, senza perdere apparentemente nemmeno un po’ del suo smalto. Siamo andati a vedere cosa rende questo storico indirizzo così amato da romani e non

osteria dell'orologio

Osteria dell’Ingegno, è in questa parte della città un punto di riferimento di romani e avventori di passaggio da ormai un quarto di secolo: un “salotto” caldo e accogliente come una casa, il luogo giusto per coloro che per placare lo stomaco scelgono una buona cucina italiana, genuina e attenta alla qualità magari accompagnata da un buon bicchiere. Un’offerta di ristorazione che, in pieno centro a Roma tra via del Corso e il Pantheon, spicca ancora di più distinguendosi inevitabilmente dalla proposta fin troppo turistica della zona.

Il Locale

L’Osteria dell’Ingegno sorge in un angolo di Piazza di Pietra d’innegabile fascino, e dalle sue vetrine si gode una vista privilegiata sull’imponente colonnato del tempio di Adriano. È proprio qui di fronte al tempio, che nella bella stagione ci si può accomodare, per mangiare seduti ad uno dei tavolini all’aperto dello storico locale, che al suo interno conta in totale 60 coperti, suddivisi su due piani. L’atmosfera qui è calda e colorata, all’entrata c’è un bel bancone bar, tutt’intorno dominano tinte vivaci, legni e arredi in stile contemporaneo, con diversi pezzi unici di design (come le lampade) a impreziosire il tutto. I quadri e i tavoli disegnati all’ingresso sono opera di Franca Vit, artista vicentina che il proprietario conobbe durante i suoi anni universitari: è stata lei a personalizzare l’osteria attribuendole il carattere e l’unicità che da 25 anni la contraddistingue.

La sala e la cucina 25 anni dopo…

In origine era una vineria e a quel tempo, lo stesso Giacomo Nitti, proprietario e fondatore, si trovava dietro ai fornelli. Quando il 30 ottobre 1994 iniziava il primo servizio di questa lunga storia di cibo e vino, Osteria dell’Ingegno era incentrata soprattutto sul bere bene e sulla convivialità. Oggi l’Osteria ne ha fatta di strada, ma queste due anime convivono ancora oggi in questo locale, che col tempo ha però acquisito altre frecce al suo arco: come una maggiore attenzione al servizio e una nuova cucina tutta in rosa. Giacomo ha infatti ormai da tempo smesso i panni dello chef, a favore di un trio di donne tutto pepe che costituiscono oggi la brigata di cucina: Francesca, Anna e Lucia, rispettivamente mamma, figlia e zia. Le tre, dopo diverse esperienze in Abruzzo, loro terra di origine, hanno sposato il progetto di Osteria dell’Ingegno, portando il loro personale tocco “casalingo e un po’ materno” ai tanti gustosi piatti del menù.

Anche in sala si sente l’impronta tutta femminile di Sabrina e Cristina, ma anche l’irrinunciabile contributo di Marco, memoria storica di Osteria dell’Ingegno. ” Last but not least”, la preziosa new entry Paolo Latini, sommelier e fine cultore dei vini italiani, giunto qui dopo dieci anni da Gusto, altri all’enoteca Provinciale in via Condotti, e un recente triennio all’Osteria degli Amici a Trastevere. Cortesia, gentilezza e calore, è proprio grazie allo staff di sala e alla cordialità del proprietario che qui si crea un’atmosfera particolare, e aldilà di tutto viene voglia di tornare, certi di essere accolti con il sorriso.

Il menù e i prezzi

Il menù di Osteria dell’Ingegno è un menù di terra e di mare, che pur riservando un occhio di riguardo alla cucina romana mira ad esplorare un po’ tutte le ricette delle varie regioni italiane, che si presentano spesso rivisitate con un pizzico di creatività. Ne scaturiscono una serie di piatti mai banali e un menù molto vario, che cambia praticamente su base quotidiana. Come dettava la regola non scritta delle vecchie osterie romane d’un tempo, qui ogni martedì e venerdì si serve il pesce freschissimo, ma con un tocco di modernità si può scegliere or tra cous cous di pesce, cacciucco e baccalà, mentre il giovedì si mangiano gli gnocchi ed il fegato, finché si arriva al pranzo della domenica, e dopo una bella passeggiata in centro sedervi qui davanti a una bella “cacio e pepe” vi darà la sensazione di essere a casa. Tutti i giorni Francesca infatti fa la pasta fresca, con farine e uova bio della Ciociaria, declinando le sue abilità di pastaia (oltre che di chef) nei vari formati e ricette che caratterizzano le tradizioni dello Stivale: si va da gustosi ravioli e lasagne, alla busiata siciliana con ragù di scorfano rosso, dalle orecchiette pugliesi con totani cicoria e lenticchie, ai tortelli emiliani di erbette, dagli gnudi maremmani con burro e ortiche alle sagne molisane col sugo di castrato.

Immancabili in un ristorante così i primi classici della tradizione romana, ma anche l’abbacchio, gli arrosti, il pollo alla diavola, il quinto quarto che sottolineano l’attaccamento alla cultura culinaria capitolina.

A pranzo ci sono dieci piatti del giorno diversi ogni volta (spesa media 25 euro bevande escluse). A cena il menù è alla carta con 6 antipasti, 6 primi, 6 secondi (spesa media 40 euro bevande escluse). I prezzi sono in linea con i ristoranti della zona, quindi non proprio economici. A suo favore però questo locale può vantare una qualità degli ingredienti e dei prodotti al di sopra della media ed un ottimo servizio.

A fare la differenza infatti sono le materie prime italiane Doc utilizzate, il pescato laziale e un’attenta selezione di produttori del territorio di alto livello. Qualche esempio? La carne proviene dalla macelleria romana Feroci, l’olio è quello dell’azienda “La Massedale” di Magliano in Toscana, le primizie sono targate ”Orme” e i prodotti sono quelli della Coldiretti.  Persino il cestino del pane è curatissimo, con una irresistibile focaccia e un lievitato integrale di propria produzione, che accompagnano l’ottimo lievitato dello storico forno Renella. Anche i dolci e tutta la pasticceria, che nel pomeriggio accompagna una ricca selezione di tè e tisane per l’orario della merenda sono tutti fatti in casa.

E ci si può soffermare all’ Osteria anche per l’aperitivo accompagnando il vino con piccole focaccine home made condite con golosissime farciture: sugo all’amatriciana, polpettine di trippa, baccalà mantecato, cicoria ripassata e crema di fave, oltre alle croccanti frappe salate a cacio e pepe che sono un segreto della chef Francesca.

La carta dei vini infine è rigorosamente radicata solo sulla produzione italiana: 300 etichette da tutto lo Stivale, ma con una forte presenza laziale e varie referenze provenienti anche dal mondo del naturale del biologico. I vini alla mescita sono scritti col gesso su una lavagna, e si può scegliere tra almeno 25 etichette diverse che variano ogni quindici giorni.

La nostra esperienza

In occasione del 25° compleanno di questo storico locale ho cenato qui, e provato alcuni dei piatti per cui è famoso. Confermo l’impressione globale di una buona cucina, attenta alle materie prime e alle ricette della tradizione culinaria italiana, ben eseguita e interpretata con moderati spunti di creatività.

La mia cena è iniziata con un goloso gnocco fritto di benvenuto con una eccellente pancetta arrotolata (realizzato sostituendo lo strutto con l’olio evo per una versione più light) servito con un frizzante e gradevole calice di “Nebbia e Sabbia” Fortana del Taro. Lo gnocco poteva essere forse più alveolato all’ interno, ma è sicuramente un buon inizio e apre lo stomaco. Seguono delle strepitose e croccanti polpettine di trippa. Si passa dalla terra al mare e da Roma al Veneto, con un piacevolissimo Baccalà in saor, con pinoli, uvetta e cipolle. Chiudono gli antipasti le melanzane alla beccafico, con caciocavallo podolico, uvetta, pinoli alici: una invitante creazione di Giacomo. Entrambi gli antipasti vengono abbinati a un vino Illirio Cori Doc della cantina Cantina Cincinnato. Arrivano i primi e resto letteralmente conquistata dal raviolo ripieno con burrata e ricotta di bufala, condito con porcino fresco spadellato con aglio e rosmarino. Un capolavoro di gusto e semplicità.

A questo punto gusto una memorabile “Cacio e pepe”, con tonnarello fatto in casa e pecorino di latte sardo Fulvi. Mantecata alla perfezione, con la pasta fresca profumata e cotta a puntino, è davvero ottima. Tra i secondi il mio preferito è stato un piatto di tenerissime e saporite, “seppie in zimino” cotte prima in bassa temperatura e poi unite al sugo di pomodoro e alle bietoline. Squisite. Il “pollo con i peperoni” invece tra le carni non mi ha convinto completamente, l’avrei preferito un po’ più saporito, e con più peperoni a regalare gusto e dolcezza al piatto. Buono, il Cesanese DeaNike 2014, abbinato al secondo. Chiudono la cena i classici dessert: il tiramisù (in una versione con i Pavesini al posto del solito savoiardo) la cui crema era senza dubbio molto buona, ma che secondo il mio gusto personale risultava un po’ troppo protagonista a discapito di una scarsa presenza del biscotto e del caffè, che in caso contrario avrebbero reso il dolce più bilanciato. Dulcis in fundo ecco anche una buona panna cotta, molto ricca e golosa con frutti di bosco freschissimi, belli da vedere quanto da gustare. Alla fine mi alzo soddisfatta e felice di augurare ancora molti anni di fortunata attività all’Osteria dell’Ingegno.

Info utili

Osteria dell’Ingegno

Piazza di Pietra, 45

Tel: 06 678 0662

Sito

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