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Vino

A pranzo dai Principi di Spadafora: la nobile arte di coltivare la terra

principe di spadafora

Quello che il “lavoro nobilita l’uomo” è un concetto che, magari, farà storcere il naso agli aristocratici “impuri” che temono le contaminazioni (come se l’abito facesse davvero il monaco) ma che è, sicuramente, ben accetto da chi  la nobiltà ce l’ha nel sangue e sa bene che non basterà avere le mani sporche di terra per perdere il sangue blu.

Questo concetto ce l’ha ben chiaro il principe Francesco Spadafora al punto che, insieme al sangue blu, sembra scorrergli nelle vene il vino ottenuto dalle viti che coltiva nelle sue tenute in contrada Virzì, in provincia di Palermo. Spadafora è una nobile famiglia siciliana, le cui prime tracce certificate risalgono al 1230. Nei secoli il Casato ha avuto il predominio su cinque principati, un ducato, due marchesati, una contea e venticinque baronie. Alcuni dei componenti della famiglia hanno occupato cariche di primo piano nel Regno di Sicilia e in alcuni Stati Europei. Il fondatore dell’azienda agricola è don Pietro dei Principi di Spadafora, che ricevette in eredità la tenuta dallo zio Michele De Stefani, valente agricoltore ed allevatore di cavalli da corsa. In seguito agli ingenti danni riportati dalla tenuta durante il terremoto del 1968, don Pietro si impegna  nella ricostruzione e nella riqualificazione dell’azienda, rivalutando i vigneti autoctoni e portando in Sicilia vigneti alloctoni, che in questa terra sembrano esserci nati, da cui si originano vini di qualità. Dalla scomparsa di don Pietro, nel 1988, le redini dell’azienda, termine che calza a pennello data la passione di famiglia per i cavalli, passano nelle mani dell’attuale proprietario Francesco Spadafora, figlio di don Pietro, sposato con la moglie Claudia, affiancato dalla figlia Enrica  la quale, cresciuta tra le vigne, oggi si dedica alla comunicazione della cantina portando nella compagine aziendale quella ventata di freschezza tipica di una giovane donna appena ventitreenne.

principe di spadafora

La storia del vino Spadafora in bottiglia inizia più di trent’anni fa, nell’estate del ’88, quando Francesco si trasferì dalla campagna di Mussomeli, proprietà di famiglia nell’entroterra siciliano destinata alla coltura del grano, a Virzì per occuparsi delle vigne, trasformando l’uva in vino, progetto che lo entusiasmò sin da subito. Dopo diversi tentativi, nel ’93, decise di vinificare solo con l’uva coltivata in questa terra e fu prodotta  la prima bottiglia che fu dedicata,  vviamente, a Don Pietro di cui porta, con onore, il nome.

Non esiste cantina se non esiste vendemmia, se non si pesano i grappoli che si contano sulle piante prese a campione, per vedere se il lavoro fatto in vigna è stato fatto bene – ci spiega Francesco Spadafora –  ecco perché ho voluto costruire vasche di cemento secondo il modello francese, in auge nei primi del ‘900 in Sicilia presso alcune cantine della nobiltà locale. Le vasche sono state ristrutturate dopo il terremoto del Belice nel 1968 e vengono tenute sotto costante manutenzione. Ho iniziato ristrutturando quattro vasche da 170 ettolitri l’una. Raffreddavo il mosto con un piccolo scambiatore di calore alimentato da un frigo e passavo le notti in cantina controllando che la temperatura non salisse. L’anno dopo le vasche sono diventate otto e ho inserito le piastre per scambiare il freddo, controllate da un quadro elettrico che permetteva di determinare le temperature, a questo punto ho potuto smettere di dormire in cantina” ha concluso ironicamente.

Oggi la cantina dispone di  27 vasche tutte ristrutturate e nella parte vecchia in cui erano situate le macchine per vinificare sono state inserite vasche d’acciaio utilizzate per potere stoccare le quantità minori. Nella parte dedicata al legno, barrique da 225 litri e botti da 25 ettolitri, al momento “riposano” il Nero d’Avola, il Cabernet e il Syrah del Sole dei Padri, Syrah in purezza affinato in barrique, fiore all’occhiello dell’azienda.

Tutte le etichette vengono realizzate unicamente con le uve coltivate nella tenuta situata nella contrada Virzì, nel terreno limitrofo alla cantina, che è anche il giardino che circonda le abitazioni della famiglia.

L’uva, dopo essere stata selezionata, viene raccolta rigorosamente a mano e  arriva in cantina in tempi rapidissimi, dopo circa 15 minuti dal taglio, in piccoli carrelli, in modo che i grappoli siano immediatamente lavorati.  

Nascono così i vini “dei Principi di Spadafora” che già di per sé sarebbero un ottimo motivo per andare a visitare l’azienda immersa nel verde e popolata da animali e da persone che hanno grande rispetto per la Natura, ma, se ne servissero ancora, assaggiare la cucina di Francesco Spadafora, il principe agricoltore con il pallino della gastronomia sicuramente è tra questi.

Noi siamo stati privilegiati ad assaggiare un menù completo, interamente preparato per noi dal principe e da lui sapientemente abbinato ad alcune etichette. Il nostro pranzo è iniziato con il macco di fave condito con l’olio di nocellara del Belìce, prodotto dall’azienda e cosparso con arachidi tostate cui è stato abbinato il Metodo Classico Natur – Enrica Spadafora, Grillo in purezza, dal perlage fine e persistente che, con i suoi sentori minerali, tostati e di crosta di pane e il suo sorsi fresco e sapido ha ben sorretto un  piatto dalla struttura  importante come il macco di  fave, donandogli leggerezza e brio.

È toccato, poi ad un primo a base di linguine con pomodoro e melanzane reggere il confronto, non facilissimo, con il Siriki bianco 2015, Grillo in purezza, un orange wine dal giallo arancio dal sorso ricco e complesso con note intense di frutta esotica e albicocche secche. Una chicca da intenditori.
Il Nero d’Avola Principe N 2017, dal rosso rubino intenso con naso di frutti di bosco e spezie miste e sorso dal tannino elegante e vellutato è stato, poi,  abbinato ad una grigliata mista di funghi e peperoni e cipolle resi ancor più accattivanti dalla presenza di mollica di pane tostato che ben ha retto la complessità del vino, anche  nel caso del  secondo abbinamento con il Nero d’Avola Schietto, dal rosso rubino profondo i cui profumi di frutti bosco e spezie miste e il sorso vellutato sono resi ancora più intensi dal passaggio in legno.

Più ardito l’abbinamento per il vino dolce Amnesia, blend di Catarratto e Grillo, giallo dorato con sentori di albicocca e frutta secca dal sorso dolce e mielato ma non stucchevole, che ha accompagnato un  uovo in camicia con primosale e scaglie di cioccolato o bottarga per gli onnivori.

La  possibilità di pernottare negli  alloggi della tenuta e un progetto legato all’arte sono, inoltre,  alcune tra le attività che, prossimamente, faranno entrare l’azienda “dei Principi di Spadafora” a far parte di un circuito di enoturismo esperienziale, come ci confida la giovane e bella Enrica,  completando il quadro di un’esperienza da concedersi  assolutamente almeno una volta nella vita.

Info utili

dei Principi di Spadafora

Telefono: 091.514952

Mail: info@spadafora.com

Sito

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