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Andrea Antonini e la Roma che verrà: Storia del Nuovo Imàgo di Roberto Wirth

Rampante, competitivo, ambizioso, perfezionista, Andrea Antonini ha vissuto gli ultimi otto mesi della sua vita a cucire in silenzio il nuovo esclusivo vestito gastronomico dell’Imàgo sulla vetta di Trinità dei Monti a Roma, e questa è la sua storia. 

Spalle larghe, proprie di chi è abituato a sostenere grandi pesi e grandi imprese, schiena dritta, sguardo sicuro, disciplina da Samurai, pochi giri di parole, molti contenuti e uno straordinario percorso da raccontare.

La storia di Andrea Antonini, Chef dell’Imago, 1 stella Michelin confermata a novembre 2019, potrebbe ispirare un regista ed essere la perfetta trama di un film. Di quei film che descrivono le tappe di un sogno americano (romano, in questo caso); che raccontano le gesta di un’articolata affermazione del sé nei caleidoscopici disegni del destino.

Rampante, competitivo, ambizioso, perfezionista, talentuoso, ansioso quanto sicuro di sé, Andrea Antonini, 28 anni dichiarati (e almeno il doppio per preparazione tecnica), ha vissuto gli ultimi otto mesi della sua vita a cucire in silenzio il nuovo vestito gastronomico della cucina del settimo piano dell’hotel Hassler, sulla vetta di Trinità dei Monti, a Roma. 

Un vestito tutto italiano che nulla (o pochissimo) cede o concede alle contaminazioni esterofile.

Una scelta ragionata che, motivata dal desiderio di parlare italiano ad una vasta platea internazionale, si siede a tavola con la voglia di recuperare la grande cucina italiana classica, di ripensarla in chiave contemporanea, di eseguirla con piglio creativo nella nitidezza tecnica, nel rigore del sapore e nella scelta di materie prime che non escono dai confini del Mediterraneo.

Radicale e patriottica, viene impiattata e servita su ceramiche che ne esaltano l’impatto cromatico, concedendosi al giusto tocco di gioco e coinvolgendo l’ospite fin da subito con un’articolata “danza dell’antipasto sincronizzato”. Una danza scenografica e avvolgente, tutta giocata sui toni e sulle consistenze del vegetale.

“Quando sono entrato in cucina la riflessione che ho fatto è stata: il cliente che viene all’Imàgo arriva da tutto il mondo, osserva la bellezza di Roma e vuole mangiare l’Italia, vuole la pasta, vuole le nostre cotture, vuole il crudo. La mia è cucina classica italiana spinta a livello tecnico, la tecnica non ci manca, il mio percorso e quello della mia brigata lo dimostra, ma sono italiano e voglio cucinare. Così sono tornato ai gesti della cucina, ho tolto sottovuoto, roner, sacchetti e basse temperature. Roca (si riferisce allo chef Joan Roca i Fontané El Celler de Can Roca – 3 stelle Michelin, nonché Tempio della cucina molecolare) la deve fare la bassa temperatura, lui è il Re, non noi, non io. Io preferisco usare le padelle e lavorare una materia prima eccellente.”

Così, Antonini imposta le nuove coordinate dell’Imàgo 2020 sulla rotta di una cucina semplice, che non vuol dire facile, che poggia sulla rigorosa e quotidiana selezione delle materie prime, freschissime, con gesti di dedizione che vanno dal pane preparato e poi tagliato in sala per ogni tavolo alla pasta impastata e stesa a mano, dai fondi di cottura quattro volte alla settimana alla scelta rigorosa di pesce crostacei per taglia, dimensione e vivido colore.

“I ragazzi fanno la linea da capo tutti i giorni. Il ristorante ha una stella (per adesso, dico io) ma pensa alla cucina come se ne avesse tre”, afferma Andrea con una viva luce di determinazione negli occhi – Adesso è più facile per tutti parlare e dire “che bravo!”, ma la strada di per arrivare a questa prima fase di serenità è stata dura.” E noi la vogliamo raccontare.

STORIA DI UNA VITTORIA

 “Io non conosco nessuno che abbia raggiunto un obiettivo senza sacrificio. – mi dice e prosegue – La prima volta che sono entrato in una cucina con una stella Michelin è stata una grande emozione, una grande conquista ai miei occhi e a quelli di tutti gli altri, della mia famiglia, dei miei amici e colleghi. Stessa cosa quando sono entrato in una cucina con due stelle, idem per quella con tre e per i migliori ristoranti della Fifty Best. Poi, mentre ero da Roca, ho vinto il premio per la creatività con ‘Triglia, panzanella e limone’ che lo chef Roca indice tra tutti i membri della sua brigata. L’emozione di quel momento la porto nel cuore, ma volevo di più, volevo lavorare nel miglior ristorante d’Italia e così sono entrato nella cucina di Crippa, diventando capopartita.” (Enrico Crippa, Piazza Duomo, Alba – 3 Stelle Michelin).

Il telefono squilla, Andrea sta cucinando e non può rispondere. Con rigore, massimo rispetto e consapevolezza della propria posizione, non ha distanza con le cose che vive. Su Roma tira un forte vento di cambiamento. L’Hotel Hassler, dopo 16 anni, cerca un nuovo chef per il ristorante Imàgo e la notizia comincia a girare. Quando il telefono torna a squillare finalmente riesce a rispondere e la voce dall’altra parte gli dice: “Stiamo selezionando i migliori profili d’Italia per Imàgo, la proprietà vuole una persona giovane per il ruolo di Chef, vorrebbe fare un colloquio? – era la segretaria di Roberto Wirth, proprietario e direttore generale dell’Hotel Hassler – Io ero a pranzo con mio padre. Lui mi ha detto ‘Richiama e digli sì’. E così ho fatto, senza realizzare subito.”

Da lì comincia a contattare, ancora incredulo, i colleghi-amici di una vita, primo tra tutti Matteo Taccini (ora suo sous-chef) per sondare il terreno, confrontare opinioni, formare idealmente una squadra che, nel caso fosse dovuta servire, potesse seguirlo in questa avventura.

Andrea affronta i colloqui, uno dopo l’altro, senza aspettative. Non gli par vero di tornare a Roma, nella sua Roma. Firma un accordo di assoluta riservatezza. Alla terza telefonata gli dicono che Roberto Wirth vuole un menu per conoscere la sua idea di cucina: tutto si svolgerà nel Palazzetto, modalità top secret.

“Scrivere un menu, anche di prova, da presentare a Roberto Wirth per diventare Chef dell’Imàgo non è cosa da poco; perché sulla carta si può scrivere di tutto per impressionare, ma poi devi realizzare ed essere convincente – riprende con enfasi Antonini – Sono rimasto chiuso nella cucina del Palazzetto per tre giorni, nessuno sapeva né doveva sapere chi fossi. Il clima era tesissimo. Respiravo pressione e dovevo mostrare sicurezza. Finalmente arriva il momento tanto atteso: Wirth si fa mettere un tavolo in cucina, per lui e per i suoi figli. Tre giorni di preparazione per una cena che mostrasse chi fossi. Ho scelto piatti semplici, una Battuta di Fassona con puntarelle e alici, molto bella esteticamente, dei Tajerin all’uovo, un Carciofo confit con mandorle; una cucina italiana classica fatta in modo perfetto. Alla fine della cena Wirth si alza e mi dice: ‘Bene, lei è il nuovo Chef di Imàgo’.”

Dopo 7 giorni Andrea deve condurre il suo primo servizio, fare il suo debutto ufficiale, mostrarsi al mondo, ma la brigata non è completa. “Dovevamo essere 15 ed eravamo ancora solo 5, non conoscevo lo staff di sala, non conoscevo la cucina, neanche come si accendessero le luci, come si azionassero le stufe e la notizia ufficiale della mia presenza stava per uscire. Nel giro di un’ora sono passato dal ruolo di capo partita di un 3 stelle Michelin a quello di nuovo Chef dell’Imàgo; da un’ora all’altra tu digiti il tuo nome su Google ed esce questo…” E mi mostra, con gli occhi che gli brillano, la sua foto insieme a Wirth con lo sguardo fiducioso, sicuro e quasi paterno e alle spalle Roma regina di scenografie. Poi prosegue, ma il tono cambia.

“Quando assumi un ruolo del genere devi essere presente su tutti i fronti, perché il tuo è un ruolo di leader e devi dimostrare di non avere paura, non devi tradire le aspettative. Tutto deve essere perfetto, le cotture, il sale, la tecnica e intorno a te non c’è nessuno, nessuno che si esponga con un giudizio, nessuno che ti dica che stai facendo bene. Non riuscivo a capire se fossi convincente. Ho cominciato a sentire attorno le titubanze sulla scelta della proprietà, la sfiducia sulla mia giovane età. Al massimo era un ‘metticela tutta, poi come va va’, ma questo non è il mio modo di affrontare le sfide. Adesso è facile dire ‘eh, io lo sapevo che ce l’avresti fatta’, ma se avessi fallito, avrei fatto hara-kiri, come i Samurai”, mi dice ridendo.

Per Andrea è impossibile tollerare un fallimento, per tutta una lunga serie di ragioni che vanno dall’affermazione di un ragazzo partito come lavapiatti alla mensa della Corte dei Conti, all’attaccamento alla propria Roma, dalla paura di tradire le aspettative alla voglia di vincere la propria sfida a quella di realizzare un sogno altissimo come l’Imàgo.

“Io sono super patriottico, difendo l’Italia e Roma a spada tratta. Roma è casa mia, e la proteggo come se fosse il posto più bello del mondo. Ogni volta che torno dalle vacanze mi batte il cuore. E c’è una cosa che mi sono sempre detto: se un giorno dovrò ottenere un risultato voglio vincere a casa mia, no a New York, non a Singapore, a Londra o Dubai. Io voglio vincere a casa mia: ROMA”.

LA CONFERMA DELLA STELLA

Al nuovo Imàgo di Wirth cominciano ad approdare i giornalisti, mangiano, osservano, valutano, ma nessuno si sbilancia. Solo la Michelin ci mette la mano sul fuoco, confermando la prima stella, scommettendo e credendo in un giovane chef, nonché confermando l’assioma seconda il quale il talento in cucina non ha età.

Cito, per amore di cronaca, il punto di vista della Guida MICHELIN 2020.

Giovane talento romano che ha fatto la sua gavetta nelle più innovative e creative cucine d’Europa e del mondo, Andrea Antonini porta con sé una filosofia che mette al centro i prodotti, la cultura e la tradizione italiana”. “Ho creato Imàgo 12 anni fa per essere il luogo in cui assaggiare il futuro – racconta Roberto Wirth, proprietario e general manager dell’hotel Hassler – e chi meglio di uno chef giovane ed entusiasta, alla guida di una brigata di ragazzi che non superano i trent’anni a testa, può raccontare la cucina che verrà”? Tra la magnifica e irripetibile vista sulla Città Eterna e sulla scalinata di piazza di Spagna preparatevi ad un’esperienza gastronomica avvolgente e singolare.

Piccione, Cioccolata e Tabacco.

“Dopo la prima visita, ne segue una seconda a ridosso dell’uscita della guida, iper dettagliata – prosegue Antonini – tutte le carte, i carrelli, i vini, i distillati, i pani, i dolci, i formaggi, ogni minimo aspetto. La tensione è stata tanta, troppa. Non dormivo la notte, sentivo la mia vita appesa a un filo. E il giorno prima dell’uscita della guida intorno a me solo silenzio.”

In soli 5 mesi di lavoro senza sosta Andrea ha preso le redini di un cavallo purosangue, ne ha delineato il suo nuovo lucido profilo con l’obiettivo di confermare la posizione dell’Imàgo e conquistare la sua prima stella. Neanche un giorno di riposo, dalla mattina presto alla sera tardi, abnegazione totale, sacrificio, responsabilità e la consapevolezza di essere su una strada impervia.

Dopo 7 mesi esatti esce la guida Michelin 2020. È il 6 novembre 2019. Quella mattina Andrea va in palestra, si allena, prende lo scooter, va al mare, si siede su una panchina, guarda il mare, gli batte il cuore, prende il cellulare.

“La prima cosa che esce è la lista di quelli che l’hanno persa. Leggo, blocco la schermata, torno su, rileggo, torno su rileggo, mi cade il cellulare dalle mani, mi butto indietro con la testa, cedo le armi e comincio a piangere. In un secondo è cambiato tutto, quella schermata è costata 7 mesi di sacrifici, di titubanze, di paure, di indecisioni, di punti interrogativi. Abbiamo fatto subito una festa memorabile, ma ci ho messo un mese per realizzare.”

ROBERTO WIRTH e ANDREA ANTONINI: il savoir-faire del Maestro, la cucina del Discepolo.

Una proprietà sempre presente. Un’esposizione misurata, millimetrica, fino al raggiungimento dei risultati. L’abilità di un uomo straordinario che, con eleganza e contenuto, ha completato la mise en place delle sue tavole con tartarughe di varie fogge e dimensioni, a sottolineare la tenacia, la resilienza, la forza e la longevità, nonché la pazienza nell’attendere il momento giusto in cui effettuare importanti decisioni e dare il via a costruttivi cambiamenti.

La cucina di Antonini ha completato quelle stesse tavole, portando qualcosa in più, una nuova energia nell’armonia dei sapori, nelle combinazioni delle consistenze, una cucina che è summa di tutte le sue esperienze pregresse (Roy Caceres, Quique Dacosta, i fratelli Roca, Crippa) tradotte dalla grammatica gastronomica italiana.

All’Imàgo 2020 capita spesso di sorridere, come quando arriva “l’antipasto sincronizzato” che, come in una danza, compone uno scenografico tetris incentrato sulle sfaccettature vegetali, poi la Triglia, foie gras e melograno, straordinaria; il Riso giallo con ricci di mare, clementine e midollo, cottura e rimandi che trovano nel segno dell’oro nuove armonie, poi i Fusilloni ai frutti di mare, fumanti e affumicati, affilati nel sapore e nelle sapidità marine; Mare e Monti, che reinventa i tagliolini facendoli di funghi per una risultante scioglievole ed appagante; il Piccione, cioccolata e tabacco, un piatto goloso, una cottura da manuale, una presentazione elegante con tanto di zampetta, che ne esce ingentilita; poi il Tonno alla Cacciatora, (uno dei piatti preferiti da Giacomo Leopardi, piccola digressione) sapore antico e intenso, come le alleanze tra terra e mare.

“La strada è ancora lunga, ma una cosa la devo dire: il vero fenomeno è Wirth. Una persona straordinaria, con un talento, una dedizione, un coraggio senza eguali, che ha scelto un ragazzo per affidargli la cucina del suo Imàgo. Io al posto suo non avrei avuto la sua audacia, avrei preso uno chef affermato. – prosegue coinvolto – Wirth mi ha cambiato la vita e da lui imparo tanto ogni giorno, dal suo modo di relazionarsi agli altri a quello di prendere decisioni; un carattere forte e determinato, un uomo straordinario, sempre operativo, che ti da tanto ma pretende tanto.”

C’è una battuta di Roberto Wirth che ben racconta il suo modo di vedere la vita: ‘Non guardo mai al passato, mi distrae dal presente’.”

Roberto Wirth da 40 anni porta avanti un concetto di perfezione a tutto tondo che va dal controllo delle temperature dell’aria condizionata in cucina e del pass perché i piatti non escano freddi, alla cura maniacale dei dettagli della mise en place; dettagli che fanno sempre la differenza.

“Wirth assaggia i miei piatti, ogni mia nuova proposta. Abbiamo disegnato e scelto insieme il servizio di ceramiche, mi chiama una volta a settimana e mi chiede come sto, si informa sul mio stato personale, se qualcosa non va. E c’è un episodio bellissimo che porto sempre nel cuore. Servizio di Capodanno. Che è un evento incredibile all’Imàgo dove tutto deve essere impeccabile. Il servizio fu perfetto. Dopo la mezzanotte, Wirth mi viene a fare gli auguri in cucina e mi dice: ‘Bravo, sono proprio contento di lei, lei è contento di me?’

Imago Hotel Hassler Roma – Chef Andrea Antonini
Piazza della Trinità dei Monti

Dalle ore 19:00 alle ore 22:30 – Dal 10 Marzo 2020 il ristorante Imàgo sarà aperto dal martedì al sabato. 
imago@hotelhassler.it – Tel. +39 06 699 34726
www.hotelhasslerroma.com

Credits to Alberto Blasetti Ph. www.albertoblasetti.com

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