“Siamo nel pieno di una bolla speculativa. Prima o poi scoppierà. Sicuramente in futuro avremo meno caffè ma la vera differenza la farà la qualità e l’unico modo per trovarla è viaggiare e conoscere di persona i produttori“. È quanto afferma Giovanni Corsini, patron di Agust, torrefazione artigianale di Brescia che, con la nuova generazione, ha fatto dello specialty coffee il suo marchio identitario.
La notizia dell’aumento del prezzo della tazzina di caffè è tornata alla ribalta nelle ultime ore nonostante quello dei rincari sia un trend in crescita già da diversi anni. Già a gennaio 2022, infatti, ci eravamo trovati a confrontarci con diversi esperti, tra torrefattori, ristoratori e rappresentati dei consumatori, in merito ai prezzi record dell’espresso (trovate QUI il nostro articolo). Oggi, ancora una volta, la percezione di tale aumento da parte dei consumatori si è resa ancora più evidente grazie anche a un tam-tam mediatico allarmante.
Le cause di tali aumenti sono ormai note e non coinvolgono solo il caffè. Anche il cacao, nei prossimi mesi, toccherà prezzi vertiginosi. Cambiamenti climatici, aumenti dei costi dei trasporti, manodopera scarsa, guerre internazionali e blocchi portuali sono solo alcuni dei fattori che stanno portando le materie prime provenienti dai paesi del Sud America e Asia a diventare sempre più prodotti di lusso.
“Certamente nei prossimi mesi avremo meno caffè verde, soprattutto quello di qualità” dichiara Giovanni Corsini, patron insieme al fratello Daniele e al padre Marco della torrefazione artigiana Agust a Brescia. “In alcuni paesi come la Colombia, molte delle piantagioni ci caffè sono già state riconvertite in coltivazioni di avocado perché è un prodotto più facile da gestire, sicuro e remunerativo. C’è, inoltre, da calcolare un altro fattore: gli acquirenti per il caffè a buon mercato ci sono sempre. Ma per coltivare un buon prodotto, che necessita dunque di un’attenzione alla sostenibilità lungo tutta la filiera, ci vogliono degli investimenti sostanziosi e per farli i produttori devono esser certi dello sbocco commerciale. Per questo per noi torrefattori è importante uscire dagli stabilimenti e viaggiare per conoscere più da vicino queste realtà”.
L’importanza nel viaggio nella storia della torrefazione “artigiana”
D’altro canto, l’attitudine di Giovanni al viaggio è scritta nel suo DNA. Già suo nonno, Augusto, che fondò la piccola torrefazione nel 1956, aveva capito che per distinguersi dai competitor doveva proporre ai suoi clienti un prodotto di alta fascia, identitario, realizzato con amore e una cura artigianale a partire dalla selezione delle drupe.
“All’epoca di mio nonno, ovviamente, mancavano gli strumenti. I viaggi per l’India erano lunghi e complicati. Oggi è tutto facilitato e noi abbiamo il compito di sensibilizzare i consumatori, accompagnarli nella scelta del caffè uscendo dai canoni dell’espresso tradizionale ma senza raggiungere gli estremismi. A volte ho paura a nominare gli specialty coffee perché chi ne sente parlare spesso li associa a sapori di difficile comprensione. Ma non è necessariamente vero. Le competizioni degli ultimi anni sicuramente hanno dato un grande aiuto a questo processo di divulgazione ma al momento la cerchia di estimatori è ancora ristretta. Il percorso è lungo ma con pazienza ci riusciremo”.
Sostenibilità e tracciabilità
Dopo Augusto, altra pietra miliare dell’azienda è Marco, papà di Giovanni, tra i promotori dell’associazione Caffè Speciali Certificati (CSC Italia), che nel 1999 ha dato il via a una linea di caffè interamente biologico, equo-solidale e con incarti a impatto Zero® per l’ambiente, denominata Natura Equa a cui, nel 2007, è stata affiancata Kafequo, una miscela decisa nel gusto nata pensando a chi desidera iniziare bene la giornata bevendo un caffè doppiamente buono. Un trend che ha portato poi l’azienda a utilizzare solamente energia 100% rinnovabile e packaging a basso impatto ambientale e a ottenere le certificazioni Fairtrade, Impatto Zero e Biologico Ue.
Questo impegno responsabile da parte dell’azienda nel 2021 ha dato vita a una nuova linea, Evo, dedicata agli specialty coffee e ai monorigine, in cui sono racchiusi tutti i valori che da sempre contraddistinguono Agust a partire dalla tracciabilità. Su ogni confezione di caffè (2 miscele e 8 monorigine) sono indicati non solo il paese e la regione di provenienza ma anche la singola piantagione. Un’ulteriore garanzia di qualità per il consumatore finale.
“L’obiettivo è creare una connessione tra consumatore e produttore e lo facciamo anche attraverso il rispetto per la materia prima. Trattiamo i chicchi verdi attraverso tecnologie di ultima generazione, tostando con attenzione le varie tipologie. Il risultato è un caffè dalla forte identità, non eccessivamente tostato ma neanche light. La curva di tostatura raggiunge in media un picco di 200°. Questo aiuta i chicchi a sprigionare al meglio le loro caratteristiche aromatiche senza che l’acidità risulti invadente”.
Il futuro del caffè
“La situazione in Italia è complicata. Ci sono paesi come l’Asia che sono disposti a pagare molto di più la materia prima perché per loro non è difficile vendere un espresso a più di 1,50 €. Il nostro paese è rimasto indietro. O ci aggiorniamo o rischiamo di andare incontro a una contrazione dei consumi”.
“Siamo in mezzo a una bolla speculativa, senza dubbio. Scoppierà ma non per il prodotto di qualità. Sicuramente poi nel prossimo futuro avremo una quantità di caffè minore, soprattutto per la Robusta perché Vietnam e India hanno prodotto meno e di minor qualità. Ma d’altra parte hanno degli acquirenti disposti a pagare molto anche per una materia prima più commerciale. Quindi perché rischiare di perdere il raccolto per ottenere maggiore qualità?”.
“Nel mio ultimo viaggio in Brasile, invece, ho visto da vicino quanto il paese, da sempre legato alle piantagioni di caffè, si stia adoperando per far fronte alle future difficoltà. Ogni piantagione si sta impegnando per sperimentare nuove varietà di piante, più resistenti ai cambiamenti climatici e soprattutto più produttive. Il loro scopo è smettere di deforestare sviluppando altri sistemi di agricoltura. Per noi è una grande speranza. E non parlo solo di noi torrefattori. Se tutti gli agricoltori convertissero le piantagioni, perderemmo tutta la biodiversità e questo andrebbe a scapito di tutti quanti” conclude Giovanni. “Anche per questo dobbiamo impegnarci nella diffusione della cultura del caffè e sviluppare una coscienza collettiva”.
In sostanza, fare colazione al bar, finire il pasto al ristorante con un buon espresso, riempire la moka al mattino, probabilmente nel prossimo futuro costerà di più. Ma la speranza è che presto i magazzini italiani (ora quasi vuoti) cominceranno a riempirsi di nuovo, possibilmente però di chicchi di qualità.