Magazine di ristorazione e itinerari enogastronomici
ItinerariNotizieRicette d'Autore

Campania: viaggio attraverso i latticini e i formaggi tipici della regione

Sulla scia del lattosio campano, abbiamo immaginato un itinerario attraverso i formaggi tipici della regione che farà impallidire qualsiasi cheese lover. A chiudere in bellezza, la famiglia Lombardi che, a Castel di Sasso, custodisce il rito del Conciato Romano.

Torneremo a esplorare le meraviglie del nostro paese. Borghi, grandi materie prime, artigiani che tutto il mondo ci invidia. Conoscere assaggiando, imparare dai sapienti gesti di chi custodisce la tradizione. Più dobbiamo star fermi, più ci muoviamo immaginando itinerari futuri, in questo caso, all’insegna del gusto. E per portarci avanti con il lavoro, abbiamo sognato un percorso campano a tutto lattosio. Sulla scia di latticini e formaggi tipici, fino ad una sorpresa finale che profuma di storia millenaria. Con tanto di ricetta inclusa.

Ricotta di fuscella

Freschezza e leggerezza impareggiabili. Morbida, golosa, talmente sana da tradursi nello svezzamento preferito dai bebè partenopei. Latte vaccino senza aggiunta di conservanti e addensanti, il nome deriva dal napoletano “fiscella”, un cestello forato di vimini intrecciato, di forma conica, utilizzato per trasportarla. Packaging ante litteram. Rappresenta la ricotta campana per eccellenza, originariamente venduta per strada dai venditori ambulanti già dalle prime ore del mattino. Spesso all’interno di panini. Sapori che restano impressi nella memoria, un gusto d’altri tempi. Buonissima servita con un filo d’olio extravergine d’oliva, pepe nero fresco di macina, origano e buccia grattugiata di limone. Oppure come ingrediente jolly per primi piatti leggeri o per preparare il ripieno di nostra signora la Pastiera.

Mozzarella di bufala

Preparata esclusivamente con latte di bufala intero e fresco, proveniente esclusivamente dagli allevamenti dell’area certificata. Il termine deriva da ‘mozzare’, è quello strappo deciso, fatto a mano ancora oggi in tutti i caseifici, per formare la mozzarella. Bianca come porcellana, superficie liscia, consistenza inizialmente elastica, poi più fondente. Gusto deciso e delicato al tempo stesso. Più sapida nell’area del casertano, più delicata nel salernitano. Buonissima anche nella sua versione affumicata. Un’idea originale per portarla a tavola consiste nel tritarla grossolanamente, condirla con olio extravergine di oliva, sale, pepe, basilico, qualche pomodorino e distribuirla all’interno di mezzi limoni svuotati della loro polpa. Le ‘coppette’ di limone vanno poi passate in forno caldo per pochi minuti. Si servono appena filanti.

Caciottina Canestrata di Sorrento

Formaggio fresco a pasta tenera ottenuto da latte bovino. Solitamente prodotto in piccole forme cilindriche. In fase di lavorazione, dopo l’aggiunta del caglio al latte bollente, il formaggio viene messo in forma in piccoli cesti di vimini, i canestri appunto. Sapore fresco e delicato. Ingrediente fondamentale per preparare il ripieno dei Ravioli Capresi, è buonissima anche gustata così com’è. Appena grigliata e guarnita con pomodori sott’olio di qualità ed una voluttuosa fetta di Capocollo artigianale.

Provolone del Monaco

Quando tutto ebbe inizio, i casari sbarcavano a Napoli con le prime luci del giorno. Arrivavano per vendere i provoloni della Penisola Sorrentina e per proteggersi dal freddo vestivano un mantello di tela. Sembravano monaci con il loro saio, tutto il resto è storia nota. È un formaggio semi-duro a pasta filata, stagionato e prodotto con latte bovino crudo. Bovini che pascolano liberi sui Monti Lattari, brucando tra le erbe aromatiche del territorio. Forma rotonda e allungata, crosta sottile e liscia, con all’interno le tipiche ‘occhiature’. Dolce, ma anche piacevolmente piccante. Ottimo l’impiego nella tipica pasta e patate alla napoletana. Una preparazione poverissima che, con l’aggiunta di pochissimo Provolone del Monaco grattugiato, diventa un piatto da re.

Pecorino di Carmasciano

Siamo nella Valle di Ansanto. Caratterizzata dalla presenza della Mefite di Rocca San Felice, un lago di origine sulfurea alimentato da pozze solforose. Lo zolfo caratterizza il foraggio degli animali e, di conseguenza, conferisce al latte un sapore molto particolare e complesso. Il Pecorino di Carmasciano profuma di zolfo, di latte fresco, di erba appena tagliata. Raggiunge la sua massima espressività sensoriale verso i 12 mesi di invecchiamento. Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, ogni famiglia contadina di quel territorio produceva pecorino per consumo proprio, allevando due razze ovine: la laticauda e la bagnelese.

Nel novembre 1980 il terremoto in Irpinia ha segnato l’inizio dell’abbandono delle terre, avviando così un rischioso processo di perdita di usi e costumi locali. Solo poche famiglie hanno riavviato la produzione del Pecorino di Carmasciano. Un’eccellenza che meritava di essere custodita, è delizioso da gustare con noci e miele del territorio. In più, proteggendo il formaggio, si protegge la pecora laticauda. Razza che rischia l’estinzione, ma che offre un latte di alta qualità. A proposito, si chiama così per la sua caratteristica coda larga (latis, in latino, significa larga, mentre cauda sta per coda).

Conciato Romano

Storia millenaria per il formaggio più antico in assoluto. Dicono di lui, un formaggio ‘resuscitato’. Prima gli si impedisce l’ossidazione, un po’ come a soffocarlo. Successivamente viene rianimato con un processo di rifermentazione. Una doppia stagionatura che consegna a noi, ‘cheese lovers’, profumi al limite di ogni estremismo gustativo concepibile. Un po’ come i formaggi di fossa, ma il Conciato Romano ha dalla sua anche la tipicità dell’involucro. Già in epoca pre-romana, stagionava infatti all’interno di anfore di terracotta, coperto con una miscela di olio extra vergine, timo e peperoncino. Da un minimo di sei mesi, fino a due anni di attesa.

Duro, compatto, avvolgente, in cucina viene soprattutto grattugiato. Amatissimo da chef e Maestri pizzaioli, attualmente esiste un solo produttore custode del rito e dell’incredibile prodotto finale. Si tratta dell’agriturismo ‘Le Campestre’, a Castel di Sasso in provincia di Caserta. Di Conciato Romano ne vengono prodotti circa 300 kg all’anno, non di più. Sfruttando una miscela di latte bovino, ovino e, quando disponibile, caprino. Presidio Slow Food dal 2000, per celebrarlo abbiamo raggiunto Manuel Lombardi, anima social della meravigliosa famiglia ‘Le Campestre’ e gli abbiamo chiesto una ricetta di casa. Buona, giusta, stagionale.

La Ricetta

Scialatielli Zuccosi e Conciati di Eulalia Parillo (Cuoca Contadina de l’Agriturismo Le Campestre)

INGREDIENTI PER 6 PERSONE

250 g di pasta fresca “Scialatielli”

2 grosse fette di Zucca lunga napoletana

Pesto di melissa

1 cipollotto

Olio extravergine d’oliva

Sale q.b.

80/ 100 g Conciato Romano (stagionatura 7 mesi)

PROCEDIMENTO

Pulire la zucca, farla a pezzetti ed unirla alla cipolla già dorata nell’olio. Cuocerla a fuoco medio con il coperchio girando di tanto in tanto, avendo cura di farla sudare lentamente. Cuocere gli Scialatielli. Frullare la zucca emulsionandola con olio a crudo fino a formare una crema omogenea. Scolare la pasta e saltarla con la crema di zucca aggiungendo una spolverata di pecorino Conciato Romano e il pesto di melissa.

Articoli correlati

Rubén Arnanz dopo la Stella Michelin di Segovia, sbarca a Madrid

Camilla Rocca

Martini: i consigli dell’esperto Mattia Pastori

Redazione

“Cavolo che pasta!”, Cenere a Pompei rivisita l’insalata di rinforzo

Nadia Taglialatela