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Colline nere e vini bianchi: il volto autentico del Soave Classico

Sul versante orientale del comune di Soave (Verona), suoli basaltici, pendenze scoscese e microclima fresco definiscono l’anima di vini bianchi d’altura, tra cru storici e terroir distintivi.

Abbiamo assaggiato Monte Carbonare Soave Classico DOC dell’azienda Suavia: un cru di sola uva garganega, prodotto sulle colline orientali di Soave, con viti a pergola e terreni vulcanici. Cru non significa quando, ma dove: identifica un vigneto speciale, una parcella delimitata con caratteristiche superiori per suolo, esposizione e microclima. In altre parole, è il punto in cui il territorio esprime il massimo del suo potenziale, con uve di qualità costante e, di conseguenza, vini riconoscibili.

Dal calice alla terra: il volto bianco del Veneto vitivinicolo

Autoctona a bacca bianca, la garganega è l’uva che, più di tutte, racconta il Soave. Tardiva, elegante, longeva, profondamente legata ai suoli laddove la vulcanicità diventa stile inevitabile. Sono vigneti che consegnano verticalità più che potenza, con note agrumate e fumé, ed un finale leggermente mandorlato. In un contesto di grande storicità, il Monte Carbonare di Suavia irrompe come simbolo di rinascita qualitativa della denominazione, a partire dalla sua stessa bottiglia pensata per richiamare la forma tipica del fiasco di vino di una volta. A chiuderla c’è, però, un tappo innovativo, la novità che spezza il legame con la tradizione. 

Tappo a vite, oltre il pregiudizio

Progettato per regolare la quantità d’aria in grado di penetrare all’interno della bottiglia, il tappo a vite permette la perfetta microssigenazione del vino, offrendo al contempo comodità e praticità d’uso. Inoltre, è totalmente realizzato in allumino, dunque facilmente riciclabile. Erroneamente associata ai vini giovani e freschi, è una chiusura particolarmente indicata per vini capaci di sostenere lunghi affinamenti in bottiglia, riuscendo a garantire evoluzione e conservazione nel tempo.

Cantina Suavia e Monte Carbonare

Oggi, la quarta generazione è tutta al femminile, con Meri, Alessandra e Valentina Tessari. 

<< Ricordo nostro nonno e la sua passione in vigna>>, racconta Meri. <<È stato lui a trasmetterci l’amore per la terra e i valori che ancora ci guidano>>. Suavia vive una nuova primavera e ne è la prova l’etichetta Monte Carbonare: il nome riprende un termine della tradizione locale, con cui si indicavano i terreni ‘neri come il carbone’, cioè ricchi di microelementi di origine vulcanica. Un vino che negli anni è diventato un benchmark per monitorare l’evoluzione del Soave Classico ed il nuovo interesse verso i vini di collina della denominazione. Una crescita che passa dalla valorizzazione dei vitigni autoctoni – come la Garganega, appunto – e da un ritorno ad interpretazioni non interventiste, ma rispettose dei singoli suoli.

L’abbinamento a tavola: un bianco trasversale 

Agrumato, fresco, ricco di sapidità e di note affumicate, la carta d’identità di Monte Carbonare lo rende particolarmente adatto alla cucina di pesce: crudi, carpacci, tartare e piatti a base di molluschi trovano nella sua freschezza un equilibrio naturale. Ottimo con spaghetti alle vongole, risotto ai frutti di mare e pesci al forno, offre risultati sorprendenti anche con abbinamenti più contemporanei come tempura e cucina asiatica. La struttura del vino lo rende adatto a valorizzare anche baluardi della tradizione gastronomica veneta, come baccalà e risotti cremosi, incidendo con carattere per bilanciarne la componente grassa.

Monte Carbonare si è rivelato, a tutti gli effetti, un interprete moderno del Soave Classico. Un vino che valorizza la storicità del territorio, ma che ha saputo far ricorso all’innovazione per confermare la qualità della denominazione, dei suoi bianchi longevi e di un suolo profondamente identitario.

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