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Giuseppe Pignalosa: come nasce un progetto pizza vincente

giuseppe pignalosa

“Le Parùle” a Ercolano, “Pignalosa” a Salerno, “Gina Pizza” a Ercolano e a Portici. Abbiamo intervistato Giuseppe Pignalosa, il deus ex machina, per capire come fa a vincere tutte le sue scommesse.

Giuseppe Pignalosa ha personalità da vendere. Dietro le sue pizzerie, esiste un progetto che parte da una storia di famiglia. Il papà faceva, infatti, il pizzaiolo già nel 2002. Oggi siamo in piena evoluzione, fino a un’interessante diversificazione dell’offerta. Servizio al tavolo, opzione delivery, pizza tradizionale, versione contemporanea, ma partiamo dall’inizio.

Le Parùle è la casa madre. Una bellissima pizzeria a Ercolano, in provincia di Napoli. Voluta con arredi moderni e un’architettura fatta apposta per catturare la luce proiettata dalla circostante area vesuviana. Parùle significa orto, in dialetto campano. A stretto contatto con i prodotti della terra, le pizze di Giuseppe Pignalosa propongono topping che vanno dal classico all’originale, senza mai strafare. Con una costante ricerca della materia prima migliore. Perché non basta dire pomodoro, così come non basta dire mozzarella.

Giuseppe Pignalosa è al passo con i tempi, precedendoli quel tanto che basta a trasformarlo in un ottimo testimonial. Si nutre di quell’approccio alla pizza che oggi pretende qualità e anche “un punto di vista”. Si parte dal circolo virtuoso con i produttori di zona, per arrivare a un vero e proprio “contenitore”, come ama definirlo lui. Dentro ci sono sostanza, idee nuove, ma il concetto resta quello della pizzeria di quartiere, con tutta la popolanità del caso. Anche a Salerno, con la bellissima pizzeria che porta il suo nome, Pignalosa. E poi Gina Pizza, a Ercolano e a Portici, concepita solo per il delivery. Il confine, certo, è sottile e l’equilibrio richiede maestria. Ma, successi alla mano, la scommessa è ormai vinta. E Giuseppe Pignalosa continua e rilanciare per poi vincere di nuovo.

Ercolano, Portici, anche Salerno, con la pizzeria che porta il tuo nome, Pignalosa.

Qui da me gioco in casa, ma Salerno è stata una bella sfida. Città con un’identità tutta sua, non è Napoli. Mentalità diversa, pizza compresa, i salernitani lentamente hanno accettato di aprirsi alla mia proposta, per poi accordarmi fiducia totale. Oggi andiamo alla grande, con le dovute intermittenze Covid, ma ce la faremo”.

E poi arriva anche Gina Pizza che fa solo asporto e delivery. Premiata come “Miglior Novità dell’Anno” in occasione del Premio MangiaeBevi I Migliori del 2020. Mentre Le Parùle di Ercolano, si è piazzata al quinto posto, con il voto popolare, tra le migliori pizzerie di Napoli e provincia.

Quando mi hanno comunicato il risultato ne sono stato ovviamente onorato. Posso solo ringraziare per aver premiato il sacrificio, lo sforzo che c’è dietro realtà del genere. In particolare Gina Pizza, la mia creatura più piccola concepita per il delivery, mi ha ridato la gioia nel difficile periodo della pandemia. Dal primo lockdown in poi, è stata la sfida che mi ha tenuto vivo nello spirito. Tra chiusure e riaperture continue, Gina è la mia certezza”.

Spiegaci meglio. Avevi già la tua pizzeria, ma per asporto e delivery hai preferito diversificare?

Amo le cose fatte bene. I clienti, i miei tifosi, come mi piace chiamarli, premevano per avere la pizza anche a casa. Tra l’altro, io non ho mai fatto asporto. Ma a partire dal primo lockdown, tutto chiuso, tutti a casa, dovevo riorganizzarmi per forza. Al tempo stesso, dovevo mantenere la qualità del prodotto che porta il mio nome. Ho sempre puntato sulla qualità, non avrei smesso di farlo solo perché siamo in emergenza. E così la cosa migliore da fare era concepire un nuovo format che facesse solo asporto e delivery. L’impostazione è diversa al 100%”.

Quindi una cosa è mangiare la tua pizza al tavolo, altro è ordinarla da Gina?

Il denominatore comune è la pizza di livello. Il giusto impasto, la corretta maturazione, le materie prime che amo, la cottura fatta a regola d’arte. Ma se la mangi qui da me al tavolo è un conto, se devo consegnartela a casa, devo prevedere una serie di variabili.”

Da Gina Pizza come ti sei organizzato?

L’impasto è diverso, è stato pensato appositamente per il delivery. Dal momento in cui la pizza viene sfornata, fino al suo arrivo dal cliente, potrebbero passare anche trenta minuti. Ho messo a punto un impasto con caratteristiche diverse, meno idratato. Con un blend di farine più deboli visto che si tratta di una lievitazione più breve, di circa 12 ore. E poi la cottura, Da Gina utilizzo solo forni elettrici perché mi assicurano un prodotto perfettamente cotto anche sotto, aspetto fondamentale per una pizza che comunque andrà messa in una scatola”.

A proposito, il contenitore per la pizza d’asporto. Argomento decisamente divisivo.

Anche lì c’è stato uno studio. Volevo evitare che la pizza arrivasse bagnata dal suo stesso vapore. Oppure che, mangiandola, il cliente avvertisse l’odore del cartone prima di quello del pomodoro. Quindi un box di qualità, con i dovuti fori laterali e, soprattutto, un foglio di carta alimentare per separare la pizza dal cartone. Come dico spesso, se fai una cosa, devi prima pensarla bene”.

A proposito del “Pignalosa pensiero”, Gina Pizza è anche arte, addirittura parliamo di una certa Banksy inspiration.

La Madonna di Banksy, sì. Ne ero rimasto folgorato, così ho chiesto al mio grafico di lavorarci su. Oggi abbiamo un logo con una che con una mano sparge la farina e con l’altra strizza la mozzarella”.

Chiudiamo con un altro argomento di grande attualità tra i pizza lovers. Tradizionalità e innovazione. Tu hai deciso di fare da mediatore, potremmo anche dire da grande interprete. Le Parùle significa poter scegliere tra pizza tradizionale e pizza contemporanea. Per intenderci, pizza storica “a ruota di carro” oppure pizza “canotto”, con il cornicione gonfio, molto alveolato. Hai addirittura previsto due menu separati.

Un territorio come il nostro ha il dovere di conservare e l’obbligo di esplorare nuovi sentieri. L’uno non esclude l’altro. In entrambi i casi utilizzo un blend  di farine Caputo, quindi gioco in Campania. In particolare, per l’impasto contemporaneo, solo farine forti che mi garantiscono 24 ore di lievitazione, permettendomi di spingere l’idratazione dell’impasto al 70%. Poi però c’è molta attenzione in fase di cottura. La pizza tradizionale cerca una temperatura di 420 gradi, in forno ci rimane appena un minuto e deve avere uno shock termico. Con la pizza contemporanea le cose cambiano, abbasso la temperatura per dare alla pizza il tempo di asciugarsi, letteralmente. Mi riferisco soprattutto al cornicione che non può arrivare a tavola con un evidente sentore di umido. Quindi ancora una volta, se devi fare una cosa, devi farla bene. Per me è una missione accompagnare il cliente verso la sua sacrosanta preferenza di gusto. Tradizionale o contemporanea che sia, io devo servirgliela al meglio”.

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