Solita trafila burocratica all’italiana, ma alla fine si è messo un punto. La colatura di alici, il lussuoso oro di Cetara, è la nuova DOP italiana. Abbiamo chiesto a Pasquale Torrente, chef patron del ristorante Il Convento, la ricetta perfetta per usarla in cucina.
Ad esser precisi, è la prima DOP riservata a un lavorato di mare. E per Cetara, il piccolo borgo di pescatori della Costiera Amalfitana (patrimonio Unesco), l’orgoglio è immenso. Anche perché, in quest’Italia ricchissima di specialità regionali, la colatura di alici viene lasciata un po’ in disparte. Al cospetto di prodotti più o meno blasonati, più o meno evocativi del ‘made in Italy’, la salsa di acciughe fermentate o la ami o la odi.
Gusto audace, sapido, pieno. In un panorama di sapori accennati, la colatura spiazza. Fondamentale diffidare delle imitazioni e puntare sempre sulla qualità. Leggere le etichette verificandone la provenienza. Cetara, caput mundi. Se è amore, verrà naturale imparare a dosarla con la giusta misura. E capiterà di non poterne fare più a meno.
Un po’ di storia
Sembrerebbe discendere dal garum, il condimento che utilizzavano gli antichi Romani per insaporire un po’ di tutto. Per impreziosire il gusto delle portate. Tutto si deve al ritrovamento di una botte piena di alici dimenticata in un angolo umido. Il liquido, ovvero gli umori che ne venivano fuori come ‘perdita’ naturale furono illuminanti. Nonostante contenga pochi ingredienti, acciughe e sale, la colatura di alici ancora oggi è affidata a una produzione laboriosa. Impegnativa perché richiede pazienza. È il lusso del tempo.
Come si prepara
Le acciughe, pescate tra la fine della primavera e i primi mesi estivi, vengono posizionate a strati all’interno di una botte. Sempre ben strette tra loro. Coperte con del sale marino, pressate e conservate in un luogo fresco e buio. Dopo circa otto mesi di fermentazione, la botte viene letteralmente bucata per estrarne il prezioso liquido limpido e ambrato.
Utilizzo in cucina
La colatura di alici è tra gli ingredienti più complessi e impegnativi della cucina italiana. Pungente, umami, ovvero carica di sapidità. Di quell’intensità di gusto che non conosce paragoni. Per utilizzarla in cucina, è necessario un pizzico di creatività. Apertura mentale nel voler concedere al palato un po’ di tumulto emozionale e poi estrema precisione nel dosaggio. Per questo motivo, niente potrebbe celebrarla meglio di un piatto di spaghetti cucinati alla maniera di Pasquale Torrente, chef patron del ristorante Il Convento a Cetara. Un piatto semplice, pochi ingredienti da maneggiare con estrema cura.
Ricetta: spaghetti con la colatura di alici
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
400 g di spaghetti
Colatura di alici di Cetara dop
1 spicchio di aglio
prezzemolo
peperoncino piccante
Olio extravergine di oliva
PROCEDIMENTO
In un’insalatiera, riunire l’aglio sbucciato e schiacciato, il prezzemolo ed il peperoncino tritati. Aggiungere l’olio (circa 10 cucchiai), qualche goccia di colatura e agitare per emulsionare bene il tutto. Deve formarsi una cremina piuttosto densa. Intanto far bollire dell’acqua senza sale, cuocervi la pasta e scolarla al dente. Trasferirla nel condimento, mescolare con cura e servire.
Attenzione: la colatura di alici non va assolutamente cotta.
Cosa ci beviamo
La tendenza sapida del piatto richiede un sorso rinfrescante. Per esempio, un Fiano di Avellino dop Ciro Picariello che, oltre alla freschezza, garantisce una complessità aromatica capace di tener testa alla persistenza gustativa della colatura di alici. Un bel tandem.