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Leandro Luppi, lo chef del lago, e la sua visione del futuro

Leandro Luppi

Leandro Luppi racconta la sua visione del futuro della ristorazione, anche sul Lago di Garda con il suo stellato Vecchia Malcesine.

Leandro Luppi è lo chef di uno dei ristoranti più romantici del Lago di Garda, la Vecchia Malcesine, 1 stella Michelin, è un balcone sull’infinito: di fronte la sponda bresciana; a destra quella trentina e il castello di Malcesine che troneggia sul lago; a sinistra quella veronese e alle spalle il Baldo innevato. Ma non solo di stelle si parla: insieme alla moglie e alla figlia, Lidia e Corinne Luppi, gestisce anche Locanda Moscal ad Affi, per assaporare la vera tradizione tra lago e Valpolicella. Grande fautore del sistema “lago” è anche l’ideatore della manifestazione gastronomica Fish&Chef.

Il ristorante ha avuto dei benefici dall’estate italiana in termini di nuovi clienti e affluenza al ristorante?

“Inizialmente sì, nel periodo di giugno. Poi quando a luglio e agosto si è aperto anche all’estero, siamo tornati in un clima di normalità”.

Come è andata la situazione post lockdown estiva? È cambiata la tua clientela?

“Nonostante un calo previsto rispetto agli scorsi anni, abbiamo avuto una buona estate. La riduzione sia degli spazi che del numero di tavoli ovviamente hanno pesato sul fatturato totale. La clientela sostanzialmente non è cambiata, ma si è fatta più locale nei mesi in cui eravamo chiusi all’estero”.

Quando pensi sarà possibile tornare a pieno regime?

“Non penso sia possibile nel breve, spero per l’estate. Aprire e chiudere non fa bene né a noi ristoratori né all’economia in generale. Bisognerebbe dare delle regole feree e precise da seguire per tutelare la salute delle persone, ma lasciarci lavorare”.

Sei soddisfatto degli aiuti promessi dal governo? Hai dovuto mettere tutto il personale in cassa integrazione in questo periodo?

“Se consideriamo che abbiamo perso più del 50% del fatturato e gli aiuti del governo sono stati per molti ristoratori inferiori alle due cifre, è chiaro che è stato poco risolutivo. Al momento il personale ha preferito essere licenziato, piuttosto che rimanere in cassa integrazione, perché memori dello scorso lockdown i tempi di attesa diventavano troppo lunghi”.

La tua proposta gastronomica è cambiata pre e post lockdown? Hai fatto delivery?

“Non è cambiata e ho deciso di non fare delivery perché siamo in un piccolo paese e credo che questa tipologia di ristorazione si possa fare solo nelle grandi città, altrimenti sono più i costi dei ricavi”.

Nel futuro cosa si potrà fare per risolvere la situazione?

“Ci vuole continuità per la ristorazione, anche per organizzarsi nell’approvvigionamento delle forniture e nella gestione del personale. Non ha francamente senso aprire solo a pranzo o in alcuni giorni o solo in certe fasce orarie: credo che bisogni applicare delle regole severe per prevenire i contagi come fanno altre tipologie di attività, ma è necessario che ci facciano riaprire”.

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