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Lorenzo Ruta, le evoluzioni dello chef della Taverna Migliore

lorenzo ruta

Siamo andati a fare “quattro chiacchiere” con il Maestro Lorenzo Ruta per scoprire la filosofia che sta dietro la sua continua voglia di sperimentare. Ecco cosa ci ha raccontato (e preparato).

Evolversi fa parte della capacità di adattamento e creatività dell’essere umano. Per uno chef è una delle doti più importanti per riuscire a comunicare la propria capacità di stare al passo con i tempi e di essere interprete fedele e contemporaneo del territorio.
È questo il caso di Lorenzo Ruta, lo chef che appone la sua prestigiosa firma al menù di Taverna Migliore a Modica, in provincia di Ragusa. Dalle sue mani vengono preparati piatti ambiziosi, frutto di ricerca costante e sperimentazioni.

lorenzo ruta

Le fermentazioni come valorizzazione delle materie prime

In particolare l’attenzione di chef Lorenzo Ruta si è rivolta allo studio approfondito sull’utilizzo delle fermentazioni in cucina. Lo scopo di questo processo è stato quello di valorizzare ulteriormente le evoluzioni della sua cucina. Da oltre un anno ha dedicato parte del suo tempo a studiare e sperimentare le tecniche di fermentazione applicandole a diversi alimenti, fino a realizzare alcuni piatti, oggi inseriti in menu.

Cosa è la fermentazione

Lorenzo Ruta ha studiato i processi di trasformazione adottati per le diverse materie prime, rigorosamente selezionate tra le migliori qualità offerte dal territorio siciliano. O, nel caso delle verdure, in parte direttamente coltivate nell’orto di Taverna Migliore; il procedimento di creazione delle spore e la loro inoculazione; l’utilizzo del koji, ingrediente derivato dalla tradizione giapponese che rappresenta oggi uno degli strumenti più innovativi disponibili in cucina; infine, i risultati che si ottengono non solo nella straordinaria esaltazione dei sapori, ma anche in termini di valore aggiunto nutrizionale e salutistico degli alimenti trasformati. Il tutto, tenendo sempre insieme l’attenzione costante verso la ricerca, l’apertura all’innovazione e la continuità con le tradizioni del territorio, sia pure rivisitate e attualizzate, tutti elementi imprescindibili nella cucina di uno chef curioso e al tempo stesso solido come Lorenzo Ruta.

Quattro chiacchiere con lo chef

Come è nata la passione per la tecnica di fermentazione ?

“Sono sempre stato incuriosito da queste tecniche. – ha spiegato Lorenzo Ruta – Essendo impegnato nel ristorante a tempo pieno non avevo avuto modo di approfondirle, almeno fino al lockdown del 2020, quando, come tutti, ho dovuto fermarmi. In quel momento ho capito di avere un’opportunità, di poter utilizzare quel tempo improvvisamente libero per accrescere le mie conoscenze in campi nuovi, per sperimentare. L’occasione che cercavo è arrivata grazie ad Accursio Craparo che ha promosso un corso di formazione sulle fermentazioni con Carlo Nesler, uno dei maggiori esperti in Italia e creatore di CibOfficina. Carlo ci ha introdotti a 360 gradi in questo mondo, spiegandoci le diverse tecniche, le finalità e i vantaggi, non solo gustativi, ma anche microbiologici. Da lì, ho iniziato a sperimentare per conto mio. Anzitutto con le fermentazioni delle verdure, quindi con la realizzazione delle spore, del koji, con l’applicazione nelle carni e nel pesce”.

lorenzo ruta
Qual è il valore aggiunto della fermentazione alla materia prima?

“Sono rimasto stupito dagli incredibili risultati. Le materie prime venivano esaltate in sapore e consistenza, ma senza essere modificate troppo, riuscendo a mantenere la salubrità, la bontà, il profumo e il colore. Anzi rendendoli ancora più buoni e salutari. A partire da questi primi esperimenti mi sono messo subito al lavoro per la realizzazione di alcuni prodotti: carni, verdure, pesci, misi, salse, garum, ottenendo sempre migliori riscontri. Ho quindi deciso di realizzare diversi piatti con materie prime fermentate”.

Qual è la tua filosofia di cucina e come la definisci?

“Proponiamo una cucina che cerchi di essere sempre innovativa riservando grande attenzione alla tradizione, ma avvalendoci sempre di moderne tecniche e nuove sperimentazioni, come lo studio condotto sulla fermentazione. È una cucina in continua evoluzione con tanta curiosità di sperimentare e capire, cercando di essere attuali, ma senza esagerare. Il requisito primario è il piacere di sedersi a tavola a Taverna Migliore e avere consapevolezza che ci si divertirà con qualche fuori programma che stuzzicherà curiosità ed interesse”.

In che modo le fermentazioni hanno contaminato la tua filosofia?

“Quello che voglio come chef è cucinare non solo per passione, ma anche in qualità di professionista capace di creare piatti che tengano conto del fattore etico della salubrità e del benessere del cliente. La filosofia resta quella di sempre: avere tra le mani un prodotto, trasformarlo senza stravolgerlo e, grazie all’applicazione di alcune tecniche, esaltarne sempre di più il sapore, il colore e il profumo.

Con le fermentazioni tutto questo è possibile e viene accentuato in modo importante. La finalità è essere sempre più sostenibile, sempre più legato al territorio e alle materie prime. Del resto queste tecniche non sono poi così lontane dai metodi di conservazione dei nostri nonni e bisnonni. Quella che oggi chiamiamo fermentazione nelle verdure, ad esempio, significa metterle sotto sale, come le olive e le conserve che producevano i nostri antenati. Non facciamo altro che affinare queste tecniche rendendole più attuali ed estendendole ad altri prodotti, ma mantenendo un filo di continuità con la tradizione, trasferita al nostro oggi”.

Quali sono i tre-quattro ingredienti che non possono assolutamente mancare nei tuoi menu?

“Certamente è presente una vasta gamma di vegetali direttamente coltivati nell’orto di Taverna Migliore, che continua ad essere il fil rouge con la natura e con l’elemento distintivo di una cucina sana e comunque consapevole. Aggiungo anche le carni e i pesci meno valorizzati, ma che secondo me custodiscono un’eccellenza innata se direttamente riconducibili allo studio, alla fantasia, alle tecniche di cui oggi disponiamo, per essere protagonisti di piatti insoliti”.

Tu invece come ti definisci? Quali sono le tue qualità/prerogative come chef?

“Credo di essere sempre stato un curioso e di non essermi mai accontentato nella conoscenza. Queste caratteristiche mi hanno consentito di sperimentare e di spaziare, per dare risposte alle mie domande. Inoltre ho un discreto gusto nella realizzazione di salse, nell’accostamento di materie prime e negli abbinamenti che, prima di tutto, devono divertire me! Per forza di cose, trascorrendo la maggior parte della giornata e delle giornate in una cucina, ho bisogno di evadere con la mente cercando di approdare in altri lidi, immaginando magari piatti e materie prime che dialogano tra loro. Non mi do il tempo di annoiarmi!”

Quali piatti è possibile trovare in carta delle tue “sperimentazioni fermentative”?

“Attualmente in carta è possibile trovare un primo costituito da spaghetti  con fondo di pesce maturo e un secondo a base di petto di germano arrosto con salsa di Koji e cioccolato bean to bar dell’Antica Dolceria Bonajuto.  Tra ì miei “esperimenti” anche agnello e coniglio fermentati, miso di fichi e “cruditè” di pesce maturo”.

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