Magazine di ristorazione e itinerari enogastronomici
NotizieRistoranti

Mimì alla Ferrovia: cambiare per restare sé stessi

mimì alla ferrovia

Mimì alla Ferrovia significa essere sulla cresta dell’onda senza mai un cedimento. Accompagnando i tempi che cambiano senza tradire un’identità che è la stessa dal 1943.

A Napoli, tutti conoscono Mimì alla Ferrovia. E anche quelli che a Napoli ci vanno per lavoro o per piacere, difficilmente saltano l’esperienza. Un ristorante che fa cultura attraverso i piatti, l’arredamento, le scelte. Un’identità forte che non è frutto di strategie particolari, se non quella di rivendicare sé stessi anche quando le mode cambiano.

Per capire qual è il loro segreto, abbiamo incontrato Ida e Salvatore, figli dei due storici Michele Giugliano, tutt’ora presenti tra sala e organizzazione. Giovani, propositivi, mai stanchi di tenersi attivi anche con un ristorante che, oggi, non può macinare i soliti coperti di sempre.

Sono cugini, rappresentano la terza generazione di una famiglia di ristoratori storici. Ida si occupa della comunicazione, Salvatore è lo chef. Lui che ha appena 30 anni e tutta la grinta di chi ha capito di avere un tesoro tra le mani. Quel tesoro si chiama, prima di tutto, famiglia. E così indossa la sua giacca da cuoco e, ogni giorno, fa la sua parte. Ad animarlo è il dovere di non stravolgere la storia. Di custodire la sapienza dei gesti, quella manualità che si tramanda ormai dal lontano 1943 e che, oggi, risulta più moderna che mai.

Come vi siete organizzati con il delivery?

“Mai fatto prima d’ora, se non per grandi occasioni. – spiega Ida – Ci siamo lanciati anche perché, ammettiamolo, non c’era altro da fare. Con le consegne non ci si arricchisce, però ci si tiene vivi e per noi è fondamentale. Per la mente, per l’azienda. Va detto che a Natale e a Capodanno le nostre scatole rosse hanno spopolato, ci abbiamo preso gusto cercando di continuare a fare le cose per bene. I nostri clienti ci hanno premiato e continuano ad ordinare. Nei contenitori inseriamo anche i consigli dello chef per la rifinitura dei piatti, facciamo sì che tutto arrivi nel migliore dei modi. Sono segnali di vicinanza in un momento in cui bisogna restare distanti. I napoletani amano essere coccolati e Mimì lo fa da sempre qui al ristorante. Non potevamo smentirci proprio adesso.”

Cosa avete ideato per resistere al periodo?

“Con Ida ho avviato una nuova progettualità, proiettando la cucina di Mimì anche ATM (atmosfera modificata). – spiega Salvatore – Abbiamo concepito una serie di preparazioni fresche con una shelf life di 25 giorni, destinate a enoteche e grandi gastronomie, anche all’estero. Lì la domanda è sempre stata altissima. La linea di chiama Mimi’s, ma al momento siamo fermi e allora facciamo delivery, inutile abbattersi.

Del resto, è questa la politica aziendale, anche senza Covid. C’è sempre stato il coraggio di fare un scelta e abbiamo sempre puntato a restare noi stessi. Guardate anche la zona in cui si trova il ristorante. Lontani dai lustrini del Lungomare di Chiaia, qui siamo vicino alla Stazione Centrale, posizione strategica per intercettare viaggiatori e turisti in genere, ma sicuramente parliamo di un’area popolare. Devi saperci cogliere un altro tipo di bellezza, se vogliamo però, respiri la vera Napoli. Per me e Ida, pieni di nuove idee, sarebbe stato naturale pensare ad un cambio sede, ma abbiamo avuto la lucidità di restare. E siamo convinti di aver fatto bene.”

Che cucina proponete oggi?

“Salvatore ha fatto esperienze importanti anche all’estero, quando è tornato la tentazione di lasciarsi contaminare è stata fortissima. – racconta Ida – La tradizione da una parte, l’internazionalità dall’altra. Ha dovuto scegliere, ancora una volta. Oggi Mimì è tradizione, sempre e comunque, con un pizzico di tecnica per qualche alleggerimento che, diciamolo, era doveroso fare. Pulizia estetica per la presentazione del piatto, ma alla fine il nostro peperone imbottito è sempre lui.”

Diteci di più di questo iconico piatto.

“Come facevo a stravolgere un capolavoro così? La sua semplicità, il gusto potente che poi è la prima cosa che ricerchiamo. Si tratta di una ricetta messa a punto da un vecchio chef di Mimì, 40 anni fa. Lui era Pellegrino Minucci, citarlo è doveroso. Quando a Napoli tutti imbottivano il peperone intero con un ripieno importante fatto anche di carne, lui preferì grigliare e spellare il peperone, quindi alleggerire. E di un peperone ne fece due o tre involtini. Farciti con latticini campani, caciocavallo di bufala, pane raffermo, prosciutto cotto, olio, sale, pepe e un po’ di pangrattato prima di andare in forno. Oggi sono onorato di ripetere esattamente quella procedura.”

Per restare in tema di identità, Mimì alla Ferrovia significa anche attivare una microeconomia di quartiere attraverso una spesa “di prossimità”. Quindi acquistando nei folcloristici mercati di Porta Capuana e Porta Nolana, Salvatore se ne occupa personalmente. Pesce azzurro e non solo. Il menu nasce dagli ingredienti reperiti in zona, variabile perché cambiano le stagioni e la disponibilità delle materie prime. Quello che da Mimì si trova tutto l’anno è una storia di famiglia. Un piatto di grande tradizione che, negli anni, subisce piccolissimi accorgimenti di rito, ma niente di più. Più che altro una manutenzione e i Giugliano su questo non transigono. Si guarda al futuro, ma si resta sempre Mimì.

Articoli correlati

Ninù: arte, accoglienza e buona tavola a Roma

Giorgia Galeffi

Roma: gli eventi del week end a tema “wine”

Redazione

Woods: lounge bar e cucina gourmet nel cuore di Centocelle

Giorgia Galeffi