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Ristorazione e DCPM 10/3/2020: il Decreto della Discordia. Parte seconda.

Alla luce di un nuovo decreto dalle maglie ancora più strette, come sta reagendo l’Italia della ristorazione? Quali sono le riflessioni, le polemiche, le paure degli imprenditori del settore? Cosa cambierà e cosa lascerà dietro sé questa mietitrebbia economica fuori stagione?

Abbiamo raccolto le opinioni di giornalisti del settore, ristoratori, chef e patron, abbracciando le preoccupazioni, gli sfoghi, gli avvilimenti, gli stati d’animo noir; rispettando la posizione di chi ha preferito non sbilanciarsi in un momento così delicato, ma comunque cercando di definire un quadro incredibile quanto reale che delinea i contorni di una crisi che coinvolge l’Italia intera e che, forti di una ritrovata identità nazionale, l’Italia intera dovrà affrontare per guardare nuovamente con fiducia il domani.

Luigi Cremona, Giornalista – Touring Club / Porzioni Cremona

“Il settore della ristorazione è il vero settore trainante dell’Italia, quello che più ci distingue nel mondo. Mettendolo in crisi va in crisi parte dell’Identità nazionale stessa. Io non sono un tecnico, c’è una preoccupazione immensa, ma credo che la strada sia quella giusta. E il sacrificio è di tutti. Sono passati giorni dalla chiusura delle prime attività, e più si allarga la forbice tra il “bastone e la carota”, più la paura aumenta. Per adesso “Nessuno perderà il lavoro” è una rassicurazione che aspettiamo tutti possa diventare realtà, sempre tenendo presente che in Italia non c’è un Potere forte e che dalla guerra non c’è più stata una crisi così profonda, così dura, oltre ai terremoti, chiaramente. Siamo stati una generazione fortunata e il Governo si sta movendo anche bene, ma abbiamo bisogno di segnali chiari.

E vorrei aggiungere due riflessioni: una di ordine umano, su come cambia la vita da un momento all’improvviso, e sul fatto che il cambio può anche essere salutare, perchè si stanno riscoprendo nuovi valori, apprezzando le piccole cose; stiamo perfino imparando a fare la fila.

L’altra sulla ristorazione, perchè avremo due conseguenze: l’avanzata del Delivery, che andrà sempre più avanti a discapito della ristorazione classica; e il recupero dei valori tradizionali che questa psicosi sta facendo riscoprire, incluse le tendenze verso una cucina familiare e la preparazione dei piatti di casa.”

Walter Regolanti, Chef Patron – Romolo al Porto, Anzio (RM)

“Qui ad Anzio siamo stati i primi a chiudere. Ci siamo resi subito conto della situazione e ci siamo subito uniti. L’unione fa la forza. Ed è per questo che noi ristoratori laziali, insieme a quelli lombardi, già firmatari di una lettera aperta, a quelli toscani, ci siamo uniti in un gruppo coeso per chiedere a chi ci governa delle risposte. Esorto tutti i ristoratori a seguirci, anche via social, per alzare una voce e farci sentire. Non abbiamo bandiere politiche ma un obiettivo comune: chiedere al Governo delle risposte. È il comandante che guida la nave, è lui che deve prendere decisioni e trovare soluzioni. Noi chiediamo sgravi fiscali, incentivi alle aziende. Vogliamo una risposta contributiva e salariale e la vogliamo subito. Soluzioni per evitare di licenziare i nostri dipendenti. Non è facile per un imprenditore dover lasciare a casa chi negli ultimi anni ha lavorato con noi ma non possiamo permetterci di fallire. Abbiamo dei fornitori da pagare, delle attrezzature, abbiamo gli affitti, i mutui…
Vi assicuro, non è stato facile all’inizio mettere d’accordo tutti i ristoratori di Anzio. Fortunatamente, fin dalle prime ore mi hanno dato ascolto perché sono anche il Presidente dell’Associazione Commercianti locali.
Sono mesi che ripeto che il governo avrebbe dovuto chiudere immediatamente l’Italia. E invece hanno fatto entrare tutti. Poi hanno fatto i tamponi e ora siamo il secondo paese al mondo col virus. Gli altri ci guardano come degli appestati. Sono stati fatti gravissimi errori, che pagheremo tutti ma ora devono darci delle risposte e prendere misure per il futuro. Noi ristoratori ora ci stiamo organizzando con una campagna di crowdfunding e se la chiusura dovesse proseguire, cercheremo di attrezzarci con il servizio delivery che comunque ha molte problematiche igienico sanitarie”.

Arcangelo Dandini, Chef Patron – L’Arcangelo, Roma

“E’ il momento che tutti capiscano che se non facciamo rete, che se non c’è complicità tra di noi non se ne uscirà. Dobbiamo essere collaborativi. Per la prima volta il momento storico ci impone di fare sistema, cosa che in questo Paese non è mai stata fatto. E il sistema è quello di proteggerci l’uno con l’altro. Ci vuole un Governo che dica “ok, ricominciamo da zero, tutti quanti, nessuno escluso. Perchè nessuno può pretendere di vivere come se non fosse successo nulla. Nessuno di noi ha più nulla. La maggior parte di questo Paese è fallito.

E’ inutile che ci giriamo intorno, è inulte che ci promettono cifre astronomiche di cui vedremo si e no il 30%. Come fa chi paga un affitto? Per I proprietari delle mura non posso pretendere lo stesso canone. Qui ci dovrebbe esser un Governo, qualcuno che prenda in mano il Paese e metta in atto soluzioni concreta, e forse quei due risparmi in banca basterebbero per pagare tutto.

Noi siamo, esclusi noi titolari, siamo 1 milione e mezzo di addetti ai lavori e muoviamo più di 83 miliardi di Euro l’anno. Bisogna tutelare tutti. Perché siamo tutti nella stessa barca. Se non cominciamo a sentirci tutti nella medesima situazione e a pretendere risposte concrete, andremo a picco tutti insieme. Io invece voglio vivere e voglio poter lavorare.”

Alain Rosica, Chef Patron – Il Belvedere 1933 – Frascati (RM)

“Il quadro della situazione non era molto chiaro sin dai primi giorni, qui ai castelli abbiamo avuto direttive sommarie ed eravamo un pò confusi, dopo pochi giorni però tutti i ristoratori hanno deciso di chiudere la propria attività e di restare a casa, per evitare i contagi, incorrere in sanzioni e limitare i danni economici. Tanti di noi già affrontavano una situazione difficile, per il momento alcuni dei nostri hanno pensato di fornire aiuto al personale degli ospedali vicini, portandovi del cibo, Dario Rossi ieri ha fatto partire questa idea che ci ha coinvolto tutti. Il problema ora è creare una rete di raccolta, produzione e distribuzione che sia autorizzata sia sanitariamente che legalmente per poter arrivare almeno agli ospedali più vicini. Detto questo, non credo ne usciremo né facilmente né rapidamente, considerando gli altri paesi che verranno inesorabilmente investiti dopo di Noi. Potrebbero essere scenari di ripresa nel caso gli italiani decidano di non viaggiare all’estero quest’anno e di tornare ai mercati locali e al made in Italy”

Giovanni Milana, Chef Patron – Sora Maria e Arcangelo, Olevano Romano (RM)

“Da ristoratore mi trovo in un momento di grande spaesamento. Sto a casa, cerco di spezzare il tempo leggendo qualche libro e passo più tempo con i miei due bambini, ma è molto dura convivere con tutto ciò perché le preoccupazioni legate all’economia del mio locale la fanno da padrone.

Ho 6 dipendenti che comunque dovrò aiutare  in qualche modo, gli affitti del locale, gli investimenti che avevo appena fatto in cucina e che dovrò comunque pagare, per non parlare della migliaia di € di investimento che avevo fatto su i vini della mia cantina, ad ogni modo la mia speranza è che tutto passi al più presto ma la vedo dura. Il mio pensiero va a tutti i mie colleghi che in questo momento stanno vivendo questo dramma e gli dico coraggio e forza che tutto andrà bene!”

Eleonora Spagnoli e Renzo Valeriani, Imprenditori – Madre/Verve, Roma

“È l’incertezza quello che ci preoccupa di più in questa situazione. Incertezza del futuro e di quello che accadrà dopo il 3 aprile. Sinceramente, dubito che potremo riaprire così presto. Sarebbe bello ma temo che la cosa si protrarrà ancora a lungo. Siamo molto preoccupati. Stiamo aspettando notizie e risposte dalla classe dirigente. Potremmo esser costretti a licenziare, a mettere in cassa integrazione i nostri dipendenti ma non sappiamo cosa fare. Veniamo da un periodo di bassa stagione che si è fatto sentire più del solito e non sappiamo se, o quando, potremo riaprire”.

Emilia Branciani, Ristoratrice – Livello 1, Roma

“La chiamiamo desolazione. Io sono un imprenditore giovane, non sono passati nemmeno 4 anni dalla nostra apertura che ci ha coinvolto con un investimento notevole: i primi anni si impara, si aggiusta il tiro. Questo sarebbe dovuto essere l’anno dei risultati, ma ahimè e’ arrivato il coronavirus.

Già da gennaio tirava un’aria poco felice, la gente non usciva di casa, si lavorava solo il fine settimana; poi il colpo finale, dopo San Valentino, i primi di Marzo, ancor prima dell’uscita del decreto, io già avevo abbassato le serrande. Non ho pagato i fornitori, li ho avvisati, sono riuscita a malapena a pagare gli stipendi e tutti a casa, in ferie, che sono sempre pagate da noi.

Adesso speriamo negli aiuti del governo: la mia è disperazione, ho 2 mutui  affitto abbastanza importante (8.000€/mese) e 15 dipendenti, senza contare me e Claudio. La vedo dura per tutti: mettiamo il caso che ci diano sostegno per 2 mesi , secondo loro , in un batter d’occhio ci rialziamo? Secondo m dovrebbero abbattere i mutui almeno per un anno, finanziamenti, affitti, personale in cassa integrazione in deroga per almeno 6 mesi. Per un anno niente tasse, iva, pagamenti vari ed accesso ad un credito agevolato con le banche. Ora l’importante e’ sconfiggere il virus e stare a casa. Io avrei chiuso completamente tutti i negozi per 15 giorni.

Come vedo il futuro ? Che faranno come con i terremoti e ci lasceranno per terra. Se non ci daranno un aiuto concreto, parecchi ristoratori non rialzeranno le serrande. Volendo essere positiva, ora sconfiggiamo il virus e poi ci rimboccheremo le maniche, sarà dura ma ce la faremo; sarebbe meglio con un governo più presente più vicino all’esigenze dei commercianti già ammazzati precedentemente da tasse troppo alte.

Rossella Macchia, Imprenditrice – Poggio le Volpi / Epos / Barrique, Monte Porzio Catone (RM)

“Noi abbiamo chiuso da prima del decreto, anche se avevamo già messo in atto le misure di sicurezza sia per quanto riguarda la disposizione dei tavoli e il rispetto del metro di distanza tra i commensali sia per quanto riguarda il personale e la pulizia di superfici e tessuti. Il nostro è stato semplicemente senso civico, finalizzato a proteggere i nostri dipendenti, i clienti e tutta l’umanità. Perché la diffusione di questo virus non è un problema dei singoli, ma di tutto il mondo. Come ristoratrice, mi auguro di ricevere presto delle risposte ferme e decise alle richieste che, insieme ai tutti i ristoratori di Lazio, Lombardia e Toscana, abbiamo mosso a chi ci governa. Il problema, infatti, non è lasciar a casa i dipendenti ora ma si presenterà tra qualche settimana o mese quando, con gli incassi ridotti praticamente a zero, dovremo pagare gli stipendi”.

Giancarlo Casa, Patron – La Gatta Mangiona, Roma

“La situazione non è ancora stabilizzata. Ritengo sia presto per affrontarla. Prima c’è l’emergenza sanitaria e dei senza reddito. Poi si vedrà”.

Benny Gili, Chef Patron – Benny alla Baia, Fregene (RM)

“Secondo me è ancora presto per avere un quadro futuro. Non sappiamo ancora cosa succederà fino al 3 aprile, e se basterà come scadenza. Io provo una sensazione di abbandono, non ho nemmeno la voglia di fare programmi. La salute collettiva in questo momento mi preoccupa di più, anche perché se non ci lasciamo indietro questo virus sarà un problema ripartire.”

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