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Roma: Ivano Veccia e la pizza “ischitana” di Qvinto

ivano veccia

“Roma, in questo momento storico, può considerarsi città della pizza a tutti gli effetti. Cenacolo di professionisti di alto livello, un laboratorio in fermento.” Parola di Ivano Veccia, pizzaiolo ischitano, oggi a capo della pizzeria di Qvinto a Roma. Lo abbiamo incontrato e con lui abbiamo ripercorso alcune tappe fondamentali della sua gavetta che lo hanno portato ad essere il primo fautore della pizza “ischitana”.

Si è appena concluso l’evento capitolino “La città della pizza” (qui il nostro resconto). Abbiamo incontrato Ivano Veccia, il maestro pizzaiolo di origini campane per tirare le somme di una realtà in fermento.

“Roma, in questo momento storico, può considerarsi città della pizza a tutti gli effetti. Cenacolo di professionisti di alto livello, un laboratorio in fermento. Qui trovi la “romana”, la teglia, la pala, per me è un ateneo stimolante, quanto impegnativo”. Esordisce così, il maestro pizzaiolo Ivano Veccia. Classe ‘81, originario di Ischia, pardon, di quella Forio che lo lega a filo doppio a usi e costumi da preservare (Forio è uno dei sei comuni dell’isola d’Ischia).

Oggi, è il responsabile della pizzeria Qvinto a Roma. La pizzeria più grande della città. Progetto che compie tre anni adesso e che si basa su vastità di spazi e di offerta food & beverage. Luogo versatile, un multitasking voluto da Green Network Energy.

“Qui sto molto bene, l’approccio e gli obiettivi sono quelli della grande azienda. Al tempo stesso, si respira umanità, i rapporti sono distesi e mi è stata data carta bianca per costruire il mio progetto pizza dalla a alla z”. Numeri alla mano, una fiducia che Ivano sta ripagando con gli interessi.

Oggi lo incontriamo ben centrato nella sua dimensione, ma ci racconta che arriva dalla gavetta, quella vera. Figlio d’arte, inizia presto a respirare lieviti e farine. Impara e lavora, senza soluzione di continuità. Nel tempo libero, si esibisce su un altro tipo di bancone, la consolle del dj, e frequenta ristoranti stellati perché visceralmente infatuato dal mondo dell’alta gastronomia. Ivano Veccia impara e lavora.

Sul cammino, inciampa in personaggi del calibro di Enzo Coccia a Napoli, soprattutto inciampa in Nino Di Costanzo, chef patron del bistellato Danì Maison (ne abbiamo parlato qui). “Ho fatto tante esperienze, incontri segnanti, ma Nino per me è stata la svolta. La possibilità di affrontare questo lavoro con lo sguardo giusto. Una questione di forma mentis. Ho imparato il senso del sacrificio, della costanza, quell’impegno che impone di alzare costantemente l’asticella. Mi ha aiutato con gli impasti, le materie prime, insieme abbiamo creato topping come la “Anna Savio” richiestissimi anche qui a Roma”.

Qvinto

Le pizze signature

Abbiamo assaggiato “Lasagna povera” e “Anna Savio”, storici cavalli di battaglia del maestro pizzaiolo. La prima, ispirata alla classica Cosacca napoletana, con pomodoro e quel Grana che ricrea la sensazione della crosta croccante della lasagna. C’è l’origano ischitano, ma non la carne. Quindi una versione povera. “Anna Savio” porta il nome della madre del pizzaiolo. Una creazione che vale il dna partenopeo. Provola e fiordilatte, scarola riccia condita con olio di alici di Cetara, olive Caiazzane, pomodorini semi-dry e noci.

Scorrendo la carta, scoviamo topping interessantissimi, rinforzati da ottime materie prime. Senza dubbio, ci accorgiamo che, oltre alla pizza, c’è un grande senso della cucina. Tra le novità di quest’anno, “La Scarpone”, come omaggio alla storica ricetta napoletana a base di melanzane ripiene (dette appunto “a scarpone”). La pizza “Alice”, dedicata a sua figlia, con filetto marinato di Black Angus, pomodoro e misticanza.

In più, super spoiler, in arrivo “Oro d’Ischia”, con il polline dell’omonima azienda isolana, nonché la nuova pizza dedicata a chi osserva una dieta vegana. “Ho scavato nei ricordi e mi è venuto in mente un piatto di casa mia, vegano per tradizione. L’insalata cafona dei contadini, con patate e verdure a crudo che qui inserisco in un calzone cotto con un filo d’olio. Vuoto in mezzo, praticamente diventa un contenitore che sostituisce l’insalatiera di casa”.

La pizza “ischitana” di Ivano Veccia

La cosiddetta “linea”, ovvero le preparazioni che precedono le cotture finali, più che quella di una pizzeria, sembra una linea da ristorante. Tantissimi gli ingredienti, accurate le loro preparazioni. “Faccio molte cotture al cartoccio nel forno a legna, sotto la cenere. Un sapore unico e consistenze strepitose”.

Mangiando la pizza di Ivano Veccia, si riflette su tutto quello che questa pizza non è. Sicuramente non è una “ruota di carro”, quella tradizionale napoletana, con il cornicione basso ed un diametro che deborda dal piatto. Ma non è nemmeno un “canotto”, sfumatura di pizza contemporanea dal cornicione gonfio e ben pronunciato. Ivano Veccia si esprime con un prodotto riconoscibile, originale, notevole. Un prodotto suo, di grande digeribilità.

Il battesimo di “pizza ischitana” arriva da quella clientela romana che lo premia tornando sempre più spesso ai tavoli del ristorante. Disorientata da un prodotto non facilmente etichettabile nei grandi standard.

Per correttezza di informazione, specifichiamo che la pizza ischitana non esiste, esiste però l’interpretazione che Ivano Veccia ha saputo dare alla potente alchimia di acqua, farina, lievito di birra, talvolta pasta madre. Non si finisce di sperimentare. Una sensazione che si avverte nettamente chiacchierando con lui. Entusiasmo, competenza, profonda gratitudine per tutto quello che c’è oggi nella sua vita.

Per l’impasto, blend personale di farine del Molino Belotti di Brescia. Lui la definisce una tipo “0” bella carica di crusca. Alta idratazione, per 20 ore di maturazione. Forno a legna a 420 gradi, la cottura non arriva a due minuti, si termina lasciando asciugare la pizza per una manciata di secondi all’uscita.

ivano veccia

Tradizione e innovazione

Dopo tanto assaggiare, gli chiediamo cosa sia successo alla pizza da un po’ di tempo a questa parte. Ci risponde tracciando quei collegamenti filologici che appassionano il pizza-lover. Semplicemente siamo passati da concetti tradizionali, ma veramente troppo basici, al fatto di pensare alla pizza come se fosse pane. Quindi c’è stata un’elevazione. Idratazione, maturazione, non sono concetti nati con la pizza, ma con i grandi pani. Metodi ben più accurati, più corretti se vogliamo. Grandi interpreti del nord Italia hanno fatto sicuramente da apripista. Penso a Simone Padoan. E poi sicuramente a Franco Pepe da noi in Campania”.

Oggi “Qvinto” a Roma macina numeri da capogiro, pizze che strizzano l’occhio a una cucina di tradizione soprattutto campana (ma non solo) e che, inevitabilmente attirano una carta di vini importante. In particolare, Champagne. Del resto, voi sulla pizza di Ivano Veccia con il caviale Beluga, cosa berreste?

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