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Sushisen, il segreto di un successo

sushisen

Raffinatezza, eleganza, atmosfera zen e uno stile inconfondibilmente giapponese. Sushisen è il tempio della cucina nipponica tradizionale a Roma. Passione, ricercatezza, cortesia e rigore sono alla base del successo. Ne abbiamo parlato con Giuliano Kunihiro Este, padrone di casa giovane e sorridente

Sushisen è un mondo a parte. Una finestra aperta sul Giappone nel quartiere ostiense di Roma. Defilato, dall’esterno la sua semplice porticina, decorata ora per la primavera da rami di ciliegio in fiore, è segnalata solo da una sobria insegna in legno. La parola chiave è “understatement”, come si usa nel Sol levante per i migliori ristoranti. Due sale, una sala Kaitenzushi e un’altra più intima con tavoli ben apparecchiati per sedersi. Dentro raffinatezza, atmosfera zen, luci soffuse, musica di sottofondo, legni caldi e uno stile inconfondibilmente giapponese, che ti proietta subito in terra nipponica. Sul tavolo un’apparecchiatura tutta bianca, semplice e raffinata, con al centro solo una fascia di stoffa da kimono nera e oro a ribadirci la forte identità di questo luogo speciale. Miglior Etnico di Roma e del Lazio ai Restaurant Awards di MangiaeBevi, un Cappello Guida Espresso, tra i BEST 50 de I CENTO, consigliato dalle Guide di Repubblica del Lazio, questo ristorante negli anni si è guadagnato un posto di riguardo tra gli amanti della cucina esotica nella Capitale, rappresentando un solido baluardo contro gli all you can eat scadenti che hanno invaso la città.

Appena entrati veniamo fatti accomodare da camerieri sorridenti e preparatissimi. Il sommelier ci offre uno stupefacente sake frizzante, mentre attendiamo impazienti di provare le novità del menù di primavera e di conoscere i padroni di casa:

sushisen

Giuliano Kunhiro Este, giovane ristoratore italo-giapponese e sua madre Okochi Chicako, che ancora oggi vi accoglie vestita di tutto punto con i suoi splendidi kimono. Quest’ultima insieme al figlio molti anni orsono ha creato questo apprezzatissimo angolo di Giappone a Roma, frequentato anche da chef stellati e vip.

Giuliano è un ragazzo sorridente e cortese, perfettamente in equilibrio tra la sua rigorosa anima giapponese e il suo essere italiano (da parte di padre): ciò si manifesta con una lieve cadenza romana che lo rende subito simpatico, e in un debole per la pizza di Pier Daniele Seu e la carbonara. Il suo essere un po’ italiano e un po’ giapponese ha influenzato tutto il suo lavoro, in cui ci racconta di svolgere anche un ruolo da mediatore tra i gusti giapponesi e quelli italiani: “Io faccio un pò da tramite tra i gusti, perché magari certi sapori sono facili per un giapponese che è nato qui, mentre per il palato italiano è difficile comprenderli. Quindi io cerco di mediare tra due mondi: tra i nostri clienti infatti abbiamo l’ambasciata giapponese, che ci sceglie perché gli ospiti giapponesi ritrovano i propri gusti, mentre quelli italiani trovano un gusto che al 100% può piacere anche a loro.

Kunhiro passa molta parte del suo tempo in Giappone, sempre alla ricerca di ingredienti particolari, oggetti e dettagli che possano rendere assolutamente unica e originale l’esperienza nipponica alla tavola di Sushisen. Ci racconta che lui e sua madre hanno aperto nel 2004 questo ristorante giapponese, in un’epoca in cui a Roma non esisteva quasi nulla, a parte Hamasei e pochi altri posti. Il loro primo chef, Miayama, proveniva nientemeno che da Nobu, il tempio dell’alta cucina giapponese di New York. Per primo portò in Italia i california rolls, che mai si erano visti prima, e il ristorante ebbe rapidamente un grande successo. Poi la cucina giapponese divenne di moda, vari sushi-bar all you can eat apparvero in città e, per distinguersi, decisero di puntare tutto su una cucina giapponese di alto livello. Quel tipo di cucina che se non hai un vero cuoco giapponese è impossibile replicare. E così è arrivato da Hokkaido il loro attuale chef Yamamoto Eiji, che da nove anni crea piatti indimenticabili e che della cucina di Sushisen dice: “La nostra cucina è espressione di tradizione e creatività. Partendo dalla qualità assoluta di ingredienti unici e stagionali non cessiamo mai di dare nuove emozioni, che nascono dai sapori autentici della tradizione del Sol Levante. Lo chef Yamamoto (che ci ha anche mostrato orgogliosamente la sua preziosa collezione di coltelli, fatti dalle stesse fonderie che un tempo forgiavano le spade dei samurai), insieme alla sua brigata di 10 autentici esperti cuochi giapponesi, rivisita da Sushisen la tradizionale cucina Kaiseki, in una versione più contemporanea. Ci spiega Giuliano: “Qui da noi puoi trovare una tempura, un nigiri e persino il sushi edomae che è un piatto ancora più antico, di duecento anni fa, ma ci sono anche piatti che trovi adesso in Giappone. Come per la cucina italiana anche quella giapponese è una cucina sempre in evoluzione e da noi ci sono piatti kaiseki rivisti in chiave più moderna dove però ritrovi i sapori autentici della cucina giapponese. Piatti che se li mangia un giapponese ha la certezza che sia stato proprio un giapponese a prepararli. E’ un gusto che non può essere replicato da nessuno che non sia giapponese, come un po’ l’amatriciana per un italiano. Come un giapponese, per quanto possa essere bravo, non potrà mai farla con quel sapore che potrebbe dargli uno che è nato a Roma, così è per la vera cucina giapponese: c’è talmente tanta esperienza e conoscenza dietro che non è possibile copiarla. Vengono tanti  che fotografano e cercano di capire come si fa, ma non riusciranno mai a copiarci, qui serve veramente l’esperienza dello chef”.  

Il taglio del pesce, ad esempio, richiede tanta esperienza e i sushi chef della brigata di Yamamoto Eiji passano dieci anni a esercitarsi prima di poter avere l’onore più grande: quello di usare le loro lame sul pesce da servire. Nei primi anni di pratica gli apprendisti possono solamente guardare il maestro e supportarlo con compiti di pulizia e preparazione degli strumenti. Il sapore di sushi e sashimi cambia infatti notevolmente a seconda della maestria di chi lo prepara. Giuliano ci spiega che grazie ai giusti coltelli, reperiti personalmente in Giappone, e ad anni d’esercizio, i suoi sushi chef sono in grado, con solo tre rapidi tagli, di creare i loro piatti, mantenendo l’assoluta freschezza e tutto il gusto verace del pesce. Ma la cucina giapponese è molto di più, come ci spiega il giovane Kunhiro: “L’idea che gli italiani hanno della cucina giapponese è tutta incentrata su sushi, tempura e cibi crudi, ma non è assolutamente così. In Giappone non è vero che si mangia solo questo, anzi la parola sushi di per se è un ideogramma che in giapponese significa evento lieto, questo perché il sushi si mangiava in occasioni speciali, era un cibo prelibato, non da tutti i giorni. La vera cucina giapponese è fatta di tantissime altre cose, come le verdure. Noi usiamo ad esempio degli ingredienti molto particolari, la soya bianca, i funghi shitake, eringhi, il ponzu e un agrume che si chiama kabosu, lo tsudagi, che in Italia non si trova. Ancora lo yuzu, che adesso è di moda e viene usato anche da molti chef italiani, ma qui non c’è quello fresco, che solo io porto dal Giappone ed è completamente diverso, tanto che anche degli chef italiani me lo chiedono, come Francesco Apreda. La differenza è come quella tra un succo di limone in bottiglia e uno spremuto fresco da un limone di Amalfi… ovviamente è un’altra cosa! Oppure il jumi: dieci spezie giapponesi che trovo solo a Nikko e che hanno potere medicinale e salutare.” L’asso nella manica di questo posto è infatti che la maggior parte dei prodotti che si gustano qui sono veramente esclusivi e si trovano solo in Giappone.

Giuliano ci racconta infatti che lavora costantemente a fianco del suo chef Yamamoto, per selezionare ogni singola materia prima, viaggiando in lungo e in largo per il Giappone per trovare ingredienti unici, utensili, oggetti, o assaggiando i piatti degli chef giapponesi più in voga, per trovare suggestioni con cui confrontarsi senza mai copiare, per ottenere da Sushisen una cucina sempre più all’avanguardia.

Ogni piatto è costruito secondo una struttura di ordine estetico e mira ad un risultato visivo quanto gustativo.

Non è solo la materia prima di qualità assoluta a fare la differenza ma anche come la tratti, persino i coltelli fanno la differenza”, sottolinea Giuliano.

A rendere davvero unico Sushisen e la sua cucina è quindi la ricerca maniacale della perfezione, che rispecchia la cultura giapponese, in cui la forma è veramente sostanza.

La forma è importantissima in Giappone, qui si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca, quindi la presentazione e l’ambiente contano moltissimo commenta Giuliano – In Giappone c’è la tendenza a ricercare la perfezione e l’ordine (e non manca un po’ di stress dietro a tutto questo) ma questa perfezione ti invita a stare bene ed è esattamente ciò che cerchiamo di fare da Sushisen.”

La nostra missione è quella di soddisfare tutte le richieste dei nostri clienti, anche quelle particolari. Per esempio per il the, per il quale ho creato una vera e propria scatola da collezione, come un portagioie, con una selezione di the giapponesi e altri particolarissimi selezionati da un sommelier giapponese”.

Infatti tra le rarità che si possono gustare da Sushisen vi sono anche the molto particolari come il sakura cha al fiore di ciliegio (inebriante e molto dolce) o il kokuto cha, the alla canna da zucchero (veramente seducente).

Altra cosa che Kunihiro ci tiene a ricordare è la loro particolarissima carta dei sake: “Quando l’ho inserito io dieci anni fa, in Italia esisteva solo il sake caldo, ma il sake non è questo, è un panorama molto più vasto come il vino per gli italiani. Abbiamo oggi una ricca carta dei sake, introvabili anche in Giappone, con 40 anni d’invecchiamento, persino un tipo invecchiato sotto l’oceano, oppure alcuni invecchiati 18-20 anni. Il sake invecchiato diventa come un passito dolce e scuro. Vi sono anche sake frizzanti che ricordano il prosecco. La degustazione di sake abbinata al cibo piace a tanti clienti, perché pensano al sakè come acqua bollente insapore e rimangono sbalorditi quando lo assaggiano da noi. Poi, trovato quello che gli piace, ogni volta che tornano prendono sempre quello”.

Il menù di primavera di Sushisen

Incuriositi da queste premesse, siamo andati alla scoperta del menù di primavera, un menù che Giuliano ci ha detto essere ispirato proprio ai prodotti di stagione giapponesi in particolare al miso e il kinkan (meglio noto come kumquat) ma non solo, in ogni portata gli ingredienti giapponesi come lo shiso si alternano a prodotti primaverili italiani come il carciofo, i piselli o gli asparagi. Il menù è ideato per creare un gioco di rimandi tra Giappone e Italia, che cerca di farti vivere polisensorialmente tutta l’essenza della stagione in corso. Lo chef Yamamoto ha quindi progettato per noi un interessante percorso in 10 portate, attraverso cui abbiamo sperimentato tutti i colori, i profumi, i sapori e la freschezza della primavera.

Abbiamo iniziato con uno squisito sashimi di spigola con capesante, miso croccante, sale al the verde e sale grigio del Guerande con yuzu, accompagnato da scaglie di tartufo nero pregiato estivo, patata viola e piselli freschi conditi, soya bianca.

Subito dopo abbiamo assaggiato quello che viene ritenuto il piatto più rappresentativo di Sushisen e del menù di primavera la Salmon Tartaru Kinkan: si tratta di una tartare di salmone norvegese, con le dieci spezie giapponesi Jyumi e miso, caviale, perle di olio di sesamo e funghi eringy fritti e il tocco italiano degli asparagi accompagnati da una salsa a base di Kinkan e latte di soya che viene versata all’ultimo sul piatto. Un’esplosione di sapori in cui la morbida e burrosa carne del salmone, sgrassata e gradevolmente profumata dal kinkan e dalle preziose spezie jumi, sposa perfettamente il suo gusto con le scaglie di tartufo, che lo impreziosiscono senza prevaricarlo, l’asparago come i funghi invece sono croccanti e danno un gradevole tocco vegetale, mentre la sapidità del caviale corona il piatto.

Arriva poi un Toro Nighiri, un nighiri di ventresca di tonno, con erba cipollina, soya e neghi, dei  rari funghi giapponesi dal gusto particolarissimo, accanto lo zenzero marinato nel sakè da cui prende una particolare colorazione rosa, risultando dolce e lievemente piccante, perfetto per pulire il palato. Immancabile come in ogni giapponese che si rispetti è il momento della tempura: la  Tempura di primavera a base di mazzancolle e carciofo è qui eseguita magistralmente, asciutta e croccante all’esterno lascia l’interno del gambero sodo e lievemente umido, tutto carico del suo sapore. La tempura è accompagnata da una vinaigrette di yuzu e soya bianca lievemente piccante, che dà la giusta spinta alla dolcezza dei gamberi e delle verdure.

Giunge poi un piatto molto scenografico e veramente squisito: sotto una campana di vetro avvolti in un denso fumo bianco arrivano dei nighiri di scampo alla fiamma con sesamo bianco, pepe, rosa erba cipollina e soya, scopriamo poi con piacere che il legno usato per l’affumicatura (che gli dà un intenso profumo) è l’hinoki, il legno con cui si fanno le terme giapponesi (una sorta di cedro), e  anche questo dettaglio denota la cura per i particolari tipica di Sushisen.

Segue il piatto più amato di sempre del ristorante ovvero i Diablo roll al salmone,  un piatto per cui  Sushisen è famoso insieme alla tartare. Si tratta di un roll a base di salmone dal gusto speziato e piccante ricoperto di sashimi di salmone fresco, una vera goduria che dà dipendenza.

Arriva poi quella che è una vera eccellenza, quasi impossibile da trovare in altri ristoranti giapponesi, e che solo Giuliano Kunhiro, grazie ai suoi continui viaggi nella sua terra d’origine, può fornire nella Capitale: ci viene servita la carne Wagyu,  una carne di manzo kobe di qualità A5 (il massimo), con una marmorizzazione dei grassi di livello 9. Tagliata sottilissima come un carpaccio e fiammeggiata con la fiamma ossidrica sotto i nostri occhi dal cameriere prima di metterla in tavola: tutto per non farci perdere nemmeno un briciolo della sua scioglievole gradevolezza, accompagnata dalla dolcezza di una salsa sukyaki fatta con soya, zucchero e sake, era un’assoluta prelibatezza.

Segue poi un merluzzo nero alaska su fondo di cime di rape e sugemono (cetrioli giapponesi sotto sale alcuni e altri marinati) in salsa kinkan, miso e ayu ayu che dà il sapore piccante e su tutto una foglia di shiso fritta. Delicato e perfettamente equilibrato.

Concludiamo con due dessert: un biscuit al cacao, chiffon cake al the verde e crema di piselli, servito con un macaron di piselli farcito al cioccolato fondente e decorato con una foglia al the verde e cioccolato bianco su una crema di piselli e soya bianca; un mochi bianco con ripieno di fagioli azuki servito con macaron di piselli con fagioli azuki e un sorbetto di yuzu decorato con yuzu candito.

I dessert sono qualcosa di davvero singolare poiché aldilà della più scontata frutta, sono come capita in oriente a base di legumi, ma qui sposano in modo del tutto nuovo con gusti inaspettati: insoliti pisellini novelli, si uniscono con il cioccolato fondente, in un matrimonio di successo inatteso e sorprendente.

Infine a proposito di matrimoni e di successo, prima di andare abbiamo chiesto a Giuliano di spiegarci il segreto del successo di Sushisen: “Il segreto sta nella ricerca di unicità del piatto e del prodotto, nella ricerca di sapori originali, che gli altri non hanno”.

“Tutte le salse sono fatte in casa – spiega ancora Giuliano – facciamo molte preparazioni particolari come la salsa ponzu. Persino i piatti sono pezzi unici, realizzati a mano da artisti giapponesi e alcuni sono vere e proprie opere d’arte, con elementi naturali che disegnano un quadro tutto da gustare, ispirato alle stagioni e creato apposta per elevare l’esperienza gustativa stimolando tutti i sensi.

Questa attenzione per il dettaglio, la devozione al lavoro e la costante ricerca della perfezione in ogni cosa tutta nipponica, è a nostro avviso il marchio di fabbrica di Sushisen, alla base del suo successo.

Un successo sempre verde che dura da 15 anni e che, lo scorso 20 marzo, Sushisen ha celebrato con un evento speciale dal sapore internazionale tra vip, personaggi dello spettacolo e chef presso la Lanterna di Fuksas, a Roma. Un evento unico durante il quale è stato festeggiato anche il matrimonio di Giuliano Kunihiro Este e Yuri Kawamura, con una cena dal menù pluristellato che ha visto coinvolti lo chef Yamamoto Eiji (un cappello Espresso), gli chef stellati Francesco Apreda, Roy Caceres e Kotaro Noda, lo Chef Niko Sinisgalli e il pizzachef Pier Daniele Seu (premiato dalla Guida alle Pizzerie del Gambero Rosso). “Come noi, loro fanno da ponte tra varie culture. Apreda con le sue spezie orientali e ingredienti giapponesi, Kotaro con la semplicitá giapponese delle sue creazioni, Roy con gli influssi del suo Paese e così via. Hanno tutti un filo comune con noi e, soprattutto, sono persone stupende che legano la cucina col cuore e il cuore con la cucina, non solo con gli ingredienti, ma anche col loro sorriso!” ha chiosato il neosposo.

Un grande evento che è stata una bella opportunità per Kunhiro e i suoi cari, di celebrare i tanti traguardi raggiunti da Sushisen in questi anni, come il premio conseguito ai Restaurant Awards per il miglior ristorante etnico del 2018, che Giuliano ci ha confidato di avere ricevuto con soddisfazione, soprattutto per lo chef, poichè per la prima volta sono stati scoperti e hanno ottenuto il riconoscimento del loro lavoro. Poi è ovvio che per loro, come per tutti i ristoratori, “la soddisfazione dei clienti che continuano a tornare col sorriso è sempre il premio più grande.”

Ce ne andiamo con la consapevolezza che sedersi a questi tavoli significhi regalarsi ogni volta qualcosa di unico: un’esperienza giapponese autentica e totale, che va dal cibo all’atmosfera che vi si respira, metodicamente curata con passione fino a ogni singolo ingrediente e oggetto. Un ristorante che, aldilà delle mode, resta a Roma un punto di riferimento assoluto per la ristorazione giapponese di alta qualità.

Sushisen

Via Giuseppe Giulietti 21a, Roma

Tel: 06 575 6945

Sito

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