Una nuova apertura a Sirmione per parlare del piacere della condivisione. Si tratta di Mano dove la cucina emoziona con semplicità.
Sirmione ha due anime. Una è quella delle fotografie perfette: le pietre antiche, il lago che si apre come un ventaglio di luce, le calli che odorano di acqua dolce e gelsomino. L’altra, più fragile, è quella che rischia di perdersi sotto il passo incessante del turismo. In questo equilibrio delicato, c’è chi decide di non rassegnarsi alla Sirmione-cartolina e sceglie di restituirle respiro, profondità e storie da raccontare. Così nasce Mano, un ristorante che è anche un gesto: quello di porgere, di invitare, di condividere.
Dietro c’è Massimo Bonsignori, proprietario dell’Hotel Flaminia, che sogna in grande, con una carta dei vini sterminata non per esibizione, ma per conoscenza e curiosità, e con il coraggio di investire in una ristorazione che sia vera esperienza.
Un invito a rallentare
A guidare la cucina, due giovani chef dalla traiettoria luminosa: David Fiordigiglio e Simone Falsaperla. Due strade diverse, che un giorno si sono incontrate dietro a un passe, con la promessa che un giorno avrebbero cucinato insieme, da pari, in un luogo che parlasse di loro.
Quella promessa oggi è realtà: piccoli piatti creativi, pensati per essere messi al centro della tavola, da assaggiare e raccontare. Sapori che intrecciano il Mediterraneo alle tecniche contemporanee, ingredienti stagionali che diventano narrazione, e una carta di vini – spesso naturali – scelta per dialogare con ogni portata come un amico fidato.
“Volevamo libertà, amicizia e piacere. Qui, passarsi un piatto è il cuore dell’esperienza” spiegano Fiordigiglio e Falsaperla, quasi a voler dire che la cucina non è mai solo tecnica: è emozione che passa di mano in mano.


Le storie dietro ai fornelli
Simone Falsaperla, catanese, classe 1996, ha imparato presto che il mare insegna profondità e misura. Dopo l’ALMA, incontra maestri come Ciccio Sultano, Antonino Cannavacciuolo e Pietro Leemann; attraversa l’Europa cucinando per Dabiz Muñoz, Quique Dacosta e Azurmendi, per poi tornare in Sicilia e dedicarsi alla panificazione. “A Mano posso finalmente unire creatività e rispetto per il prodotto, cercando di emozionare con semplicità” racconta.
David Fiordigiglio, bergamasco con sangue napoletano, stesso anno di nascita, cresce tra le cucine di eccellenze come Da Vittorio, Contraste, Joia, Mudec di Enrico Bartolini e DiverXo di Dabiz Muñoz. È stato chef privato per Fiorello, Donatella Versace, Leonardo Bonucci e la Nazionale italiana, oltre che volto televisivo. I suoi piatti simbolo? Un risotto al beurre blanc con gamberi rossi e limone, e uno spaghetto allo Scarpariello che sa di sole e di casa.
Un gesto contro la fretta
Mano non è un locale per mangiare in fretta. È un luogo che chiede di fermarsi, di parlare, di ascoltare. In un borgo dove il passo del turista corre veloce, qui il tempo si allunga: tra un calice e l’altro, tra il profumo di un pane caldo e il racconto di un piatto, tra il silenzio del lago e il mormorio di una sala che sorride. C’è una poesia antica in questo ristorante: la poesia del gesto semplice che diventa speciale. Porgere un piatto, spezzare un pane, versare un vino. Piccoli riti che, quando si svolgono insieme, diventano memoria. Da condividere. Da vivere insieme. Da assaporare.
E forse è questa la vera scommessa vinta da Mano: non solo cucinare bene, ma ridare a Sirmione il lusso più raro di tutti — quello di fermarsi, guardarsi negli occhi e, per un momento, sentirsi a casa. Ecco perché questo può diventare anche un format da portare all’estero, perchè universale.


I piatti da non perdere
Il viaggio da MANO è anche un percorso nei sapori che sanno sorprendere e confortare insieme. Come il bao alla piastra con agnello speziato e french dressing, morbido e profumato, o l’ostrica alla brace con salsa bernese, pancetta affumicata e mollica siciliana, che gioca tra mare e fuoco. Il polletto crispy con yuzucosho e basilico thai è succoso e speziato al punto giusto, mentre lo spaghetto allo Scarpariello – goloso fino all’ultima goccia di sugo – invita alla scarpetta senza rimorsi.
Per chi ama i sapori decisi, il lombetto di manzo alla brace racconta tutta la nobiltà della cottura diretta, mentre il finale è una vera sorpresa: il finto soufflé, dolce scenografico e lieve, che chiude la cena come un applauso. Ad accompagnare, cocktail d’autore che interpretano la stagione e l’umore della serata, trasformando ogni sorso in un ulteriore gesto di piacere.