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Luca Fantin al Bulgari Ginza Tower di Tokyo: finisce un’era durata 15 anni

Luca Fantin lascia il celebre ristorante di Ginza che ha portato il suo nome: un percorso durato quindici anni che ha ridisegnato i confini della cucina italiana all’estero.

Il 26 aprile 2025 si è chiuso un ciclo durato quindici anni. “Il Ristorante – Luca Fantin”, all’interno della Bulgari Ginza Tower di Tokyo, ha servito il suo ultimo servizio. La chiusura segna non soltanto la fine di uno dei più longevi e influenti presidi dell’alta cucina italiana in Asia, ma anche la sospensione di un dialogo culturale e gastronomico tra Italia e Giappone che ha rappresentato, in molti sensi, una connessione unica nel mondo dell’alta cucina.

Chef veneto, classe 1979, Luca Fantin è stato il costruttore silenzioso di un lessico gastronomico nuovo, capace di unire la profondità dei sapori italiani con il metodo la disciplina della cultura giapponese. Dopo esperienze formative in ristoranti come La Pergola a Roma (con Heinz Beck), Cracco a Milano e Mugaritz nei Paesi Baschi, nel 2009 viene chiamato da Bvlgari per firmare il nuovo progetto gastronomico a Tokyo. Pochi, all’epoca, avrebbero scommesso sulla durata e sulla rilevanza di quell’avventura. Eppure, in quindici anni, Fantin ha costruito una narrazione coerente, radicale e di grande successo.

Una cucina di concentrazione

La sua cucina non si è mai concessa all’esotismo compiaciuto. Ha sempre mantenuto una linea chiara, riconoscibile: ingredienti giapponesi selezionati con estrema cura, trattati con tecnica italiana e pensiero critico. Il risultato è stato un linguaggio ibrido, intimo, che non cercava di conciliare differenze, ma di evidenziarle con misura. Piatti come la tartare di gambero rosso con caviale e radici invernali. Oppure il carciofo ripieno di wagyu e salsa al miso, che raccontano di una memoria italiana che impara a declinarsi altrove senza perdere struttura. Ma forse nessuna preparazione ha incarnato con altrettanta precisione questo equilibrio quanto gli spaghetti ai ricci di mare. Un piatto che unisce la densità sapida del Mediterraneo con la precisione giapponese della lavorazione del crudo, diventando in pochi anni un signature dish riconoscibile e celebrato. Essenziale nella forma, profondo nel gusto, rappresentava una sintesi esatta della filosofia di Fantin.

“Cucinare in Giappone significa imparare il silenzio e la precisione”, disse una volta in un’intervista al Japan Times. Quella frase riassume bene il suo approccio: una cucina di concentrazione, dove nulla è lasciato al caso e ogni scelta, dalla fermentazione alla cottura, è frutto di un pensiero lungo. Non è un caso che abbia mantenuto la stella Michelin dal 2011 per oltre un decennio, o che sia stato incluso tra i 50 migliori ristoranti d’Asia secondo Asia’s 50 Best.

Ma i riconoscimenti, per quanto rilevanti, non bastano a spiegare il significato della sua presenza. Fantin ha costruito un luogo in cui la cucina italiana non era soltanto rappresentata, ma interpretata in maniera unica. Un luogo in cui l’ingrediente parlava prima della tecnica e in cui la tecnica esisteva solo per lasciare spazio al gusto.

La chiusura del ristorante arriva per motivi strategici interni al gruppo Bvlgari, nel quadro di una riorganizzazione delle attività gastronomiche in Asia. Solo il tempo che muta e progetti che si riposizionano. Ma resta il segno di ciò che è stato. Uno dei pochi esempi di cucina italiana contemporanea che, fuori dai confini, ha saputo farsi cultura e punto di riferimento per tutto il mondo.

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