Magazine di ristorazione e itinerari enogastronomici
ChefProtagonisti

Ferdy Wild: il ritorno autentico alla montagna tra gastronomia, natura e ricerca

Là dove le Orobie incontrano il silenzio del bosco, Ferdy Wild racconta una nuova idea di ruralità: concreta, radicata, evolutiva. Un progetto familiare che trasforma l’agricoltura di montagna in cultura, esperienza e alta cucina.

“Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita.” Così scriveva Henry David Thoreau in Walden, e la sua frase sembra risuonare con forza tra le valli della Val Brembana, dove Ferdinando Quarteroni, detto “Ferdy”, ha iniziato una storia bellissima che oggi, dopo tanti anni, si traduce in una realtà unica nel proprio genere. Non è solo un agriturismo, un ristorante e nemmeno una spa. È, piuttosto, la risposta montana a un desiderio di autenticità, di misura, di immersione nella verità delle cose.

Proprio là dove le Orobie disegnano i loro profili maestosi, una famiglia ha scelto, più di trent’anni fa, di restare. Di radicarsi ancora più a fondo in un territorio che, allora, parlava di stalle e non di stellati, di transumanze e non di storytelling. Ferdy Wild, oggi, è il frutto evolutivo di quell’intuizione coraggiosa: un ecosistema alpino dove cucina, ospitalità e allevamento convivono in armonia con il bosco e le sue leggi.

Ferdy Wild: una storia che parte dal 1989

Fondato nel 1989 da Ferdinando “Ferdy” Quarteroni, l’azienda agricola nasce come rifugio e presidio di montagna. Con lui, oggi, il figlio Nicolò Quarteroni porta avanti un progetto ambizioso e coerente, che ha saputo evolversi nel tempo mantenendo saldo il legame con la terra e gli animali. Nicolò è l’anima imprenditoriale e visionaria di Ferdy Wild: ha saputo dare impulso al progetto aprendolo all’ospitalità, al benessere, all’educazione e all’alta cucina. È sua la capacità di coniugare natura, impresa, semplicità e visione, con uno sguardo sempre rivolto al futuro ma fortemente radicato nella cultura contadina di famiglia.

Ferdy Wild è oggi un ecosistema che include agriturismo, spa, centro equestre, caseificio, bottega e ristorante gourmet. È, soprattutto, una filosofia. Un modo di vivere e far vivere la montagna con coerenza, profondità, e una misura rara. Ogni dettaglio – dall’architettura al pascolo, dalla selezione delle razze autoctone alla gestione delle esperienze – è pensato per onorare un’idea di montagna viva, operosa, autentica.

Alessio Manzoni e la sua cucina wild dining

In cucina, il progetto è affidato allo chef brianzolo Alessio Manzoni, classe 1991, già allievo di ristoranti stellati come “Agli Amici” di Udine e poi protagonista dell’apertura di “Agli Amici” a Rovigno. Il suo approccio gastronomico, definito “wild dining”, è un manifesto di ritorno all’essenziale, un’alchimia tra tecnica e territorio, dove il foraging – ovvero la raccolta spontanea – si sposa con fermentazioni, stagionature e cotture antiche.

Il ristorante ha ricevuto la Stella Verde MICHELIN, a testimonianza di un impegno sincero per la sostenibilità. Ma più che un’etichetta, qui la sostenibilità è struttura. Circa l’87% degli ingredienti proviene dalla stessa azienda agricola: latte e formaggi, carne di razze autoctone come la capra orobica e la bruna alpina, erbe e bacche selvatiche, ortaggi coltivati tra alpeggi e serre. L’animale viene lavorato in ogni sua parte, l’ingrediente valorizzato senza scarti. Nulla si spreca. Tutto ritorna.

Il menu degustazione – significativamente intitolato “Esperienze Wild” – è una narrazione alpina in otto portate. Tra i piatti simbolo: la “Polpettina 1989”, omaggio all’anno di fondazione dell’agriturismo, preparata con carni miste e piante spontanee; “La me Aca”, risotto al latte con romice e abete, evocazione vegetale di pascoli e sottoboschi. Non c’è estetica manierata: ogni piatto è gesto, radice, racconto.

Ospitalità e camere

L’ospitalità, in perfetta continuità con la proposta culinaria, si declina in camere dallo stile montano contemporaneo: legno vivo, silenzi, coperte spesse, grandi finestre aperte sul verde. Ci sono anche le “baite Ferdy“, piccole case in pietra disseminate nella natura, ristrutturate con cura e sobrietà, per un soggiorno intimo e contemplativo.

Accanto al ristorante e alle stanze, Ferdy Wild propone esperienze che estendono la filosofia del luogo. Passeggiate a cavallo, laboratori con i bambini, sessioni di yoga nei prati, bagni di fieno, trattamenti nella spa costruita con legni locali e profumata di resina. La bottega interna vende i prodotti dell’azienda: formaggi a latte crudo, salumi, confetture, miele e cosmetici naturali. Ogni attività ha uno scopo educativo e sensoriale: mettere in contatto le persone con il ciclo della vita e della terra.

Il valore di Ferdy Wild non sta solo nell’offerta, ma nel modo in cui essa viene proposta: senza retorica e sovrastrutture. Qui la montagna non è un tema, ma un dato. E forse è questo che attrae anche una nuova generazione di viaggiatori, di cuochi e di appassionati. In un’epoca in cui la campagna è spesso romanticizzata per ragioni di marketing, Ferdy Wild la restituisce nella sua verità: aspra, fertile, poetica.

La forza di questo progetto risiede nella sua organicità. Ferdy Wild non è la somma di parti diverse, ma un organismo vivente: un equilibrio tra umano e animale, tra cucina e pascolo, tra sapere antico e vocazione contemporanea. È un ritorno che non è nostalgico, ma necessario. In un mondo che corre, questa è una sosta che insegna.

Articoli correlati

È Isa Mazzocchi la vincitrice del Premio Michelin Chef Donna 2021 by Veuve Clicquot

Annalisa Leopolda Cavaleri

Qualità, stagionalità e zero sprechi. Così è la cucina di Gioacchino Sensale

Manuela Zanni

Nino Di Costanzo è il nuovo direttore dei ristoranti IT

Nadia Taglialatela