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Covid: i ristoratori bolognesi fanno rete e scendono in piazza

I colori dell’Emilia Romagna cambiano ma i ristoratori bolognesi non si arrendono, scendono in piazza e si preparano a impugnare l’ordinanza davanti al Consiglio di Stato.

Dopo aver costituito, alcune settimane fa, il Comitato Tutela Ristoranti Bologna, capitanati da Elisabetta Valenti, contitolare insieme a Michele Pettinicchio dello storico Al Pappagallo, i ristoratori di Bologna non condividono i provvedimenti presi a causa dell’emergenza pandemica, che da un anno ha messo in gravi difficoltà le loro attività.

Il Comitato, che rappresenta ben 72 società operanti nella ristorazione di Bologna e Provincia che gestiscono una novantina di esercizi, tra piccole e grandi realtà, nuove attività e ristoranti storici e di diversa appartenenza, si è avvalso della consulenza legale dell’Avvocato Massimiliano Bacillieri, per fare ricorso al TAR denunciando, in occasione del penultimo DPCM:

  • la tardività della comunicazione di tale variazione, dopo che tutti gli organi di stampa avevano riportato fino a venerdì sera che il provvedimento sarebbe entrato in vigore a partire da domenica 31/01;
  • la sua illogicità, considerando che sempre in passato tali ordinanze venivano emanate il venerdì per entrata in vigore la domenica successiva;
  • la dannosità per i ristoranti, che in larga parte avevano da venerdì 29/01 già effettuato tutti gli acquisti, dato corso alle preparazioni e alle operazioni di pulizia e sanificazione degli ambienti, operazioni chiaramente non effettuabili il sabato per la domenica.

Lo scorso sabato 20 febbraio sono scesi in piazza Maggiore pacificamente per manifestare con una simbolica fiaccolata che “facesse luce sulla situazione incerta e buia che impone regole a chi le ha sempre rispettate e volge lo sguardo altrove, quando si creano situazioni e assembramenti sregolati, realmente pericolosi per la salute.”

ristoratori bolognesi

Purtroppo il TAR ha rigettato le richieste espresse dalla categoria che però è decisa a non mollare e a proseguire la lotta su tre punti fondamentali:

  1. La “battaglia” era stata intrapresa in forma legale e come tale proseguirà, con l’impugnazione dell’ordinanza davanti al Consiglio di Stato. La linea comune condivisa è “retta”, ovvero rispettosa della legalità delle azioni da intraprendere. Il sentore tuttavia è che si tratti di un atto politico che si fa scudo dietro la pandemia. I ristoratori per questo si sentono fortemente discriminati. 
  2. Per il sopracitato motivo il Comitato esprime la volontà di incontrare a un tavolo le parti politiche che più si sono esposte a favore degli interessi della categoria, a partire dal Governatore dell’Emilia Romagna e Presidente delle Regioni Stefano Bonaccini e poi ancora Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Il TAR non ha dato ascolto alle esigenze di un settore in forte sofferenza, e siccome il Comitato non ha colore politico, si è pensato a impostare la discussione “super partes”, con forze di governo e di opposizione. Il comitato chiede dunque apertamente un incontro chiarificatore. 
  3. Il Comitato, per proseguire le attività, sta verificando l’opportunità di trasformarsi in Consorzio, sulla scia dell’esperienza di Modena e Parma, per costituire un solido supporto.

Durante l’odierno incontro stampa l’avv. Baccillieri ha sottolineato: “Parliamo di ristoranti che fanno una selezione numerica e danno una garanzia agli avventori, perché i primi a rimetterci sono loro. Al Consiglio di Stato chiediamo che ci venga detto se, con le dovute cautele, possono riaprire e se effettivamente  sia corretta l’applicazione di questi DPCM come strumento diretto.

Elisabetta Valenti ha dichiarato: “Non vorrei che passasse il messaggio che i ristoratori sono degli egoisti che non pensano al bene comune, noi siamo disponibili a prendere qualsiasi provvedimento, possiamo raddoppiare il distanziamento purché si possa riaprire“.

Michele Pettinicchio – Al Pappagallo: “Dopo aver preso tutte le misure di sicurezza dal distanziamento alla sanificazione degli ambienti, abbiamo 100 coperti e si siamo attrezzati per ospitare 40 persone, ma sembra che non sia abbastanza. Denunciamo anche una mancanza di controllo da parte delle autorità in quelle zone dove si formano gli assembramenti. Abbiamo perso in un anno di mancato lavoro un milione di euro, a fronte di un ristoro di 30.000,00 euro nel 2020 e 11.000,00 nel 2021. L’asporto e il delivery non sono  un business per noi che siamo ristoranti e non rosticcerie, dove ci sono le persone in fila”.

Riccardo Bolini – Ristorante Nello “Nei confronti della nostra categoria c’è discriminazione rispetto ad altre attività, come negozi di abbigliamento, di mobili o qualsivoglia merceologia, dove non ci sono limitazioni. Non c’è evidenza scientifica che il virus si propaghi maggiormente nei locali, noi stiamo chiusi per evitare e scoraggiare le persone ad uscire, quindi siamo strumento da una parte e vittime dall’altra.”

Stefano Lolli – Osteria Santa Caterina: “Se ci tengono chiusi ci devo dare i ristori, ma noi non vogliamo soldi. Vogliamo lavorare“.

Foto copertina: Repubblica.it

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