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A Spurcacciun-a: tecnica, Liguria e contaminazioni

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Dal forno di nonna Paola alla cucina dello chef Simone Perata: A Spurcacciun-a intreccia tradizione, gusto e visione contemporanea sul mare di Savona.

Nato da una storia di famiglia che attraversa più di un secolo, il ristorante A Spurcacciun-a è oggi il cuore pulsante dell’offerta gastronomica del Mare Hotel di Savona. La sua identità affonda le radici nei primi decenni del Novecento, quando, nel quartiere delle Fornaci, nonna Paola trasformò un forno celebre per la farinata in una trattoria accogliente. 

Da allora, generazione dopo generazione, quel progetto si è evoluto senza mai perdere il legame con la tradizione, diventando una delle realtà più conosciute della Riviera di Ponente.

Dopo un cambio nella sede attuale, negli anni ‘80 Claudio e Pervinca Tiranini rinnovano completamente la struttura alberghiera, introducendo la piscina e la terrazza panoramica. Nel 1997 arriva la prima stella Michelin che darà inizio a un’altalena di conferme e perdite fino al 2010.

Simone Perata: dalla Marina Militare alla cucina d’autore

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Nel 2018 inizia un nuovo capitolo dell’A Spurcacciun-a con l’arrivo dello chef Simone Perata, ligure classe 1988, e il completo rinnovamento della cucina trasformata a vista, in dialogo diretto con la sala. Perata scopre la cucina in modo inatteso, durante il servizio nella Marina Militare: da quell’esperienza nasce la decisione di intraprendere una carriera da cuoco.

Dopo una prima esperienza al Cambio di Torino, Simone approda a Milano al Marchesino, dove lavora al fianco di Gualtiero Marchesi, il quale lo ha indirizzato verso Parigi, al prestigioso Taillevent, tre stelle Michelin, dove Perata approfondisce la tecnica della grande cucina francese sotto la guida di Alain Solivérès. Lì apprende il valore del rigore, della pulizia e dell’organizzazione.

«Ogni tappa mi ha lasciato qualcosa. La Francia mi ha insegnato la precisione nei fondi, la Spagna (Barcellona, nella brigata del Lasarte di Martin Berasategui ndr) mi ha aperto alla creatività, all’azzardo. E poi, lavorando con colleghi coreani e giapponesi è naturale che resti qualcosa nel proprio bagaglio».

A Spurcacciun-a: tradizione ligure e contaminazioni internazionali

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All’ A Spurcacciun-a, Simone Perata firma una cucina dal carattere personale, che rilegge la tradizione ligure con uno sguardo contemporaneo, aperto al mondo. «La Liguria deve sentirsi», afferma lo chef, ed è proprio da qui che prende forma il suo percorso gastronomico: dal pescato del giorno, selezionato tra i banchi di Savona o direttamente dai pescherecci di Sanremo, all’agnello di pecora brigasca, dai carciofi e asparagi di Albenga ai limoni di Varigotti, fino alle erbe e ai germogli coltivati nel giardino del ristorante.

A questa solida base territoriale si intrecciano contaminazioni internazionali e accostamenti inaspettati, frutto degli anni trascorsi tra le cucine di Francia e Spagna. Una sintesi di memoria e ricerca che dà vita a piatti identitari, ma mai statici.

Oltre alla carta, i due percorsi degustazione Alta Marea e Bassa Marea (rispettivamente in undici e otto portate) sintetizzano il dialogo tra tradizione e sperimentazione, restituendo al cliente una narrazione gastronomica completa e coerente.

Tra le sue creazioni più rappresentative ci sono la Millefoglie di foie gras, tonno rosso, alga nori, daikon marinato e sumiso (rivisitazione di un piatto iconico di Martin Berasategui), Il mio Cappon Magro che reinventa il grande classico ligure, e lo Spaghettone con murici (lumachine di mare), focaccia, olio al prezzemolo e finger lime, anche in versione “in ciuppin”, uno dei piatti che meglio racconta la filosofia di Simone Perata: tecnica, memoria e intensità di gusto.

Spaghettoni in ciuppin

«Lo chiamerei umami ligure. È un lavorone, ma per noi ne vale la pena – racconta Simone – La pasta viene cotta direttamente in una ricca zuppa di pesce, preparata con 15-20 varietà tra pesci, molluschi e crostacei, e passata a mano con il setaccio, come si faceva un tempo. Una preparazione lunga e complessa, sempre più rara nelle cucine contemporanee». 

Perata ci racconta anche di una delle sue creazioni più originali: «Faccio una carbonara di calamaro! Il mollusco lo taglio a mano come se fosse una tagliatella, lo cuocio sottovuoto nel grasso del guanciale e poi lo servo con una spuma di carbonara, un tuorlo morbido e guanciale croccante. È un antipasto goloso, da vera Spurcacciuna!».

Simone Perata rivendica con decisione la sua identità in cucina, fatta di sapori netti, acidità, piccante e coerenza stilistica: «Oggi sono Simone, e lo sarò anche domani. Non seguo le mode, a me interessa cucinare». Critica l’estetica fine a sé stessa di certa alta ristorazione e difende una cucina “cucinata, non assemblata”, frutto di tecnica, lavoro e attenzione alla materia prima.

Completa l’esperienza dell’A Spurcacciun-a la carta dei vini composta da oltre 900 etichette italiane e internazionali. Le bottiglie, circa 16.000, sono custodite nella Cantina Teatro, incastonata tra le sale di design e climatizzata con controllo di temperatura, umidità e luce.

Il Mio Cappon Magro

Le altre anime gastronomiche del Mare Hotel

Simone Perata gestisce anche le altre due anime gastronomiche del Mare Hotel: il Sushi Beach che, aperto nel 2009, unisce la cucina giapponese alla freschezza del pesce ligure, come i gamberi viola di Sanremo, e il Bistrot Marea, inaugurato nel 2018 che propone un menu fatto di piatti tradizionali come trofie al pesto, fritto misto e rollata di coniglio a proposte creative come il baccalà su spuma di cavolfiore, spaghetti aglio e olio con cozze e cime di rapa e il tonno di coniglio.

«Il mio desiderio è continuare a cucinare, a creare piatti creativi e comprensibili, senza dare troppe spiegazioni. – afferma Simone – Non serve entrare nella testa dello chef per capirlo. Noi cuciniamo per dare piacere e accogliere, non per esibire la nostra bravura. Negli ultimi anni molti chef, me compreso, si sono messi troppo al centro della scena. Ma non siamo marines, non salviamo vite: cuciniamo per dare piacere e per accogliere».

Infine, Simone rivendica con orgoglio la tradizione italiana dell’ospitalità: «Noi italiani siamo maestri nell’accoglienza. Bisogna tornare a quel modo di fare la ristorazione, più umano e diretto».

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