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Campus Alchemist: liquori artigianali da scarti agricoli

campus alchemist

Dalla ricerca universitaria alla bottiglia: Campus Alchemist trasforma scarti agricoli campani in distillati aromatici, unendo scienza, agricoltura e responsabilità ambientale.

A parlarsi sono stati ricerca e territorio, un dialogo produttivo che ha dato vita ad una linea di liquori e cordiali rielaborati dagli scarti agricoli campani. Dietro ad ogni bottiglia della linea Campus Alchemist c’è la storia di un territorio che si reinventa, scegliendo di valorizzare ciò che tradizionalmente viene scartato o ignorato: le eccedenze e i residui delle coltivazioni locali.

È questa la filosofia che anima I-Pro Med, l’ambizioso progetto nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Farmacia dell’Università di Salerno, la storica azienda Distillatori Russo 1899 e Gelati Aloha, realtà artigianali profondamente radicate nel territorio campano, unite in un percorso di ricerca, innovazione e responsabilità ambientale.

Il nome scelto, Campus Alchemist, è fortemente evocativo e sintetizza perfettamente l’idea di cambiamento e trasformazione che sta alla base dell’iniziativa: non solo la materia prima viene modificata, ma anche il modo di guardare e valorizzare il patrimonio agricolo campano. L’obiettivo è dimostrare che gli scarti delle coltivazioni possono diventare preziose risorse, ancora cariche di profumi, pigmenti e molecole funzionali con un alto valore scientifico e sensoriale.

Il cuore del progetto

Il vero motore di questo progetto è la valorizzazione degli scarti agricoli: materiali che normalmente restano fuori dai circuiti commerciali, eppure custodiscono potenzialità aromatiche e funzionali uniche. I ricercatori hanno studiato a fondo queste materie prime secondarie, sviluppando protocolli estrattivi e processi produttivi su misura, capaci di preservarne e potenziarne le caratteristiche organolettiche. Questa attenzione al riutilizzo intelligente delle risorse si inserisce perfettamente nel filone delle ricerche contemporanee che promuovono filiere a basso impatto ambientale, economia circolare e innovazione responsabile. L’idea è che ogni residuo possa avere una seconda vita, trasformandosi in un prodotto di qualità, capace di raccontare una storia e di valorizzare la biodiversità locale.

Le botaniche selezionate

Le materie prime protagoniste di Campus Alchemist raccontano un mosaico agricolo profondamente radicato nel territorio campano e salernitano. Tra queste spiccano:

– il carciofo di Auletta, simbolo di una coltivazione storica e di una tradizione radicata nelle valli del salernitano;

– la melagrana di Paestum, frutto dalle note dolci e acidule, conosciuto per le sue proprietà antiossidanti;

– il rusco, pianta spontanea comunemente nota come pungitopo, raccolta direttamente sul territorio e apprezzata per i suoi utilizzi fitoterapici;

– il finocchio di San Valentino Torio, ortaggio aromatico che caratterizza molte ricette locali;

– il pomodoro San Marzano dell’Agro nocerino-sarnese, emblema dell’eccellenza agroalimentare campana.

Dietro a questi nomi ci sono storie di comunità, saperi contadini e biodiversità, componenti preziose che il progetto ha voluto recuperare e reinterpretare. Ci è riuscito attraverso processi estrattivi studiati e perfezionati, con le materie prime secondarie trasformate in estratti aromatici che conservano profili sensoriali ricchi e complessi, comparabili a quelli ottenuti dalle parti nobili dei frutti.

Innovazione e sviluppo

«L’Università può diventare un luogo di creazione di valore reale quando dialoga con il mondo produttivo», sostiene con entusiasmo il professor Vincenzo De Feo, docente di Botanica e responsabile scientifico del progetto. De Feo ha sottolineato come la vera sfida sia quella di vedere la ricerca non solo nelle aule e nei laboratori, ma tradursi in prodotti concreti che si confrontano con il mercato e con le esigenze del territorio. Questo passaggio, spesso difficile, rappresenta un momento cruciale per misurare l’efficacia e l’impatto dell’innovazione.

Il progetto I-Pro Med si configura così come un esempio virtuoso di come il mondo accademico possa lavorare fianco a fianco con le imprese e le realtà locali per generare non solo conoscenza scientifica, ma anche valore economico, occupazione e nuove opportunità di sviluppo responsabile. <<Tutti noi del gruppo abbiamo contribuito a delineare la complessità e le potenzialità di questo modello produttivo, sottolineando l’importanza di un approccio integrato che coniuga ricerca di base, innovazione tecnologica e valorizzazione delle risorse locali>>.

Aromi familiari, rielaborati con un occhio scientifico e un cuore artigianale, che testimoniano la possibilità concreta di trasformare ciò che un tempo era considerato scarto in un patrimonio nuovo, narrativo, economico e culturale. Dunque, un brindisi simbolico, ma anche tangibile, alla capacità di innovare partendo dalle radici, a favore di un futuro in cui il riuso e la responsabilità ambientale sono non solo parole d’ordine, ma motori di crescita reale.

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