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Home Restaurant: il futuro in una proposta di legge

In arrivo la regolamentazione per il fenomeno cult del “social eating”. Limiti di 500 coperti e di 5mila euro d’incasso annui, principio di attività “saltuaria” e obbligo di pagamento elettronico per scongiurare l’evasione fiscale. Il disegno dovrebbe arrivare alla Camera dopo il referendum costituzionale. «Così si opprime la libera iniziativa» il commento del fondatore di homerestaurant.com Giambattista Scivoletto

Cinquecento coperti e non più di 5mila euro l’anno: questi i vincoli posti per la regolamentazione degli Home Restaurant in Italia, frutto della proposta di legge – già approvata dalla Commissione Attività Produttive – che dovrebbe sbarcare alla Camera dopo il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.

Il fenomeno dei ristoranti fai da te casalinghi, nati all’insegna dell’ultima frontiera del mangiare, il “social eating”, è esplosa da anni all’estero e anche in Italia c’è da un bel po’, seppur finora esente da vere e proprie forme normative.

I dati della Confesercenti al riguardo sono eloquenti: si registrano un incasso complessivo di circa 7 milioni di euro per questo tipo di attività nel solo 2014 e un numero di cuochi-padroni di casa pari a 7mila che hanno già organizzato circa 37mila eventi di questo tipo, per un’affluenza di ben 300mila persone.

Chiaro dunque che la situazione vada legalizzata e legittimata in tutto e per tutto, alla luce anche delle innumerevoli proteste sorte dalle varie associazioni dei commercianti intimoriti dal nuovo competitor.

Che è un competitor con gli attributi, perché ammicca a due fattori chiave della nostra epoca: il web e la sharing economy. Come può d’altronde non attirare un pranzo o una cena che prenoti facilmente su internet, che consumi in un luogo inusuale (le abitazioni private in città, appunto), dove incontri gente che non conosci e con a cui assapori piatti che spesso e volentieri non troveresti nemmeno nel più tradizionale dei locali, e tra l’altro a prezzi che nemmeno in osteria?

Ma veniamo nello specifico al disegno di legge: i limiti dei 500 coperti e dei 5mila euro di fatturato rispondono chiaramente a un principio fondamentale, quello che tali attività vadano considerate a tutti gli effetti “saltuarie”: giusto o meno è ciò che emerge.

Per evitare il possibile “nero”, e quindi l’evasione fiscale”, il metodo di pagamento sarà elettronico, e quindi con carte o bancomat: niente contanti, tutto assolutamente e sempre tracciabile. Obbligo poi di Scia, la segnalazione certificata di inizio attività: chi non la presenta si becca una sanzione salatissima, dal 2500 ai 15000 euro. Infine divieto di mischiare l’esercizio di ristorazione con quello turistico-ricettivo, tradotto: chi fa home restaurant non può essere anche BnB e viceversa.

Gli appuntamenti di social eating dovranno poi passare necessariamente attraverso piattaforme digitali (affinché possano essere controllate) e chi li organizza dovrà dimostrare di avere requisiti minimi di abitabilità nelle sue mura e conoscenza di come si trattano i cibi da servire.

Il relatore del testo Angelo Sanaldidel Pd, ha posto l’accento sulle tutele nei confronti dei «consumatori, protetti da eventuali abusi». Ma c’è chi vuole di più, come il presidente nazionale di Fiepet-Confesercenti Esmeralda Giampaoli, che nota «una certa schizofrenia. Da un lato abbiamo norme severe, comunitarie, nazionali e locali,  che disciplinano il settore della somministrazione di alimenti e bevande, dall’altro però si concede a chi pratica queste attività di non rispettare tali norme, perché non ci sono controlli in termini di sicurezza igienico-sanitaria». E naturalmente chi vuole di meno: Giambattista Scivoletto, fondatore di homerestaurant.com, che ha definito il provvedimento uno «sgradevole tentativo di opprimere la libera iniziativa».

Leggi o non leggi, ipotetiche o futuribili che siano, la partita rimane apertissima: forse più di prima ora che ci si appresta a mettere nero su bianco.

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