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Il caffè più amaro: prezzi record al bar e sullo scaffale

caffè

L’aumento del prezzo delle bollette e di alcune materie prime come caffè, zucchero e cacao è ormai cosa certa. La colazione al bar è, senza dubbio, una delle abitudini alimentari degli italiani a pagarne lo scotto più alto. Ma perché? Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza insieme ad alcuni esperti.

Sarà capitato ormai a tutti di ricevere una bolletta di luce e gas con cifre da capogiro. Una vera e propria stangata che ha colpito gli italiani nei primi giorni del nuovo anno. L’aumento, annunciato ormai da tempo, è stato però seguito dal rincaro vertiginoso di alcune materie prime. Parliamo di zucchero, cacao, latte, pasta e caffè. Proprio su questo ultimo vogliamo soffermarci a ragionare perché, si sa, per noi italiani la colazione è un rito fondamentale. Espresso o cappuccino e cornetto sono i protagonisti principali.

A pagare lo scotto più alto di questi rincari è proprio il primo pasto della giornata. Quello che, per molti, deve essere dolce ma che invece sta assumendo sempre più i sentori di amaro. E salato. Come il conto che, probabilmente gli esercenti saranno costretti a consegnare ai consumatori della prima colazione al bar.

A denunciare questa situazione, lanciando l’allarme, lo scorso 3 novembre, è stata una nota di Assoutenti. “Ogni giorno 5,5 milioni di italiani fanno colazione nei bar dislocati sul territorio, un appuntamento irrinunciabile che sia un caffè veloce al banco o una brioche consumata seduti al tavolo. – spiega il presidente Furio Truzzi.

Una abitudine che, tuttavia, potrebbe subire a breve pesanti modifiche a causa dei rincari dei listini all’orizzonte. – continua – Il costo delle materie prime degli alimentari che compongono i prodotti consumati durante la colazione ha infatti raggiunto i livelli più alti degli ultimi 10 anni: da inizio anno le quotazioni del caffè sono aumentate dell’80%, quelle del latte del 60%, lo zucchero segna un +30%, le uova +26% e il cacao +20%. A tale rincari occorre aggiungere l’aumento delle bollette di luce e gas scattato lo scorso ottobre, che determina aggravi di spesa per l’energia a carico degli esercenti. Una situazione che porterà inevitabilmente a rincari per le tasche dei consumatori”.

Il caffè al bar, che ora costa in media 1 euro a tazzina, potrebbe così arrivare a costare 1,50, con un aumento cioè di oltre il 30%. Una colazione completa potrebbe passare da una media di 2,40 euro attuali al record di 3,40 euro.

Il problema dei rincari, però, non toccherà solamente i consumatori al bancone. L’aumento dei prezzi coinvolgerà i prodotti in scaffale come caffè in chicchi e macinato, ma anche cialde e capsule.

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Ma perché sono aumentati i prezzi?

Una domanda sorge dunque spontanea. A cosa è dovuto l’aumento dei prezzi? Ne abbiamo parlato con Gianni Ciravegna, titolare di Bravi Caffè, torrefazione a conduzione familiare in provincia di Roma.

“Il problema dei rincari è complesso e articolato. – ci racconta – Prima di tutto dobbiamo considerare alcuni problemi climatici in Brasile e Colombia (i maggiori esportatori di caffè verde) che hanno compromesso i raccolti. Ma a pesare maggiormente sulla bilancia sono stati i problemi logistici iniziati ad agosto dello scorso anno. Negli ultimi mesi i trasporti via mare sono diventati un problema, e non solo per quanto riguarda il caffè. La scarsa diponibilità di container e l’aumento dei noli oceanici (oltre il 750%) sono il fattore principale. Non solo. Alcuni porti sono bloccati a causa delle restrizioni. Spesso manca la manodopera, nelle piantagioni ma soprattutto sulle banchine, a causa della pandemia e delle quarantene. Tutto questo ha portato a grossi ritardi negli imbarchi di caffè verde e di altre materie prime. Per non parlare poi del caos scaturito dopo il blocco del canale di Suez dello scorso anno”.

“A tutta questa congestione logistica si è aggiunto, oltre al rincaro delle bollette, anche la speculazione finanziaria. Il caffè è quotato in borsa a Londra e New York. Con l’incertezza sono scesi in campo i grandi fondi di investimento che hanno fatto salire il prezzo ancora di più. Non stiamo quindi parlando di problemi reali di mancanza di prodotto ma esclusivamente di meccanismi logistici ed economici” conclude Ciravegna.

Quando dovrebbe costare, quindi, una tazzina di caffè?

Altra domanda che sorge spontanea mentre svisceriamo questo problema è: qual è il prezzo giusto per una tazzina di caffè oggi? E anche qui, la questione è più complicata del previsto e coinvolge tutta la filiera che si nasconde dietro all’espresso. A spiegarcelo è stato Emanuele Tomassi, patron della micro roastery Tomassi Coffee e della caffetteria Caos di Aprilia, nonché vincitore nel 2018 del Campionato Italiano di Coffee Roasting.

“A oggi, vendere il caffè espresso al bar 1 euro non è sostenibile. Non lo era nemmeno due anni fa ovviamente. Ora, con l’aumento delle bollette, è anche peggio. Il prezzo corretto prima del covid doveva essere di 1,50 euro. Oggi dovremmo sforare 1,80. Ma come glielo spieghi al consumatore e ai baristi che vendono una tazzina a 80 centesimi?”.

“Il vero problema è la concezione che abbiamo in Italia di caffè. Mentre sul vino si fanno tanti discorsi, degustazioni e verticali, analizzandone i sentori, i profumi e gli aromi, il caffè passa totalmente inosservato. Eppure, anche in una tazzina possiamo ritrovare sfumature di aroma differenti che possono essere fruttate, agrumate e floreali esattamente come nei vini. Una varietà di sapori vastissima ma che noi italiani, e in particolar modo alcuni baristi, non valorizziamo abbastanza”.

“Molti esercenti in Italia non hanno la conoscenza della materia prima che propongono al cliente. Molto spesso non ne sanno la provenienza e neanche le caratteristiche e non hanno neanche la formazione giusta per farlo il caffè. Si tratta di un problema culturale che si ripercuote su tutta una filiera. Per proporre al banco un espresso a 1 euro, con le tasse e le spese di oggi, è impossibile stare in regola con tutto. Probabilmente acquista il caffè a pochi euro al chilo dal torrefattore che a sua volta acquista i chicchi dal contadino a un costo inferiore rispetto a quello di produzione. Oggi, con i rincari, in media, il caffè commerciale costa al torrefattore 8 euro al chilo. Sei mesi fa ne costava 2. Ma al contadino, per produrre un chilo di chicchi, servivano circa 2,50.

Due anni fa ho aumentato il prezzo del caffè a 1,10 a tazzina e già all’epoca era stato complicato far capire la motivazione alla clientela. Ora ho paura ad aumentare ancora. Conosco dei colleghi, grandissimi professionisti, proprietari di caffetterie storiche e di grande qualità che sono stati costretti a chiudere per via della concorrenza che proponeva espressi a prezzi stracciati”.

“Quando Starbucks ha aperto a Milano tre anni fa, il Codacons fece un macello perché nel punto vendita veniva venduto caffè a 1,80. Per loro era un costo eccessivo ma non avevano calcolato alcuni fattori determinanti: la qualità alta della materia prima ma soprattutto il grande investimento dell’azienda nella formazione dei dipendenti. Il costo era così più che giustificato”.

“In Italia importiamo in media il peggior caffè del mondo. In Norvegia, ad esempio, hanno una vera cultura del caffè ma anche una grande conoscenza. Anche in Grecia dove io ho assaggiato (a 8 euro a tazzina!) una delle varietà migliori di caffè”.

“Tornando al costo, ovviamente il problema non sarà solo al bar ma anche sullo scaffale. La massaia però non se ne accorgerà perché sarà abituata con i prezzi folli di alcune note aziende che si rivendono caffè commerciali a peso d’oro”.

La colazione diventerà davvero un lusso?

Terza e ultima domanda del nostro lungo viaggio attraverso il mondo del caffè e dei rincari annunciati che tanto hanno sconvolto i consumatori. Per rispondere abbiamo interpellato Dario Buzzonetti, il direttore di Roscioli Caffè, l’ultima creazione di casa Roscioli dopo l’antico forno e la salumeria. Il locale si trova in piazza Cairoli ed è da anni il punto di riferimento per i romani, ma non solo, per quanto riguarda la caffetteria e la pasticceria artigianale di qualità.

“Ad oggi non sappiamo ancora quanto questi rincari influiranno nel costo finale della tazzina. Il prezzo del nostro caffè e rimasto invariato rispetto al periodo prima della pandemia. E non solo del caffè. I prezzi delle bollette elettriche così come dei prodotti di prima necessità come burro e farina sono aumentati, ma per il momento il listino di Roscioli Caffè rimane invariato. Se i prezzi continueranno a salire, però, dovremo fare i conti con alcuni aumenti. Se saranno sul caffè o su altri prodotti ancora non lo sappiamo”.

“Non credo però che un eventuale aumento dei prezzi possa influire sulla scelta del cliente di non usufruire più dei servizi ristorativi. La voglia di convivialità sarà sicuramente superiore a un eventuale aumento. Il sovraccarico non sarà mai tale da poter scoraggiare chi esce per cercare un servizio”.

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