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Borgo Selvaggio: Usai, Onorato, Pierini e il confronto tra selvaggine di Mare e di Bosco

L’atto conclusivo andato in scena tra le colline di Gubbio a Borgo Santa Cecilia, ha visto il confronto tra filosofie di cucina e tecniche di valorizzazione della selvaggina, dell’allevamento brado di bosco e di mare in un format pensato con Les Collectionneurs.

Nell’ultima speciale data di questo evento in tre tappe (che avevamo raccontato qui) sul tema “cucina selvaggia” è stato interpretato a quattro mani dal resident chef Alessio Pierini e dallo chef ospite Daniele Usai. Complice il fuoco, la brace e un’atmosfera familiare, pescando nelle proprie filosofie di cucina, assieme hanno materializzato piatti come “Nasturzio, pesce affumicato, tuorlo, capperi e caviale” (il Tino*), “Pasta e bottarga di cuore di capriolo” (BSC),” Capriolo e Cacao” (BSC) e “Kebab Mediterraneo” (Il Tino*); montagne russe di sapore e profondità, che sono state precedute dai veri special guests dell’evento, ovvero i “salumi di carne cacciata e di pesce pescato” rispettivamente prodotti da Giuseppe Onorato – padrone di casa e talentuoso norcino autodidatta –  e dall’altro volto di Daniele Usai, fuoriclasse ai fornelli di comando del Bistrot di Mare 4112 e del Ristorante Il Tino, che tiene salda una brillante stella Michelin tra Ostia e Fiumicino. 

Per me è stato stimolante proporre dei piatti di mare che potessero tenere testa alle aromaticità marcate e selvagge di montagna.

Chef Daniele Usai

I due norcini selvaggi, hanno così aperto il confronto sul tema selvatico con una degustazione che ha animato la grotta-cantina del borgo datata 1800, dove già in antichità venivano stagionati i salumi e da dove Giuseppe Onorato è ripartito per dare un nuovo futuro a questa antica tradizione.

La grotta infatti non è solo il cuore di Borgo Santa Cecilia, ma anche il punto di partenza di una cucina che annovera nel suo menù materie prime quasi tutte autoprodotte nel territorio della Tenuta attraverso agricoltura biologica e allevamenti allo stato brado e piatti evolutivi come il “Ramen dell’Appennino Umbro” (tema che piacevolmente approfondiremo in altra sede).

Tornando invece alla dimensione norcina di “Pesce pescato e Carne cacciata”, la degustazione che si è svolta tra pareti in pietra, prosciutti stagionati di verro e di cinghiale appesi e pazienti; lonze, guanciali, salami e salumi di mare brado dai sapori profondi e profumi senza riferimenti moderni, hanno mostrato tutto lo sforzo per staccarsi dalle produzioni e dagli allevamenti massa, unitamente all’abilità e al necessario impegno nello sviluppare determinate filiere in stretto rapporto con il territorio e con la carni selvaggia, siano queste di mare o di bosco. 

Stimoli e spunti di riflessioni che, uniti da ricerca, studio e sviluppo antico delle pratiche remote stanno portando sia Onorato sia Usai, stanno portando grandi risultati. Uniti da affinità elettiva, personale e lavorativa, e da quella instancabile spinta a voler lavorare un prodotto sostenibile, procacciato, rispettato, e farlo all’ospite in maniera tale che ne possa intuire procedure e tecniche, hanno entrambi dato prova di grande abilità in materia, ognuno con le proprie differenze e peculiarità.

Entrambi ragionano a fondo sui propri salumi, me se Giuseppe stagiona in una grotta-cantina di 200 anni carni e selvaggine evolvendo eredità e sapienza paterna; Daniele affina il pesce con la tecnologia e con un macchinario che controlla temperatura, ventilazione tasso di umidità e instilla ozono per sterilizzare, motivo per il quale riesce a frollare il prosciutto di pesce spada per tre mesi, una ventresca di tonno per due, tirando alcuni salumi di mare anche fino 6 mesi.

Daniele Usai e i Salumi di Mare del Bistrot di Mare 4112 e del Ristorante Il Tino, 1 stella Michelin

Con il maturatore è un esperimento continuo. Ne abbiamo due, uno lo utilizziamo per la frollatura dei pesci crudi immessi senza che subiscano lavorazioni a monte, ma solo squamati, sviscerati e asciugati, ovviamente freschissimi, e che utilizzo soprattutto per i piatti del Tino. I quali, perdendo una parte dell’acqua, subiscono un’intensificazione delle caratteristiche gusto olfattive, e cambia leggermente la consistenza della carne stessa. L’ altro lo dedichiamo ai salumi, per realizzare i quali partiamo da pezzi di pesce vengono prima lavorati sotto sale bilanciato per alcune ore, poi subiscono una sorta di presalaggione che contribuisce a togliere le acque libere dal pesce e abbassa il rischio di proliferazione batterica e che, con il maturatore ad ozono, si abbassa ancora di più.

Chef Usai lavora salumi e prosciutti di tutto il pescato selvaggio che riesce a trovare: tonni, pesci spada, ricciole, moroni, dentici, ecc. Oltre ai salumi si diverte anche con i prodotti composti, ovvero ‘nduja di tonno, cotechini di pesce e produzioni sperimentali che sono piuttosto normali per chi utilizza questo tipo di tecnica, che però non smette di evolvere. L’ultimo terreno di sperimentazione attinge infatti alla cultura nipponica e prende come riferimento il Katsuobushi – che si ottiene dalla lavorazione del katsuo (in italiano tonnetto striato), una varietà di tonno molto comune in Giappone, che viene sottoposto a un processo di affumicatura, fermentazione ed essiccatura e infine ridotto in sottili scaglie – lavorando tonnetti locali essiccati talmente tanto secchi che possono essere scagliati con una mandolina o un’affettatrice molto affilata. 

Il nostro procedimento è un pò differente – mi racconta Chef Usai – perché quello giapponese  è un semi fermentato che poi viene anche affumicato, io invece prendo i prosciutti di mare, li secco totalmente finchè non perdono tutti i liquidi, poi lo scaglio. E questo me lo consente sempre nel maturatore c’è l’ozono che è un antibatterico, un presidio sanitario riconosciuto. In Giappone il Katsuobushi è anche la base per il brodo Dashi, a base di alga kombu e tonno secco e soia; se ci piacerà il nostro risultato proveremo a farlo anche con altro pescato.

I Salumi e il Concetto Brado di Giuseppe Onorato, patron di Tenuta Borgo Santa Cecilia

Il nostro obiettivo è arrivare al 100% servire cibo autoprodotto. Noi oggi siamo intorno al 60/70%, dipende dal menù, ma è una buona media, sia per la parte della norcineria sia la parte della carne. Perciò cinghiale, capriolo, maiale, agnello. Galline, uova, pollo, conigli, da noi è tutto autoprodotto. Crediamo che la carne sia sostenibile perché il nostro circuito chiuso ed è una delle migliori garanzie per avere una carne a zero impatto, salubre e totalmente all’opposto di quello che oggi ci ritroviamo sul mercato. 

La norcineria nasce dalla passione di mio padre, dalla passione di famiglia. Mio padre è di origini calabresi, grande amante del mondo della norcineria, della lavorazione del maiale che facciamo da tanti anni, ma in modo giocoso. Poi, quando abbiamo acquistato la tenuta e siamo venuti a vivere qui, abbiamo approfondito la materia e ci siamo dedicati alla nobile arte della norcineria fondendo la tradizione calabrese alla sapienza umbra, mi racconta Giuseppe.

Tra i loro punti di forza, sicuramente ci sono i prosciutti, allevati allo stato semi brado e che raggiungono quasi due anni di vita prima della macellazione. Mangiano ciò che dà loro il bosco, la natura e parte dei raccolti dell’azienda biologica annessa alla Tenuta, e quindi grano, avena, orzo favino e legumi: alimentazione che determina la qualità della carne.

Altro punto di forza sicuramente sono i salumi di cinghiale perché, avendo un’azienda faunistico venatorio, facciamo una caccia di di contenimento, perfetta per una carne con basso livello di endorfine e stress.

About BORGO SELVAGGIO 2024

Borgo Selvaggio – aggiunge Onorato – è stata una bellissima esperienza perché è immervisa e totale all’interno del bosco. Mangiare, annusare, guardare, godere praticamente della dimensione boschiva in tutte le sue forme, sia dall’aspetto visivo, sia gustativo e olfattivo.

Le prime tre tappe sono state magnifiche e faremo sicuramente “Borgo selvaggio 2024”, ti posso anche già anticipare dei periodi, che saranno fine maggio e metà settembre. Lo stiamo definendo proprio in questo periodo, comprese le collaborazioni con gli chef che ci daranno la propria disponibilità.

Tenuta Borgo Santa Cecilia

 Frazione Montelovesco Strada Provinciale 206 al km 15,500, 06024 Gubbio PG

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