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Donne del Vino: storie e racconti delle imprenditrici vitivinicole del Lazio

vigna

Chi sono le Donne del Vino del Lazio? Il nostro racconto a tappe attraverso vigne e storie imprenditoriali al femminile.

Ci sono degli angoli che vale la pena visitare nella Regione Lazio, una terra ricca di cultura, storia e interessi. A questo proposito ci fermiamo sulla storia o, comunque, su quello che sono riuscite a organizzare le Donne del Vino del Lazio, ovvero un’organizzazione che è composta da donne e che comporta una particolare attenzione alle produttrici per promuovere il loro ruolo nel del Vino nella Società e nel Lavoro.

La prima tappa che siamo andati a visitare nella parte semi vulcanica del nostro territorio riguarda la cantina Omina Romana. Il nome scelto ci porta ad ovvie considerazioni di tipo latino. È un’azienda che ha almeno 10 anni di attività, comprata nel 2007 dalla Famiglia Boerner, ma seguita dalla figlia Katharina, assieme a Paola e ovviamente l’enologo Simone Sarnà. Sono 14 i tipi di vino prodotti con peculiarità di essere diversi di annata in annata. Vengono conservati in acciaio. La scelta del logo non è casuale, una fenice, intesa come un presagio. Azzeccata anche la scelta di nomi di fantasia dei vini che riguardano soprattutto la tradizione degli Dei latini. Alcuni riscontri ci sono stati sui vari tipi di bianchi Sauvignon ma anche Chardonnay della linea Omina Romana, ma come vino di punta rosso chiaramente non manca il Cesanese. C’è anche un tipo di vino per i mercati internazionali nella linea Ars Magna e una linea Top con il Ceres Anesidora I.

Proseguendo il percorso c’è l’Azienda Agricola Biologica Donato Giangirolami anche se poi in realtà è gestito dalle figlie Laura, Chiara e Federica. Qui non mancano certamente alcuni assaggi di valore come la Malvasia Puntinata e il Pancarpo, un nero buono di prestigio territoriale. L’azienda si compone di tre corpi, due ricadenti nell’area dei Castelli Romani e uno nella zona di Cori. Circa 80 ettari di cui 38 sono coltivati a vigneto e il resto a frutteto in particolare kiwi. Da sottolineare che dal 1993 il metodo di coltivazione è quello dell’agricoltura biologica che, come sappiamo, è senza l’ausilio di prodotti chimici di sintesi e di trattamenti per la concimazione il tutto per rispettare l’ambiente. Di questi tempi non è poi così facile arrivare a certi risultati.

Proseguendo il viaggio a metà strada tra la pianura Pontina e i Castelli Romani troviamo Cori, un interessantissimo centro anche di storia e di cultura con tanti riferimenti storici conosciuti come Cincinnato. A tal proposito ci troviamo in un’Azienda composta da 105 soci, tra cui Giovanna Trisorio, persona molto accogliente, una vera padrona di casa. Nella splendida cornice del Wine Resort s’intende il modus operandi dell’azienda vinicola. Piacevolmente ospitati ci ha parlato della lunga storia dell’azienda, iniziata addirittura dal 1947, a cominciare dal nome Cincinnato, ovvero il console di Roma che, si presume, abbia molto probabilmente finito le proprie mire egemoni proprio nella cittadina di Cori. È un’azienda fondamentalmente costituita da una cooperativa di soci con protocolli di produzione molto rigidi basati su forti criteri di sostenibilità per circa 268 ettari. Tra i vini c’è ovviamente il Cesanese ma anche alternative molto valide come il Nero Buono e il Bellone che rispecchiano il territorio, e alcune novità ovvero il Bombo, spumantizzato rosato, circa 3 mesi sui lieviti. L’azienda produce circa 950.000 bottiglie all’anno e tra i vari tipi di vino possiamo citare Enyo e Quinto, ma anche l’Ercole e il Kora perché rispecchia soprattutto il territorio di cui fa parte.

Di seguito spostandoci verso Genzano troviamo l’Azienda Agricola Biologica Jacobini che riflette una tradizione che risale addirittura dal 1600, con dei manoscritti e reperti unici che riflettono tutta l’evoluzione storica della Famiglia Jacobini ben esposta da Nina Francis Farrell. La vigna si sviluppa verso la parte dei Colli Albani dove ci sono i laghi di Albano e Nemi. Qui ci soffermiamo sul posto anche perché la tenuta vorrebbe realizzare un prodotto con tutte le sfumature del territorio. Sicuramente lo Jacobini IGT Lazio 2022 è sulla buona strada, un vino bianco che caratterizza il nostro territorio con punte tropicali, sapore di agrumi, sapidità e mineralità equilibrata, che assapora la parte vulcanica.

Andando avanti verso Esperia troviamo le Vigne Toniche. Si tratta di un’azienda a conduzione familiare da quattro generazioni. Il grande spirito di questa tipologia di vigna, che Stefania Vallone e suo fratello Roberto sanno valorizzare, impreziosisce un territorio che ha ancora ampi margini di crescita. Il raspato tipico vino di queste zone con Olivello e il Reale di Esperia caratterizzano la cantina e il territorio, ma l’aspetto più apprezzabile è lo sforzo di non perdere vecchie tradizioni vinicole della regione.

Il nostro percorso prosegue verso la zona di Santa Maria della Mole esattamente a Marino ai Castelli Romani. Il riferimento è una cantina che ha un nome latino Parvus Ager ovvero piccolo carro. Aldilà dell’accoglienza e della simpatia della produttrice Silvana Lulli, nipote del fondatore Silvano, dal 1980 possiamo riscontrare una costante presenza sul territorio. Parliamo di 30.000/40.000 bottiglie l’anno, curate dall’enologo Paolo Peira, dove si può riscontrare una certa importanza anche perché rientra nel Consorzio Roma D.O.C. Questa cantina ha tutto, rispecchia storia, cultura, tradizione perché confina sull’Appia Antica ed è il prodotto di una famiglia che ha cercato di valorizzare il territorio, anche fuori dai confini provinciali, eliminando vecchie tradizioni che negli anni ottanta hanno penalizzato fortemente l’area dei castelli puntando sulle quantità invece della qualità. Adesso è il momento di togliersi vecchie ruggini e il nuovo modo di concepire la cantina oggi è, non solo valorizzando il terroir con una qualità importante, ma anche dare una visione diversa di visitare la cantina organizzando eventi che attraggono delle bellissime serate notturne, con un percorso di 2km in cuffia e giochi di luce in vigna, con una configurazione della storia antica di Roma e del rapporto con il vino, ma anche un amore infinito della famiglia Lulli per la propria terra, a cominciare dai nonni fino ad arrivare ai nipoti, in particolare Silvana, che sta coraggiosamente tentando di dare una collocazione extra regionale al proprio vino. Questo messaggio è stato ben recepito e sicuramente molto apprezzabile.

Proseguendo nel nostro percorso e spostandosi leggermente più a sud in direzione Terracina esattamente Monte San Biagio riscontriamo l’Azienda Agricola Valle Marina, 5 ettari vitati, anche qui l’antica tradizione della vinificazione D.O.C. e I.G.P. prende il via. La produzione non poteva che rivolgersi verso l’uva Moscato, annoverata nel catasto nazionale con il nome di Moscato di Terracina dove chiaramente rispecchiano sia nel 2019 che nel 2021 una parte di territorio dove si sentono anche gli antichi sapori della terra che la circonda. Decisamente rilevante è anche l’impegno alle Donne del Vino del Lazio, in particolare a Manuela Zennaro, per averci accompagnato durante il tour, per la mission, ma soprattutto per cercare far conoscere e dare valore ad una Regione, il Lazio, che ha un territorio storico, ma molto vasto e dispersivo, ma che comunque fa parte da sempre della storia del vino, dal mondo antico fino ai giorni nostri.

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