Magazine di ristorazione e itinerari enogastronomici
Chef

Fabio Sgrò:« così nasce il mio sodalizio con la storica insegna delle Langhe Guido da Costigliole»

Tradizione, ricerca e tanto rispetto per il territorio. Guido da Costigliole è un progetto che nasce negli anni ’60 ma che ha saputo rimanere al passo con i tempi grazie alla lungimiranza della proprietà e a uno chef, Fabio Sgrò, che ne ha sposato la filosofia. Noi lo abbiamo intervistato e ci siamo fatti raccontare qualche dettaglio in più della sua proposta.

Situato in un antico monastero del XVII secolo a Santo Stefano Belbo (CN), nel complesso del Relais San Maurizio, il ristorante stellato Guido da Costigliole porta con sé tanta tradizione e ricerca con a cuore il suo territorio, le Langhe.

La storia

Il progetto ristorativo nasce con Guido Alciati e sua moglie Lidia negli anni ‘60 con il primo ristorante a Costigliole d’Asti (AT), aperto unicamente su prenotazione alla sera. Negli anni ‘70, con l’arrivo delle prime due stelle Michelin, le redini del ristorante passano nelle mani dei figli i quali divisero l’immenso patrimonio culinario in due: da una parte Guido Ristorante nel villaggio di Fontanafredda a Serralunga d’Alba (CN), dall’altra il ristorante Guido da Costigliole a Santo Stefano Belbo (CN).

Quest’ultimo, oggi è coordinato dallo chef Ugo Alciati insieme all’Executive Chef Fabio Sgrò, al sous chef Fulvio Tosi e ad Andrea Alciati con Monica Magnini, i quali curano ogni dettaglio, dalla sala alla cantina composta sia da grandi etichette che di piccoli produttori del territorio.

Guido da Costigliole

Oltre alla suggestiva terrazza Monterosa, che offre la vista sulla cucina e sulle Langhe, il ristorante Guido da Costigliole si compone di due accoglienti sale interne – una a corridoio e una più piccola e raccolta – caratterizzate da volte in pietra portanti a vista, mise en place semplice e curata e tante opere d’arte che rendono la location più personale e vivace.

Sono proposti quattro differenti menù di degustazione: il menù stagionale Tartufo di tre portate (290 euro a persona), il tradizionale Lidia & Guido Costigliole 1961 di quattro portate (130 euro a persona), il menù della tradizione secondo lo chef Fabio Sgrò di quattro portate (130 euro a persona), il menù di pesce Acqua Dolce Salata di quattro portate (130 euro a persona) e il menù vegano Un giorno da vegano di quattro portate (130 euro a persona). Il percorso degustazione vini abbinato a ogni menù varia dai 70 ai 150 euro a persona.

fabio sgrò
Raccontaci di te, da quando hai iniziato fino all’esperienza all’interno del Ristorante Guido da Costigliole

«Ho iniziato come primissima esperienza nel locale dello chef stellato Massimo Camia a Barolo. Poi ho avuto esperienze in vari stellati come Davide Palluda, La Barrica a Oulx (TO) e da Gualtiero Marchesi. In seguito ho stazionato per tre anni presso il ristorante Marcelin a Montà d’Alba (CN) e, dopo quest’ultima esperienza, sono partito – quasi per scherzo – per la Cina, precisamente ad Hong Kong, e lì ci sono rimasto per quattro anni. Dopo la mia esperienza in Oriente sono tornato, ho conosciuto Ugo Alciati e ho fatto l’apertura alla Rocca di Arignano (TO). Poi è arrivata l’occasione di poter lavorare da Guido da Costigliole ed eccomi qui!»

Parlaci dei tuoi anni in Cina e di quanto hanno inciso sul tuo percorso di crescita professionale

«L’esperienza in Cina è entrata fortemente anche nella mia vita personale. Ho cambiato radicalmente il modo di approcciarmi alle persone, al lavoro. Prima ero molto più impulsivo, mentre a Hong Kong impari a essere molto più pragmatico e pacato, anche nell’avere a che fare con i colleghi. A livello culinario, qui il menù di Guido da Costigliole ha subito delle piccole influenzi cinesi, dalle salse, al modo in cui vengono legate, ai profumi e, fino a poco tempo fa, erano presenti dei ravioli gyoza in versione cinese e vegana».

E da Guido da Costigliole stai riuscendo a far coesistere tradizione e innovazione…

«Sì esatto, anche perché non stiamo parlando di uno stravolgimento. Ogni cosa che si va a fare deve essere qualcosa che accompagni, non deve essere un prendere tutta la storia, accartocciarla e dimenticarla. Abbiamo un menù tradizionale che è il loro da tantissimo tempo dove sono state apportate piccole modifiche, come la cottura in minor tempo del vitello e leggermente più acida la salsa tonnata, i plin leggermente più saporiti di prima, ma in sostanza non abbiamo cambiato nulla.

Abbiamo invece modificato tutto il resto: abbiamo un menù tradizionale leggermente rivisitato dal nome Tradizione di Fabio Sgrò, un menù di pesce e uno vegano in cui vengono inseriti tutti i piatti che vengono modificati o sperimentati».

Come avviene la scelta delle materie prime?

«La scelta delle materie prime non va oltre al Piemonte. Ci spingiamo fino ai laghi piemontesi per il Lavarello e in Lombardia, non di più. Abbiamo voluto fare un cambiamento totale perché credo molto nei pesci di lago e di fiume e sì, è vero che qui 10 milioni di anni fa c’era il mare, però non è più una tradizione che ci appartiene. Disponiamo di produttori molto piccoli, come quello di Motta che si occupa del 90% delle verdure, per i formaggi ci interfacciamo con un piccolo produttore, per il pesce ci affidiamo a un’azienda agricola che è più piccola di questo ristorante. Noi siamo nella parte di Langa in cui c’è ancora tanto bosco, quindi le persone credono ancora nell’allevamento, nel fare l’orto in un certo modo, non è tutto votato alla viticoltura. Ci sono anche tanti giovani che stanno provando a fare bene, quindi noi vogliamo affiancarci a loro e cercare di formare un team tutti insieme. Inoltre qui cerchiamo di non prendere molto dalla GDO perché un’anatra deve sapere di anatra, ma non nego che certe volte abbiamo avuto dei problemi, soprattutto con i turisti, i quali magari sono abituati a gusti più delicati, ma noi sappiamo cosa vendiamo e spieghiamo al cliente che magari una piccola imperfezione può diventare un punto di forza del piatto».

Qual è il processo creativo nell’ideazione dei piatti di Fabio Sgrò?

«I menù alla carta vengono studiati tempo prima, mentre gli extra “oggi ho voglia di fare questo”, lo compriamo e lo prepariamo. Un esempio è il pollo ruspante, un piatto fuori menù che una volta abbiamo fatto per noi ed era venuto particolarmente bene e l’abbiamo messo negli extra».

Infine raccontaci della tua squadra all’interno di Guido da Costigliole

«Io mi approccio sempre con il mio sous chef Fulvio Tosi: con lui decido il 99% del da farsi, mentre l’1% lo dedico ad ascoltare gli altri componenti della brigata, però dobbiamo essere soddisfatti io e lui per primi. Ascoltiamo di tutto e di tutti, però il resto della brigata è composta da ragazzi molto giovani che vorrebbero osare troppo e quindi dobbiamo riportarli un po’ con piedi per terra. Siamo un ristorante che fa dai 40 ai 50 coperti, non vogliamo arrivare a diventare un ristorante minimalista: noi crediamo ancora nella porzione generosa e saziante. Quando i ragazzi consigliano di togliere qualcosa o propongono altre modifiche sottrattive, non è tanto nella nostra filosofia di oggi, quindi vogliamo tenere il filo conduttore di una volta».

Articoli correlati

Paolo Griffa: lo stupore salverà il mondo

Annalisa Leopolda Cavaleri

Giuseppe Stanzione: “Bisogna dare il meglio di sé nelle difficoltà e non mollare”

Camilla Rocca

CAPRI – NEW YORK e Ritorno: Ristorante D’Amore alla James Beard Foundation

Sara De Bellis