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Feudo Disisa, la splendida culla nella Conca d’Oro tra leggende, tesori e vini di qualità

feudo disisa

Una giornata immersi nell’incantevole vallata di Feudo Disisa alla scoperta della sua storia, dell’inestimabile patrimonio enologico e dei prodotti coltivati in questa fertile terra.

Se vi trovate a passare – altrimenti andateci di proposito – nel territorio di Monreale, perla del patrimonio artistico e culturale siciliano in provincia di Palermo, ad un’altitudine di 400-500 metri sul livello del mare, dovete assolutamente visitare il Feudo Disisa, azienda di proprietà della famiglia Di Lorenzo da oltre un secolo. 

Feudo Disisa, la storia

Qui la fertilità dei terreni, fin dall’antichità, ha dato origine a una leggenda circa l’esistenza di un tesoro noto come “Lu Bancu di Disisa” di cui parlano i grandi studiosi siciliani di tradizioni popolari Salvatore Salomone Marino e Giuseppe Pitrè. Si tratta di un tesoro costituito da monete d’oro e d’argento  che si troverebbe nella grotta del feudo di Disisa e che sembra non possa essere trasportato fuori pena la perdita della strada del ritorno a meno che non si compiano dei sacrifici umani ed animali. 

Al di là della leggenda in realtà, a Disisa, il tesoro c’è davvero. Non è un caso, infatti, se l’origine del nome “Disisa” derivi dalla parola araba “Aziz” che vuol dire “la splendida” dal momento che, già nel 1200, quando la Sicilia era terra di conquista, gli emiri che venivano dal deserto cantarono le bellezze dell’agro più fertile della Conca d’Oro, ricca  d’acqua e d’ombra, profumi, fiori, frutti e  terreni coltivati.

In seguito, in epoca normanna, Guglielmo II donò la masseria, che era stata lì edificata all’Arcivescovo di Monreale che, a sua volta, la diede, poi, in gestione ad una famiglia dell’aristocrazia palermitana a cui autorizzò la coltivazione della vigna (vietata nelle altre masserie della zona). Con l’abolizione dei privilegi feudali, il feudo fu acquistato dall’arciprete Nicolò Di Lorenzo e, da allora, la sua storia è strettamente legata alla famiglia Di Lorenzo.

Nel tempo la vocazione autentica dei terreni unita all’impiego delle tecnologie più avanzate, è riuscita a trasformare gli originali pascoli e seminativi in lussureggianti vigneti ed uliveti. Grazie alla passione e dedizione della famiglia di Lorenzo, l’azienda ha subìto intorno agli anni Quaranta la sua prima grande trasformazione in seguito all’ampliamento  sia delle viti che degli ulivi e cambiato radicalmente il volto del territorio, sia dal punto di vista agricolo che economico-sociale, distinguendosi per l’alta qualità dei suoi prodotti ottenuti grazie ad un sapiente mix di ricerca, innovazione e rispetto della tradizione. 

Feudo Disisa ai nostri giorni

L’Azienda, che in passato si estendeva fino a 700 ettari, oggi ne possiede  400 e ricade nell’area del DOC Alcamo e DOC Monreale per quanto riguarda la produzione vitivinicola mentre per la produzione oleivicola è inserita nel comprensorio della DOP “Val di Mazara”.

feudo disisa

Fin dagli anni Settanta la proprietà, in collaborazione con l’Istituto Regionale Vini ed Oli di Sicilia, ha  verificato l’adattamento ai terreni ed al clima siciliano dei più importanti vitigni nazionali ed internazionali con diversi esperimenti “pionieristici” che hanno portato a risultati davvero sorprendenti. Piantare lo Chardonnay o il Muller Thurgau in Sicilia, infatti, non era un’impresa facile, ma si trattava di una sfida stimolante, grazie alla quale Disisa può vantare il primo e più vecchio vigneto di uve Chardonnay della Sicilia che grazie alla  felice combinazione di terroir, clima e sole unita al lavoro degli uomini che vi si sono dedicati con abnegazione, ha acquisito una spiccata personalità caratterizzata da profumi inconfondibili in grado di rappresentare il territorio.

Se, da una parte, Disisa è zona d’elezione di vitigni internazionali che qui  hanno trovato la propria “culla accogliente” dall’altra è anche “madre amorevole” degli autoctoni come il Perricone, il Nero d’Avola e il  Catarratto, che in purezza da vita a Lu Bancu Catarratto Monreale DOC 2019, uno dei fiori all’occhiello di Feudo Disisa, che, di recente, ha  conquistato, infatti, la “Corona”, massimo riconoscimento assegnato all’interno della guida Vinibuoni d’Italia 2021, a cura del Touring Club Italiano. Un importante traguardo che si aggiunge ai 95 punti ottenuti recentemente nel wine tasting della Giuda Essenziale ai Vini d’Italia 2021 di Doctor Wine, condotto da Danielle Cernilli, riconosciuto come massimo esperto e critico di fama internazionale nel mondo del vino. 

La vendemmia

La vendemmia 2020 di Feudo Disisa ha beneficiato di un inverno mite e di una primavera caratterizzata da abbondanti piogge – intervenute tra i mesi di maggio e giugno – che hanno anticipato leggermente l’intera raccolta nel territorio della DOC di Monreale. Il primo vitigno ad essere vendemmiato, a cavallo tra fine luglio e i primi giorni di agosto, è stato lo Chardonnay per gli internazionali. In seguito, l’azienda guidata da Mario Di Lorenzo, insieme al padre Renato, ha proseguito con la raccolta delle uve bianche di Grillo, dove si è registrata una leggera crescita produttiva rispetto al 2019. Ottimi risultati anche per il Catarratto che si conferma, tra gli autoctoni della Doc di Monreale, tra i più interessanti ed innovativi. In generale la vendemmia 2020 è stata abbastanza regolare con un leggero incremento produttivo e uve di grande qualità.

Siamo soddisfatti degli standard qualitativi raggiunti  che premiano il nostro lavoro in vigna. La vendemmia di quest’anno è stata caratterizzata da uve sane e perfettamente integre, per una leggera crescita produttiva che migliora il trend degli ultimi cinque anni” ha spiegato Mario Di Lorenzo in occasione del Press Day organizzato lo scorso 22 settembre. 

Prevediamo bianchi dai grandi profumi, caratterizzati da una buona acidità –  ha proseguito Tonino Guzzo enologo di fama internazionale che collabora con l’azienda Disisa da dieci anni– . Durante la fase di pre-maturazione, nei giorni consecutivi di caldo, in alcuni casi si è provveduto ad irrigazioni di soccorso poiché sono convinto, contrariamente a molte teorie enologiche, che la vite dia il meglio di sé quando sta bene e non quando è in sofferenza.  Entro la fine di settembre termineremo la  vendemmia con la raccolta delle uve più tardive di Perricone e  Cabernet”.

Per le uve rosse la qualità è apparsa sin da subito eccellente e lo stato sanitario di altissimo livello. Il rapporto polpa buccia assicurerà, per la vendemmia 2020, un apporto di profumi e sentori ben delineati, con una tendenza verso vini ancora più longevi ed eleganti. In questi giorni – concludeMario Di Lorenzo – stiamo terminando la raccolta delle varietà a bacca rossa; in generale registriamo una vendemmia alquanto regolare, caratterizzata da uve sane e perfettamente integre. Forse la più bella degli ultimi cinque anni”.

I vini degustati

Grillo 2019. Giallo paglierino. Il naso è snello e pulito  con gentili note di frutta e fiori bianchi. In bocca il sorso rivela una spiccata acidità che non ne compromette, tuttavia, l’equilibrio. Chiude con un bel finale dalla lunga persistenza.

Lu Bancu 2019. Giallo paglierino brillante. Vinificato in purezza, offre al naso note floreai di sambuco, fruttate di pesca bianca e agrumate. Il sorso è  fresco ed armonico al palato e mostra un buon potenziale di longevità. 

Lu Bancu  2016. Il colore giallo paglierino mostra un vino in forma nonostante l’età. Il naso ne conferma l’ottimo stato con piacevoli note floreali e di frutta a polpa gialla ingentilite da lievi sentori burrosi. Il sorso fresco, sapido e minerale è ulteriore prova della resistenza al tempo di un vino che non mostra segni di cedimento. 

 Chardonnay 2019 il passaggio in legno di questo vino lo ingentilisce senza, tuttavia, cambiarne i connotati mostrano integrità all’olfatto di fiori e frutti bianchi. Anche il sorso conferma il bel lavoro compiuto dalla barrique che nel tempo continuerà a fare il proprio corso. 

Granmassenti Perricone 2017. Rosso rubino. Al naso frutti rossi e spezie miste come cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Bocca dal sorso pieno ed intenso che evidenzia un tannino robusto ma ben estratto. Il tempo farà il resto. 

Granmassenti Perricone 2015, Rosso rubino intenso. Naso di  frutti di bosco e spezie miste indurite da sentori di rabarbaro. In bocca il sorso è fruttato e persiste restando impresso  a lungo al palato. 

Roano Syrah 2016 Rosso rubino profondo. Naso di mora selvatica e frutti di rovo. In bocca la texture è vellutata e il sorso pieno riempie il palato con grande intensità. Chiude con una elevata persistenza. 

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