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La rinascita del Vermouth, l’aperitivo per eccellenza, nato all’ombra della Mole

vermouth

Erede dei vini Ippocratici, nato (almeno per come lo conosciamo oggi) ad opera di Antonio Benedetto Carpano più di 200 anni fa come liquore digestivo, il Vermouth, è diventato l’aperitivo per antonomasia. Oggi è tornato protagonista nei bicchieri di mezzo mondo. Vi raccontiamo la sua storia e vi suggeriamo quattro Vermouth italiani assolutamente da provare

Ignorato per molto tempo dalle mode, oggi è tornato in auge ed è protagonista di una vera e propria tendenza che coinvolge non solo l’ora dell’aperitivo, ma, declinato nei vari cocktail, momenti diversi della giornata e della notte. Di chi parliamo? Del Vermouth!

Si fa generalmente risalire il suo nome al tedesco Wermuth, cioè “assenzio” (Arthemisia absinthium), erba medicinale molto diffusa nel nostro Paese (soprattutto nelle regioni dell’arco alpino), ingrediente principale insieme alla genziana, di questo vino aromatizzato e fortificato.  

La storia

Le prime notizie ufficiali sui vini aromatizzati ci giungono da cronache greche e romane. Sebbene fossero un’invenzione ellenica, in quanto citati da Aristotele (384-322 a.C), ebbero la loro consacrazione negli scritti di Apicio (25 a.C-37d.C), il noto buongustaio romano che descrisse il “defrito” una salsa ottenuta con mosto cotto, il “mulso” mosto legato con miele ed il “Conditum Paradoxum” fatto con datteri e spezie. Il “vinum ellenicus absinthiatum” o vino Ippocratico prende il nome del famoso medico Hippocrate (460-370 a.C.), padre putativo della medicina, non tanto perché ne abbia trascritto la ricetta, ma dal fatto che per filtrarlo si utilizzavano le famose “maniche di Ippocrate” una sorta di imbuto chiuso fatto con tessuto che aveva il compito di trattenere le spezie. Il primo autore italiano che parli di vini ippocratici è Villifranchi nella sua Oenologia toscana (1773), ma quello che oggi siamo abituati a bere e che abbiamo imparato a conoscere ha natali sabaudi ed è stato creato nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano nella storica liquoreria torinese di Piazza Castello.

Per vermouth intendiamo un prodotto composto per il 75% da vino, aromatizzato con un’infusione di alcol, zucchero, spezie e diverse botaniche (gli elementi utilizzati per aromatizzare). Immancabile, come abbiamo già ricordato, l’assenzio, spesso presenti cannella, cardamomo, china, coriandolo, fave tonka, marrobbio, noce moscata, rabarbaro, vaniglia e diverse altre (si arriva a oltre 40) botaniche. In genere erbe e spezie rimangono a macerare per un mese, poi l’estratto viene miscelato all’alcol e unito al vino. Dopo altri 6 mesi il vermouth è pronto. All’interno dei confini nazionali, lo si produce prevalentemente in Piemonte, ma anche in altre regioni italiane (Toscana, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Emilia Romagna e di recente anche Umbria e Puglia)  è andata affermandosi nel temo, in mancanza di un disciplinare che ne tutelasse la denominazione geografica, una tradizione di tutto rispetto.

Dal 22 marzo 2017, un decreto (il 1826) finalmente riconosce l’indicazione geografica Vermouth di Torino e ne definisce un disciplinare di produzione specifico che lo vuole realizzato a partire da uno o più prodotti vitivinicoli italiani, aggiunto di alcol, aromatizzato prioritariamente da artemisia unitamente ad altre erbe e spezie raccolte su suolo piemontese. Ovviamente ogni casa ha la sua formula, custodita gelosamente, in cui, all’artemisia unisce spezie ed erbe in infusione per firmare con originalità e sapienza artigiana la propria creatura.

Le tipologie

Si distinguono varie tipologie di Vermouth: il Bianco, molto delicato, dolce e aromatico. Il Rosso, che presenta un aroma più intenso e un retrogusto amarognolo. Il Rosé (pressoché introvabile), dal sapore piacevole, fruttato e un leggero retrogusto amaro. Infine il Dry, dall’aroma simile ai vini invecchiati, meno dolce degli altri e maggiormente alcolico. Il Vermouth va conservato come fosse un vino pregiato, ma attenzione a non lasciarlo in cantina troppo a lungo, perché le spezie presenti potrebbero perdere la loro fragranza ed intensità.

Un utilizzo versatile

Il Vermouth viene spesso servito come aperitivo, ma anche come digestivo. Se liscio, deve essere ghiacciato o servito con ghiaccio; tradizionalmente, quello Bianco con una fetta di limone e quello Rosso con una fetta di arancia. Il Vermouth è alla base di una miriade di cocktail di fama internazionale. Ma il Vermouth è anche protagonista in cucina, dove viene usato per smorzare o insaporire ripieni, farciture, salse e marinate. Ovviamente anche negli abbinamenti, il Vermouth è molto versatile: il dry può essere un compagno intrigante, quando non perfetto con ostriche gratinate oppure con affumicati di pesce e salmone selvaggio. Tra i dry quelli prodotti da uve neutre si sposano bene sia con il pesce sia con la carne bianca, in particolare pollo e maiale e possono anche essere usati come alternativa al vino bianco quando una ricetta lo richieda. I vermut rossi, più caramellati, sono partner ineguagliabili con scorze di agrumi caramellate. I bianchi a base Moscato si sposano perfettamente con i formaggi erborinati e quelli tra di essi più dolci si abbinano naturalmente ai dolci lievitati della tradizione.

Senza voler fare classifiche, ve ne proponiamo quattro italiani (uno dei quali umbro) che secondo noi dovreste assolutamente provare.

Antica Formula Carpano

Forse “il” Vermouth italiano per eccellenza perché porta sull’etichetta il nome dell’inventore del vino aromatizzato e ancora rispecchia, appunto, l’antica ricetta del 1786. Intenso e profondo, con le caratteristiche note di vaniglia, frutta candita e zafferano. Sorso estremamente pulito e gradevole: in bocca emerge la marasca sotto spirito, il dragoncello, l’arancia amara e un lieve sentore di salvia che allunga la piacevolezza complessiva.

Vermouth del Professore Jamaican Rum Cask Finish

Vermouth di Torino prodotto sotto l’egida di Carlo Quaglia, noto distillatore piemontese, insieme a uno dei migliori bar da cocktail italiano, il Jerry Thomas Speakeasy di Roma (Jerry Thomas è considerato il pioniere nel bere miscelato in Usa, spesso soprannominato “Il Professore”), invecchiato in botti piccole di rum giamaicano per un totale di sole 341 bottiglie prodotte. Naso molto ricco, con evidenza di frutta bianca e prugne macerate. Sorso leggermente scomposto, ma reso poi ammaliante dai sentori di vaniglia. Pervasivo e incisivo, caratterizzato dall’unione delle note distintive del distillato con quelle del Vermouth.

Riserva la Venaria Reale di Giulio Cocchi

Realizzato per i 125 anni dalla fondazione di casa Cocchi, è un vermouth limpido e dalla grande complessità sostenuta da un’indole balsamica declinata dalle note di china, artemisia e rabarbaro. Bocca fresca che invita al sorso successivo, con una lunghezza commisurata alla molteplicità di sensazioni, tutte ben bilanciate e coerenti con il profilo aromatico. Ottimo in purezza o nella miscelazione con malti invecchiati.

Vermouth Numero Uno Raina

Vermouth artigianale ottenuto a partire da un vino base realizzato con sole uve umbre (Sagrantino e Trebbiano) seguendo i principi della biodinamica, e successivamente aromatizzato con spezie ed erbe aromatiche (china, genziana, rabarbaro, cannella) e addizionato di zucchero di canna ed alcol. Ha colore rosso rubino estremamente scuro e brillante. Il patrimonio aromatico è ricchissimo e propone note di liquerizia, china, genziana, cannella, rabarbaro e agrumi in un incessante e ritmico susseguirsi, il tutto impreziosito da accenni balsamici. Il sorso è estremamente armonico, e fa di morbidezza ed intensità i suoi punti di forza. Lunghezza pressoché interminabile, con finale intrigante sempre al confine tra dolce e amaro.

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