Magazine di ristorazione e itinerari enogastronomici
ChefNotizieRistoranti

Mattia Bianchi, la nuova stella a Villa Amistà

Mattia Bianchi ci racconta i nuovi progetti al Byblos Art Hotel di Villa Amistà.

Mattia Bianchi è il nuovo chef del Byblos Art Hotel di Villa Amistà, che finalmente ha visto il coronamento della stella nella cinquecentesca villa di Corrubbio di Negarine. Una villa che racchiude varie epoche e che custodisce una preziosissima collezione permanente di arte moderna e contemporanea.

L’arte nel menu dello chef Mattia Bianchi

Custodito all’interno di un parco di 20 ettari con un giardino all’italiana, alberi secolari e fontane in marmo di Verona, al Ristorante Amistà Mattia Bianchi sa sapientemente selezionare il meglio delle materie prime venete
per una cucina rispettosa dei valori della tradizione, elegante e vocata alla ricerca della genuinità, senza estremismi o sperimentazioni fini a se stesse, ma concreta e autentica, basata su sapori veri e rassicuranti.

Il fil rouge artistico è la peculiarità del Ristorante Amistà, sia nei piatti dello chef Mattia Bianchi, che nella straordinaria collezione di arte contemporanea, permanentemente esposta in Villa, che rappresenta un unicum nel panorama internazionale.

Ma come ha affrontato lo Chef questo lungo lockdown? E quali sono le sue aspettative per questa esperienza al Byblos? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui.

Come ti senti dopo un anno di lockdown? Tre aggettivi per descriverti.

“Quest’anno passato distante dai fornelli mi ha dato quasi un senso di smarrimento. La mia routine quotidiana è cambiata radicalmente. La cucina, che da sempre è il mio punto di riferimento fin dal risveglio, è stata la mancanza più grande, così anche le relazioni con i clienti e i fornitori.

In questo momento mi sento ancora in evoluzione. Giorno dopo giorno divento più consapevole, motivato e rispettoso del mio lavoro. Questo incarico è un’importantissima occasione di affermazione professionale e sono determinato a investire tutte le mie energie per ottenere risultati importanti”

E tre aggettivi per descrivere il mondo della ristorazione ora?

Partirei sicuramente dall’aggettivo “euforico” per il fatto che nell’ultimo anno, purtroppo, non c’è stata la possibilità di portare avanti i progetti e rimettersi in gioco dopo tanto tempo da uno stimolo in più.

Sensibile, perché tutti abbiamo imparato a non dare per scontato le cose che ci sembravano più immediate. Anche un pranzo o una cena al ristorante è diventato un momento di convivialità unico.

Passionale. Chiunque di noi ha avuto modo di riflettere sull’importanza del mondo della ristorazione. Per questo, si è creata una grossa aspettativa nei confronti delle riaperture. Noi ristoratori dobbiamo avere una grande attenzione per questo periodo e cercare di far rivivere al meglio i momenti persi, con volontà, dedizione e, per l’appunto, passione”.

Per quest’anno e per il prossimo, come sta cambiando e cambierà il mondo della ristorazione?

Credo che qualità sia la parola d’ordine. Sono convinto che le realtà senza un’identità ben precisa e senza un progetto chiaro rischino di fare molta fatica nella ripresa. La clientela è sempre più esigente. In un momento come questo che ha fermato tutte le attività legate ai momenti di piacere, non vuole accontentarsi, ma pretende di vivere un’esperienza eccellente, sia nella forma che nella sostanza”.

C’è voglia di tornare al ristorante?

Come anticipavo prima con la riflessione sull’euforia, la voglia di tornare al ristorante è tanta, sia da parte di noi professionisti del settore che non vediamo l’ora di riportare alla luce tutte le idee dell’ultimo anno, sia per quanto riguarda i clienti. I momenti di restrizione sono stati tanti. Un anno di pandemia lascia segni indelebili e la voglia di tronare alla leggerezza e alla spensieratezza di un momento conviviale è impellente”.

Quali sono le soluzioni alternative che Mattia Bianchi ha trovato in questo anno e nel 2020?

“Per quanto riguarda la mia cucina, mi sono concentrato sullo studio e sulla scoperta di nuove materie prime per ampliare le mie competenze e inserire due nuovi menu degustazione per il Ristorante Amistà: Valpolicella e Ricordi, dedicato agli antichi sapori del territorio e Mattia un percorso innovativo che coniuga le esperienze nate dai miei viaggi all’estero. Per fortuna sono riuscito a mettere in gioco la mia proposta dal primo giorno di riapertura, grazie al giardino d’inverno del ristorante che ha potuto accogliere gli ospiti in tutta sicurezza”.

Che aspettative hai da questa nuova avventura al Byblos Art Hotel Villa Amistà?

“La mia aspettativa più importante è quella di mantenere e accrescere la qualità per consolidare la Stella Michelin ottenuta a fine dello scorso anno, attraverso una filosofia di cucina basata sulla ricerca, lo sviluppo e le caratteristiche della materia prima locale, lavorando in un’ottica sempre di più legata alla sostenibilità e all’integrazione con il territorio”.

Pensi che il 2022 possa essere il vero anno di rinascita per il Veneto e per la ristorazione italiana?

“Il 2022 probabilmente non riporterà in maniera così immediata il regime di due anni fa. La voglia di ripartire la percepisco dalla viva voce dei nostri clienti. Il prossimo anno non sarà importante solo per la ripresa economica, ma anche per quella legata alla sfera emotiva. Le persone che incontro in sala vivono la loro esperienza con gli occhi pieni di gioia e l’entusiasmo di chi si sta godendo una bella serata in libertà. Questo sentimento generale sarà il motore trainante per un bel po’ di tempo e porterà ricchezza al settore e all’intero territorio”.

Dopo la pandemia, hai pensato a degli adattamenti della tua cucina? Magari improntata al delivery o in ottica più alla portata di tutti?

Durante la pandemia non abbiamo affrontato il discorso legato al delivery perché abbiamo deciso di rimanere chiusi. La scelta che abbiamo fatto, in ottica della riapertura, è stata quella di puntare tutto sulla qualità. Non abbiamo mai previsto un passo indietro su questo.

I clienti se ne stanno accorgendo, apprezzando lo sforzo costante e l’amore che mettiamo nella cura della materia prima. Ogni piatto è una storia che va raccontata. La filosofia di cucina che caratterizza il Ristorante Amistà va nutrita costantemente sia attraverso l’elaborazione della materia, sia con un preciso lavoro intellettuale e di ricerca”.

Quanta era la vostra percentuale pre pandemia di turisti stranieri? Pensi possa essere compensata dall’Italia?

Prima della pandemia avevamo un’importante affluenza da parte dei Paesi extra europei come Stati Uniti e Russia. Quest’anno l’afflusso proviene da paesi interni all’Unione, ma soprattutto da abitanti del nostro territorio. Con gli spostamenti limitati, chi viaggiava all’estero ora si dedica alla scoperta delle zone vicine. Sono incuriositi dalle realtà a cui non avevano prestato abbastanza attenzione negli anni passati, magari concedendosi un’esperienza unica e speciale“.

Quali sono i tuoi progetti a lungo termine?

Il mio progetto è quello di continuare a concentrarmi sullo studio e sulla scoperta di nuove materie prime provenienti dalle piccole imprese locali. Consolidando il rapporto con queste realtà sono sempre sicuro di avere il miglior prodotto presente sul territorio, proveniente da una filiera che posso verificare quasi direttamente. In questo modo posso mantenere la qualità che serve per una Stella Michelin.

Un altro progetto in quest’ottica è quello di riuscire a mantenere aperto il ristorante tutto l’anno, anche nei mesi invernali. Per il Ristorante Amistà sarebbe una novità assoluta. Questo intenso lavoro di ricerca è stato intenso anche durante i mesi delle chiusure che hanno portato all’ideazione di due nuovi menu degustazione: Valpolicella e Ricordi, dedicato agli antichi sapori del territorio e Mattia un percorso innovativo che coniuga le esperienze nate dai miei viaggi all’estero”.

Articoli correlati

Food Up. In Brera la pausa pranzo per Gourmet Lovers

Annalisa Leopolda Cavaleri

PROXIMA: il Progetto in Trasferta firmato Franco Pepe. Pizza, Design e Gioco di Squadra al San Barbato Resort

Sara De Bellis

Mitù: il primo vero fine dining colombiano a Milano

Annalisa Leopolda Cavaleri