Sicilia tra fuoco, vino e incanto. Vi raccontiamo tre realtà di Etna DOC che raccontano le peculiarità di un terreno, calice dopo calice.
Il fascino de “A Muntagna”, come i siciliani chiamano l’Etna, ti stordisce. Così come l’energia che questo vulcano è capace di trasmetterti. Nel cuore della Sicilia, l’Etna domina il paesaggio e cattura lo sguardo da Catania a Taormina.
I suoi terreni neri, assetati e minerali e quei vigneti strappati al vulcano, grazie ai muretti di pietra lavica costruiti da mani sapienti, custodiscono vitigni autoctoni come il Nerello Mascalese, il Nerello Cappuccio e il Carricante – figli di lava e pendenze, pronti a trasformarsi in vini capaci di riflettere il volto mutevole del vulcano.
È qui che il vento racconta storie antiche e leggende, come quella del Gigante Encelado che volle sfidare gli Dei dell’Olimpo e che finì in mare soverchiato da un macigno enorme lanciato dalla Dea Atena, la Sicilia appunto, sotto cui ancora giace e sbuffa di tanto in tanto, causando terremoti ed eruzioni…
La pietra lavica e i suoi lapilli, la tipica escursione termica, l’altitudine e le 166 Contrade in cui la Denominazione Etna Doc, nata nel 1968, è stata suddivisa, sono la cornice da cui nascono vini profondi e vari: dai rossi eleganti, meditativi, ai bianchi vibranti e salini, fino ai rosati dal timbro spregiudicato. Un caleidoscopio enologico che racconta autenticità, geologia, tradizione e innovazione. Ogni cantina, con la propria visione, aggiunge una sfumatura a questo ritratto in continua evoluzione.
Con passo leggero, vi vogliamo accompagnare attraverso tre realtà molto diverse tra loro per dimensioni, filosofia e tipologia di vini, tre racconti complementari che raccontano, ciascuno a modo suo, la ricchezza inesauribile dell’Etna.
Palmento Costanzo: eleganza vulcanica e anima minerale


Situata nel cuore di Passopisciaro, sulla Contrada Santo Spirito, Palmento Costanzo è un omaggio allo “spirito” del territorio – un progetto che respira lava, storia e innovazione. Quando, nel 2011, Mimmo e Valeria Costanzo hanno ristrutturato l’antico palmento (la tradizionale struttura di pigiatura), hanno resuscitato una memoria: tra viti ad alberello prefillossera, muretti a secco e barrique, hanno dato vita a una cantina moderna, capace di produrre 220 mila bottiglie l’anno, che accoglie i turisti – soprattutto stranieri – tutto l’anno, per le degustazioni e gli abbinamenti. I loro 18 ettari – verticali, ripidi, da 600 a 800 m – utilizzano l’alberello etneo e sono divisi in diverse contrade, di cui Contrada Santo Spirito con i suoi 12 ettari è certamente una delle più importanti.
La vendemmia è manuale, i ceppi per ettaro sono tra i 5 e i 6 mila e l’escursione termica tra giorno e notte è di 15-20 gradi.
La Cantina produce diverse linee di vino: dal Metodo Classico al Mofete (rosso, bianco, rosato) ai preziosi cru “Nero di Sei” e “Di Sei”, alla linea Contrada (Santo Spirito e Cavaliere Bianco) fino al monumentale “Prefillossera” da viti centenarie.
Le varietà di uve prodotte vanno dal Nerello Mascalese al Nerello Cappuccio, dal Carricante al Catarratto.
Ci ha colpito il Contrada Santo Spirito Bianco 2021, composto da 90% di Carricante e 10% di Catarratto, di vigne vecchie circa 100 anni, con un affinamento in acciaio e per il 20% in tonneau di rovere francese per 12 mesi. Un bianco salino e vibrante minerale e avvolgente.
E certamente il Prefillossera 2020, un rosso le cui vigne superano i 110 anni, composto dal 95% di Nerello Mascalese e 10% di Nerello Cappuccio, affinato per 24 mesi in Tonneau di rovere francese e di cui si producono solamente 1500 bottiglie l’anno. Le note di ematiche, di frutta sotto spirito, di cenere lo rendono un vino strutturato, potente e persistente.
Il Vino di Anna: una storia unica



La cantina “Il Vino di Anna” racconta una storia carica di delicatezza e cura. Anna è australiana ma conosce l’Italia da tanti anni e se ne innamora. Così lascia i suoi studi e i suoi cari e si trasferisce prima in Toscana, dove lavora come enologa in alcune cantine importanti e poi in Sicilia dove nel 2008 acquista i primi terreni e nel 2011 una vecchia cantina abbandonata. Piano piano ristruttura la cantina, aumenta gli ettari vitati (oggi siamo a 8 ettari di proprietà e 3 ettari da conferitori) e si fa aiutare da Salvo Foti, uno degli enologi più importanti della zona dell’Etna, per la scelta dei vitigni da impiantare. È così che oggi alleva circa l’85% di Nerello Mascalese e il resto suddiviso tra Nerello Cappuccio, Grecanico, Chenin Blanc, Grenache e Riesling.
La sua filosofia di produzione segue le regole della biodinamica, sia in vigna, dove naturalmente non sono utilizzati pesticidi, fertilizzanti chimici o OGM e ove le viti convivono con piante leguminose e graminacee, per favorire l’humus e la vitalità del terreno; sia in cantina, attraverso fermentazioni spontanee con lieviti indigeni, niente solfiti aggiunti, utilizzando Anfore di varie dimensioni e botti di vetro per la vinificazione e l’affinamento.
Anna è perfettamente inserita nel contesto dell’Etna. Si circonda di persone che amano fare il vino, vecchi contadini che continuano ad insegnarle pratiche millenarie, di cui lei è affascinata e che sta facendo sue. Con suo marito francese e un figlio piccolo, Anna è conosciuta e amata da tutti, per i suoi modi semplici e accoglienti, per la sua sicilianità acquisita e per uno stile “anglosassone” tanto intonato quanto elegante per questo contesto vulcanico.
Dei suoi vini ci piace ricordare il Vino di Anna Nave 2022, un bianco a base di Carricante, Chenin Blanc e Riesling prodotti in Contrada Nave e Piano Filici, tra gli 850 e 1200 metri di altitudine, vendemmiati tutti insieme, i cui grappoli interi sono pressati in una botte di castagno da 11 ettolitri. Con note di frutta matura e fiori di campo, esprime una mineralità equilibrata.
E poi il Palmento Rosso 2024, 90% Nerello Mascalese, 5% Nerello Cappuccio/Grenache e 5% uve bianche autoctone, prodotto da viti di 40-60 anni tra i 650 e i 1000 mt. di altitudine. Naturalmente viene utilizzato il vecchio Palmento etneo per produrre questo vino, che rimane a macerare sulle bucce 5-7 giorni. Le sensazioni di frutta rossa fresca, di ciliegia e le note speziate dominano la componente olfattiva. Il tannino è piacevole e il ritorno fruttato e floreale donano al vino equilibrio e struttura.
Irene Badalà: il nerello che nasce in vigna



A Passopisciaro, in Contrada Santo Spirito, opera Irene Badalà insieme al marito. La famiglia coltiva la stessa terra da mezzo secolo: Vigne 3 Salme (l’unità di misura siciliana che corrisponde a 5,5 ettari), con 12 000 ceppi di Nerello Mascalese ad alberello e gestione interamente rispettosa dell’ambiente.
L’azienda esiste dal 1700, ma il primo vino è stato imbottigliato da Irene nel 2011 e oggi la produzione complessiva è di circa 8000 bottiglie. Una piccola realtà immersa nel versante Nord dell’Etna, a conduzione familiare, che produce per l’80% Nerello Mascalese e il restante 20% Carricante, di cui circa la metà delle vigne sono a “Piede franco”.
In questo piccolo angolo di Etna, vi sono tre tipologie di terreno, che donano ai vini sensazioni e sfumature diverse: uno più roccioso, uno misto roccia/sabbia e uno più sabbioso. Accanto scorre un torrente e sappiamo quanto l’acqua sia un bene prezioso per questa terra.
Irene è convinta che “il vino si produce in vigna” e i suoi vini raccontano di rispetto per il ciclo naturale, di eleganza nel calore vulcanico e di una mano sensibile, capace di esaltare la struttura minerale e nervosa del Nerello Mascalese.
Ci sono piaciuti l’Etna Bianco 2023, Carricante in purezza, vendemmiato i primi di ottobre, con una pressatura molto soffice e una resa al di sotto del 60%., che affina solo in acciaio. Con note agrumate dolci e una spinta minerale quasi solfurea, il vino sprigiona al palato sensazioni saline e di erbe aromatiche, che lo rendono molto gradevole.
E l’Etna Rosso 2022, di Nerello Mascalese 100% dalle vigne più vecchie a piede franco. Dopo due settimane di macerazione con le bucce, il vino affina in barrique di rovere francese esauste (12 anni circa). I profumi richiamano la rosa e la ciliegia in confettura, le spezie e il tabacco dolce. Il tannino è ancora leggermente aggressivo, ma il vino risulta comunque equilibrato e di buona struttura.
Il nostro racconto per ora finisce qui. Pur avendo scelto solo tre cantine, risulta chiaro quanto sia complessa e variegata la viticultura sull’Etna, ricca di realtà dalle dimensioni e filosofie diverse, ma tutte accomunate dalla stessa passione e dall’amore sconfinato per “A Muntagna”.