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Vino: Cantina Meroni e il “Velluto” di Amarone

cantina meroni

Cantina Meroni, nella Valpolicella Classica, ci racconta la storia dell’Amarone.

La Cantina Meroni è un vero e proprio “affare di famiglia”. A guidarci nella visita è Carlo Meroni, terza generazione di questa proprietà che dal 1935 produce Amarone di qualità. Tra gli antenati della famiglia anche Antonio Pesenti, economista e politico italiano e membro dell’Assemblea Costituente.

Lo diceva anche Berto Barbarani, il celebre poeta veronese in una lettera del 1943 durante il periodo della guerra, inviata alla Cantina: “Meroni caro abbiamo ricevuto il Sant’Ambrogio fatto di Velluto che alla tua salute abbiam bevuto…In queste universali parapiglieti assicuriamo che le tue bottiglie sono la farmacia delle famiglie! ”. Proprio da questa lettera nasce il nome di Amarone “Il Velluto”.

Siamo nella zona della Valpolicella classica, la “mano” che racchiude cinque vallate nei comuni di Fumane, Negrar, Marano di Valpolicella, San Pietro in Cariano, Sant’Ambrogio di Valpolicella. E proprio nell’ultimo comune troviamo i 15 ettari interamente di proprietà, di cui 11 coltivati a vite dopo un attento ripristino di quelle zone più vocate. Invece i restanti 4 ettari sono mantenuti a uliveto e a bosco per il rispetto dell’equilibrio naturale della vallata che si estendono dai 180 m fino ai 270 m di altezza sldm.

La Valpolicella era ritenuta terra perfetta per il vino già dal tempo dell’antica Roma, quando la zona era il “serbatoio” per i l’Impero: “Vallis polis cellae” ovvero la valle dalle molte cantine.

In un documento cartografico del 1706 dell’Archivio di Stato di Venezia appare l’antico edificio, attuale sede dell’Azienda sito nel podere “Sengia”. Questo figurava nel “Catasto Terreni Napoleonico” di Venezia con la qualifica di “Arativo arborato vitato in colle”.

Ecco i nomi dei due poderi da cui l’azienda raccoglie le uve, “Sengia” e “Maso”, il primo alle spalle dell’azienda nella vallata sottostante il paese di San Giorgio, detto “in gana poltron” per la forma a poltrona della valle, che ospita una splendida pieve romanica e sede dell’antica “Domus” romana ossia il governo di Roma per il territorio.

Infine il podere situato in località Grola, zona ritenuta ancora oggi tra le più vocate della Valpolicella storica, dove leggenda narra sia nato il Recioto e l’Amarone.

Come nasce l’Amarone

L’epiteto Amarone nasce per indicare il Recioto Amaro o Recioto Secco. Era il 1936 nella Cantina sociale Valpolicella, quanto il capo cantina Adelino Lucchese, ritrova una botte di recioto dimenticata in cantina e spillando il Recioto Amaro dal fusto di fermentazione, esclamò entusiasta: “Questo non è un Amaro, è un Amarone”. 

Bisogna ricordare che l’Amarone è un vino rosso passito secco. Da Meroni il processo si svolge naturalmente. Questo grazie al flusso ventoso della valle con una resa massima di 70-80 quintali per ettaro per rispettare la qualità. I vitigni usati per la produzione sono la Corvina (dal 45% al 95%); il potente Corvinone che può sostituire il precedente nella misura massima del 50% e la Rondinella dal 5% al 30% .

I grappoli vengono quindi selezionati con gli acini distanti e senza lesioni che altrimenti farebbero marcire l’uva. Vengono poi stesi su graticci di bambù. In questo processo di appassimento si perde circa il 30-35% della resa.

Le uve arrivano così alla pigiatura e alla fermentazione naturale in vasche d’acciaio. Dopo la svinatura e il successivo stoccaggio per 4-5 mesi in acciaio i vini vengono trasferiti nella zona di invecchiamento. Qui, in base alla tipologia, riposano sino a alla loro piena maturità. Solitamente per il classico Amarone in azienda si aspettano almeno 5- 5 anni e mezzo, come da tradizione. Il disciplinare permette, però, anche tempi più veloci.

Sono utilizzate le classiche botti di legno di rovere di Slavonia da 20-25 hl. Queste permettono un lento invecchiamento grazie alla ossigenazione controllata dovuta alla piccola porosità del rovere. Per una riserva di Amarone i tempi si allungano fino agli otto anni.

Ogni botte perde anche qui circa 2,5 litri l’anno, il cosiddetto “vino degli angeli”.

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