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Andrea Bedin e la sua visione della ristorazione in Alto Adige

Andrea Bedin dell’Hotel Col Alto di Corvara ci racconta il futuro dell’alta ristorazione in Alto Adige

Andrea Bedin è lo chef di Col Alto di Corvara, in pieno centro paese, ai piedi dello spettacolare picco dolomitico del Sassongher. Vicentino, ama raccontare tutti i piatti più amati delle vallate altoatesine, dagli immancabili canederli, proposti anche come aperitivo in una miriade di varietà, alla linzer torte con farina di nocciole (senza glutine), passando per gli sfiziosi cajincí aréstis (i ravioloni tipici della vallata) o ancora le
fettuccine di grano saraceno servite con ragù di cervo (carne tagliata rigorosamente a mano). Ma non mancano ispirazioni innovative come il sorprendente agnello profumato al cocco, sempre cucinato alla maniera classica. Tra i chiodi fissi di Andrea Bedin, la perfetta cottura delle
carni, figlia di un’etica di cucina tramandata da generazioni: una tecnica che punta a esaltare e integrare al meglio gli umori degli ingredienti, sempre di altissima qualità. Senza dimenticare, infine, l’attenzione agli ospiti vegetariani o vegani, per i quali Andrea Bedin ha studiato menu dedicati, con un occhio di riguardo agli ingredienti locali.

Come definirebbe Andrea Bedin il suo ristorante e la cucina?

“Per quanto riguarda il ristorante l’ospite deve sentirsi a suo agio come fosse a casa propria, il calore, l’atmosfera, la gentilezza e il sorriso dei camerieri. Sono aspetti molto importanti da non mettere in secondo piano. Attualmente siamo in una fase critica dovuta a quest’emergenza sanitaria alla quale si è aggiunta una mancanza di addetti senza precedenti ma in ogni caso dobbiamo cercare di poter esprimere tutto ciò”.

Come ti definisci con tre pregi?  

“Gran lavoratore, ottimo insegnante ed esperto risolutore di problemi”. 

E con tre difetti?

“Work addicted, dò tutto me stesso al lavoro senza lasciare spazio ad altro (per questo faccio stagioni, non riuscirei a mantenere il ritmo per tutto l’anno), pignolo fino all’ossessione, talvolta troppo bonario”.

Come mi ha cambiato un anno di pandemia?

“In meglio, cerco per quanto possibile di ritagliarmi qualche spazio temporale per meditare. Sono sempre più rispettoso verso l’ambiente e credo molto nella formula “meno spreco uguale meno inquinamento e meno energia per la lavorazione”.

Cosa ha imparato da tutti questi cambiamenti?

“Sinceramente per me è cambiato poco, già prima della pandemia applicavamo gli standard igienici attuali compreso l’uso della mascherina quando una figura aveva raffreddore o altro ed anche l’uso dei guanti era molto frequente”.

Quanto il territorio è presente nel menu e quanto invece c’è di suo?

“Direi 50 e 50… siamo in Alto Adige terra ricca di tradizione e prodotti di primissima qualità, devono quindi essere considerati. Di mio sicuramente troverete nei piatti una forte cura per l’aspetto estetico”.

Come è cambiato il pubblico dalla riapertura, ci saranno ulteriori cambiamenti?

“Abbiamo avuto un cambio di clientela, quasi esclusivamente italiana. Ma penso ci sarà un graduale ritorno di una clientela estera ma non nell’immediato”.

Quale pensa sia il futuro di una ristorazione più “alta”? La troveremo solo negli hotel o in altre strutture importanti?

“Penso e spero che il futuro dell’alta ristorazione sia una maggiore considerazione di materie prime più ecosostenibili e più salutari innanzitutto. Poi metodi di lavoro meno propensi allo spreco, come per esempio la cottura sottovuoto, che non applico assolutamente; un più attento studio della logistica da parte degli addetti atto a risparmiare energia”.

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