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“Cognomen Omen”: l’inconfondibile Stile di Cucina di Enoteca la Torre a Villa Laetitia

Domenico Stile

Si chiama Domenico Stile e mai cognome fu più appropriato per definire quell’insieme di contenuti classici, twist esotici e linguaggi cromatici ascrivibili alla personalità della sua cucina e ai magnifici ambienti che abita.

Villa Laetitia, sull’ombrosa sponda del Tevere che argina il Quartiere della Vittoria a Roma, è infatti la dimora scrigno della famiglia Fendi Venturini che, al suo interno custodisce, un ulteriore tesoro: Enoteca La Torre. Vanto romano in materia di location e cucina, è un ristorante d’alto rango illuminato da una Stella Michelin e dall’impeccabile servizio e verve di Rudy Travagli.

La saggezza di Roma affermava “Nomen Omen” espressione che, letteralmente tradotta dal latino, significa “un nome, un destino“.

Lui si chiama Domenico Stile e, parafrasando il latino, per lui la locuzione andrebbe riadattata in Cognomen Omen, perchè il suo stile di cucina è di altissimo livello: netta, autentica, classica e contemporanea, elegante e virtusa.

Di poche essenziali parole, Domenico Stile ha sempre voluto fare lo Chef. La sua scelta non è frutto di un improvviso cambio di rotta, di una fascinazione dei tempi moderni.

Il suo è stato un progetto chiaro, come la luce di una consapevolezza che si accende e non lascia spazio a ombre e tentennamenti. Un obiettivo preciso, che ha perseguito fin da piccolo, da quando dalla Zia imparava in cucina l’arte dell’amatriciana e rimaneva ore incantato ad osservare lo Zio scolpire frutta e ghiaccio che, lentamente, prendevano nuove forme.

La mia vita in cucina inizia all’età di 15 anni. Mio zio, Franco la Mura, cuoco di mestiere e maestro nell’arte dell’intaglio, mi trasmise la passione. Da lui imparai molto, soprattutto un concetto fondamentale: il lavoro del cuoco è fatto di sacrificio e passione.

Lunga è stata la strada per affermarsi per questo “scugnizzo” nato sul Golfo di Napoli, che cresce a Gragnano tra aria di sale, acqua dei Monti Lattari e profumo di pasta essiccata lentamente dal vento di mare.

Ma la perseveranza è la vera madre di tutti i talenti così, dopo tanti Maestri, tanti Chef, insegnamenti e gavetta, Domenico Stile, a 26 anni, conquista la sua Prima Stella Michelin affermandosi come il più giovane chef del Lazio ad aver tagliato questo traguardo.

Servizio sempre impeccabile e mai formale l’esperienza a Enoteca La Torre a Villa Laetitia è un diffuso clash di eclettismo, classicità e leggiadria.

Talentuoso e tenace, costruisce la sua formazione con i Grandi della Cucina, conquistato dalle emozioni estetiche del colore, disegnando le forme della sua personale visione gastronomica immaginata per fare da ambasciatrice alla sua terra e incorporare man mano stimoli, materie prime, studi, tecniche e memorie.

Enrico Cosentino, suo chef mentore della Costiera, lo introduce nell’alta ristorazione. Entra quindi nelle brigate di Gianfranco Vissani, in quelle di Antonino Cannavacciuolo e di Enrico Crippa. Da Massimo Bottura immagazzinerà i sapori dell’inverno modenese riletto nella contemporaneità. Seguiranno poi le stagioni estive, in qualità di sous chef, con Nino Di Costanzo ad Ischia –  per lui un’esperienza fondamentale, umana quanto professionale – e arriva fino a Chicago da Grant Achatz, poi torna a Roma, per restare e dare sapore ai prestigiosi ambienti di Villa Laetitia, dimora storica di Anna Fendi Venturini, progettata nel 1911 dall’architetto romano Armando Brasini e curata da Giulio Cesare Delettrez Fendi.

L’architettura elegante e raffinata di Villa Laetitia è il palcoscenico del mio racconto. Il tempo qui scorre a un ritmo differente, rispettoso di chi siamo e dei nostri sensi. Viene scandito dai profumi, dai colori, dall’incontro con una cucina che vorrei fosse sempre di festa.

L’eleganza degli elementi rinascimentali mescolati a quelli barocchi, fa da spettacolare cornice alla cucina di Domenico Stile, che è mediterranea, esotica, estetica, caratterizzata da elementi visivi intensi nel colore e vivaci nel sapore.

Mi piace molto il lato estetico, il colore ci deve sempre stare

ma un piatto parte in primis dal gusto.

L’esperienza si apre con il giro di Valzer degli appetizer curati nel minimo dettaglio e giocati sulle gradazioni del giallo, come la Sfera di aperol spritz ricotta ed arachidi; lo Scagliuozzo fritto con finta ape al blu di bufala e cipollotto al miele; la Finta ricottina di mandorla, gel di disaronno e arancia e cacao; l’Ovetto alla monachina e gel di tamarindo: ricercati bon bon, giochi per il palato che uniscono bellezza, talento, libertà creativa e sofisticate citazioni partenopee.

I piatti in carta hanno studiato, tutti. Propongono contaminazioni tra terre, materie e culture tradotte in antipasti come nel Polpo arrosto, cavolo viola, pere e Ras-El-Hanout, quest’ultima una miscela di circa 30 diverse piante diffusa in tutto il Maghreb che abbraccia una terrina di polpo magistrale e trova con la pera un nuovo felice connubio sfruttando il potere scenografico del cavolo viola. Si prosegue con Uovo, taleggio di bufala, tartufo nero ai sentori di sottobosco; Tonnetto locale, kiwi e sedano rapa e Anatra marinata al carvi, cavolo torzella e kumquat.

I primi e la pasta, a Villa Laetitia, sono sempre grandi protagonisti. Merito delle origini gragnanesi di Domenico che la porta nel cuore, assieme alle sue cotture calibrate, alla rilettura della tradizione, alla reinterpretazione di sughi e ragù (che, tecnicamente, si dice“rraù“) .

Così nei Primi troviamo Fusilli, ricci di mare, arachidi e levistico; Spaghetti, crostacei, ceci e Kokum; Risotto ai limoni, cannolicchi, vongole veraci, asparagi e yogurt – doveroso è ricordare quanto Stile abbia stile da vendere sui risotti – e Ravioli al cinghiale, mela Annurca e fieno.

Nei Secondi grande palcoscenico è riservato alle carni con Manzo alla Partenopea, radice di prezzemolo e pinoli; Agnello alla Villeroy; Quaglia, Cavolfiore, Caffè e Anice. Quest’ultimo un piatto davvero notevole, che veleggia sui sentori di anice e caffè, binomio perfetto e di colletiva memoria. Con la sua dolcezza simile a quella dei semi di finocchio, ma con un leggero retrogusto di menta e liquirizia, l’anice viene stemperata dall’intensità del caffè e, assieme, diventano compagni perfetti per enfatizzare la dolcezza del cavolfiore, le sue note di terra, e dare protagonismo al sapore deciso delle carni “nere” della selvaggina da penna cotte “a mestiere”. Chiude il quartetto la Rana Pescatrice, Mirto, Fagioli e Cipolla Rossa.

Pain Perdu al Grano Saraceno, Nocciola Salata e Carote e il Babà al Rum (Zacapa 23 anni), vaniglia, visciole e menta: sono altre delle creazioni dello Chef che anche in pasticceria mostra con chiarezza il suo talento. Chiude un Carrello dei dolci per divertire gli ospiti.

Quali sono i buoni propositi per la stagione gastronomica 2023?

Di buoni propositi ne ho tanti, sicuramente quello di continuare sul lavoro che ho portato avanti fino ad oggi in termini di cucina ma anche di collaborazione tra sala e cucina.

Quello che però vorrei porre al di sopra di tutto è la voglia di continuare a stimolare i miei ragazzi a cucinare con amore. Dico questo perchè a fronte di un mondo completamente cambiato con tutte le nostre attività in piedi mi sono trovato sempre più spesso a vedere cuochi che cucinano per inerzia o per filosofeggiare non vedo piu amore nei gesti.

Tutto questo mi ha spinto ad una riflessione , quella di dover tener vivo l’entusiasmo continuando così a cucinare per passione e con amore, perchè la tecnica, lo stile di cucina contano ma mai quando l’enfasi che metti in quello che fai.

Domenico Stile porta in tavola una cucina che non segue le mode, perchè lo considera una mancanza di dentità. Non ci sono fermentazioni, non ci sono spume, disidratazioni, acificazioni. La sua cucina è fatta di schiettezza e raffinatezza, freschezza, dialoghi estetici su note classiche. La dieta mediterranea lo ispira, in senso ampio, a volte in modo specifico sulle materie prime, a volte come principio ispiratore. La classicità per lui non è sinonimo di staticità, ma senso di appartenenza.

La stessa che si ritrova in sala, splendida e armoniosa, amabilmente guidata dalla verve del Restaurant Manager e Sommelier Rudy Travagli e dal maître Alessandro Nocera che delizieranno il vostro stare e vi apriranno le porte di una profonda carta di Vini e Bollicine.

Si respira una grande sintonia tra sala e cucina, un grande rispetto e grande collaborazione. I ruoli non si accavallano, tutto fluisce con savoir-faire e grande eleganza. Chi si reca a Enoteca la Torre a Villa Laetitia è alla ricerca di questo. Di un’esperienza che iniza dalla suggestione dell’ingresso, sfocia nella meravigliosa sala clash di eclettismo, classicità e leggiadria e rimane appagata dallo Stile libero e liberty di questo cuoco protagonista ma senza ego.

Enoteca La Torre a Villa Laetitia – 1 Stella Michelin

Lungotevere delle Armi, 23, 00195 Roma RM
www.enotecalatorreroma.com
Tel. +39 0645668304

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