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Colline Teramane: la Docg che dal Gran Sasso arriva al mare

colline teramane

Quaranta produttori per quasi 180 ettari di vigna che dall’Appennino arrivano al Mare. Quella della docg Colline Teramane è la storia di un territorio e di intere famiglie dedite alla coltivazione della vite. Noi abbiamo assaggiato le nuove annate e vi consigliamo qualche cantina da visitare per gli appassionati di enoturismo.

C’è il vento che arriva dall’Adriatico che regala ai vini soffi e note di salmastro e c’è il massiccio del Gran Sasso che dispensa piogge e la giusta escursione termica tra giorno e notte. In mezzo, in una conca che si stende tra mare e Appenino ci sono i vigneti della Docg Colline Teramane, un territorio variegato che attira i turisti per la vicinanza con il Parco nazionale d’Abruzzo ma anche per la possibilità di escursioni tra borghi ricchi di storia e di fascino.

Una quarantina in tutto i produttori, quasi 180 ettari di vigne, con cantine sparse tra le campagne che arrivano quasi al mare e quelle che invece si allungano verso le pendici dei monti. Qui la fa da padrone il Montepulciano d’Abruzzo, che in questa zona regala vini robusti, a volte un po’ selvaggi ma che si distinguono nettamente da quelli prodotti con le stesse uve nel resto della regione. Una differenza che fino all’anno scorso era marcata anche dalla scelta di formare un Consorzio a parte, quello delle Colline Teramane docg. Da quest’anno invece i produttori sono entrati nel Consorzio Montepulciano d’Abruzzo doc, un modo anche per far “pesare” di più a livello commerciale la propria presenza.

Le nuove annate

L’anteprima delle nuove annate, con qualche incursione di bottiglie più vecchie, si è svolta a Borgo Spoltino, un complesso restaurato con annessa una piccola chiesa, in mezzo alla campagna, che vale anche il viaggio per il ristorante, segnalato sia dalla Guida Michelin sia dal Gambero Rosso.

Ventisette i vini portati in degustazione, di cui 12 le Riserve che per disciplinare possono “uscire” dopo tre anni e fare 12 mesi di affinamento in legno. Sono proprio quest’ultime che convincono maggiormente e che possono fare più presa sui consumatori perché il legno e gli anni levigano i tannini facendoli diventare meno aggressivi.

Fra tutte spiccano tre bottiglie che maggiormente incarnano lo spirito del territorio: il Neromoro 2020 della Fattoria Nicodemi, prodotto nella zona di Notaresco, con un naso molto ampio e interessante, morbido in bocca e con una chiusura dei tannini equilibrata; Pieluni 2019 Illuminati, da vigne coltivate nell’area di Controguerra, con profumi balsamici, frutta rossa e confettura di prugne, in bocca morbido e con un finale molto lungo in cui la fanno da padrone note fresche e sapide; infine Savini 2019 della Fattoria Giuseppe Savini, prodotto a Roseto degli Abruzzi che sorprende per delle note di profumo di chiodi di garofano, in bocca sottobosco, frutti rossi e tannini morbidi.

Le cantine: Abbazia di Propezzano e Tenuta Terraviva

Per gli appassionati di enoturismo da segnalare due cantine, una verso l’interno con il massiccio del Gran Sasso alle spalle, l’altra ad appena un chilometro e mezzo dal mare.

La prima, Abbazia di Propezzano, è anche un piccolo gioiello di arte perché ingloba proprio l’Abbazia, prima benedettina e poi francescana, che risale all’anno mille e sorge all’incrocio fra due itinerari, uno che percorrevano i pellegrini che venivano dalla Puglia, l’altro che seguivano i pastori per la transumanza dal mare alla montagna seguendo otto chiese che si snocciolano lungo il percorso. Restaurata negli anni ’70 dalla famiglia Savini, che l’aveva acquistata insieme ai terreni nel 1870, è stata poi donata alla Chiesa. Da vedere il refettorio con pitture del 1500 e il chiostro interno con le grandi sale che vi si affacciano dove vengono organizzate feste e degustazioni. Unica pecca per chi viene qui a far turismo la mancanza di camere dove potersi fermare per assaporare fino in fondo lo “spirito” del luogo. Sedici gli ettari a vigna, anche qui la fa da padrone il Montepulciano (6 ettari), poi Pecorino, Trebbiano, Passerina e Falanghina, per un totale di sette etichette. Da segnalare il Cerasuolo Cab 2021 (13 euro) con un naso ampio, un finale in bocca morbido che finisce con una bella acidità e il Falanghina 2017 (28 euro) che viene affinato in anfora. Vale una sosta, a poca distanza, l’azienda agricola Cardelli, che produce una ventricina assai interessante e un “parmigiano” di pecorino che si fa fatica a smettere di assaggiare.

La cantina Tenuta Terraviva si trova invece sulle colline a pochi chilometri dal mare, e da lì si spazia su un panorama straordinario verso l’Adriatico. Il vento che sale dal basso porta refoli di salmastro che si ritrovano nei vini. In particolare nel Mario’s 48 (il numero indica l’età della vigna) del 2020, un Trebbiano da vigne coltivate a pergola, con note di pesca e nespola e una acidità importante ma mai troppo invadente.  Nota di merito anche per il Cerasuolo 2022 Giusi (16 euro) un vino davvero ben fatto, dove si alternano frutti rossi, visciole e fiori di campo. Il finale lascia una bella bocca fresca e piena. Da abbinare a un antipasto di pesce crudo.

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