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Europeo: a Napoli, cucina e storia si incontrano nel ristorante di Alfonso Mattozzi

europeo mattozzi

Dagli anni ’30, il ristorante Europeo è uno degli indirizzi storici della città. Passato di padre in figlio, oggi è gestito da Alfonso Mattozzi. Noi lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare la storia del locale e della sua famiglia e l’evoluzione che lo ha reso, ai giorni nostri, un punto di riferimento per la cucina di qualità.

C’era una volta. È così che iniziano i racconti, quelli che hanno il potere di conquistarsi uno spazio di eterno in un mondo fatto di storie e di voci sorde. È in questo spazio che si colloca il racconto di Alfonso Mattozzi, patron dello storico Ristorante Europeo di Napoli, un racconto che trasmette e tramanda ma, cosa veramente rara, trasuda emozione.

In una storia che dura da secoli, è nella immensa umiltà del sig. Alfonso, quella di un grande uomo prima e di un lungimirante imprenditore poi, che si ha la certezza di avere dinanzi un importante punto di riferimento della ristorazione partenopea.

La sua voce traspira, nella pelle di chi lo ascolta, un brivido di emozione mentre si racconta.

La storia

Io mi chiamo Alfonso Mattozzi e sono nato a Napoli, nel cuore della città, di fronte a Castel Capuano a Piazza Tribunali 95. Patron oggi del ristorante Europeo, sono cresciuto in una famiglia di ristoratori dal cui fascino sono rimasto fatalmente attratto. Erano forse anche gli anni belli, gli anni 60’, dove si leggeva l’entusiasmo delle persone, la voglia di fare, di esistere. La gente era felice, rideva e si cantava. Questo fascino mi distrasse da eventuali pensieri di studi futuri pur se attratto dalle discipline umanistiche e storiche. Così rimasi legato a questi interessi familiari ed entrai qui al ristorante nel 65’, all’età di 18 anni, ricoprendo un ruolo di primaria responsabilità. Oggi, come allora, cerco di essere sempre presente nella struttura che ritengo ancora familiare e in cui ci muove con movimenti familiari”.  

Cresciuto in un periodo storico sicuramente non semplice, il sig. Mattozzi ricorda che “Io a tre anni ero indisciplinatamente vigoroso, mi chiamavano “U lione!” perché avevo una grandissima energia e una fame da lupo. In quei tempi, parliamo degli anni 50’ circa, i bambini crescevano col pane cotto: la colazione del mattino era la zuppa di pane vecchio, una cipolla soffritta, allungata con un poco di acqua bollente e una foglia di alloro. Al limite se c’era un uovo in casa, alla nonna si dava lo zabaglione mentre al bambino il bianco. Le zuppe erano realizzate con gli avanzi della dispensa, mentre quella famosa buccia di formaggio che restava era utilizzata per dare sapore alla pasta e patate. La spesa era giornaliera e noi eravamo fortunati perché avevamo un papà che lavorava nella ristorazione e, talvolta, al mattino ci faceva trovare il panino del giorno prima dei clienti che non lo avevano consumato”.

Ad avviare il ristorante Europeo fu il nonno Alfonso negli anni 30’, “lui cercò di ottenere nel 1852 la concessione per focacce ma era il periodo Regio Borbonico e la domanda gli venne respinta. Fu soltanto con la garanzia di suo padre Luigi, di buona famiglia in quanto “ottonaro” (trattava i metalli il rame, l’alluminio, gli ottoni) che gli venne elargita.

In quegli anni poi si assiste a un momento epocale: il passaggio dalla vecchia concezione del cibo (che si mangiava per strada e con le mani) a una nuova, cioè la “colazione alla forchetta” e il popolo, dalla strada si siede a tavola.

Durante il periodo fascista invece, era l’esercito ad avere la priorità dell’alimentazione e i ristoratori non potevano vendere più di un determinato quantitativo di pane, verificato in base a un bollino. Ricordo bene che durante un’ispezione della polizia dell’epoca, i militari trovarono una massa di pane superiore rispetto i bollini registrati e mio nonno fu condannato assieme al fratello a diversi mesi di carcere”, racconta Alfonso Mattozzi.

Questa storica famiglia ha superato nel tempo molteplici ostacoli, dalle guerre all’epidemia, ma l’Europeo è sempre rimasto li, non ha mai chiuso, forte della grande capacità imprenditoriale di far quadrare i conti anche quando nel ristorante non entrava quasi nessuno. 

Una ristorazione già allora elegante, frequentata da parecchi visitatori, napoletani e non che giunse all’orecchio di tante donne e uomini illustri, dalla celebre Matilde Serao a Scarfoglio, dal Principe di Piemonte a Salvatore di Giacomo.

L’Europeo oggi

È sicuramente il profumo della storia a condurre in Via Marchese Campodisala, dove si assaggia anche il tempo della città che corre sul bianco delle pareti, a cavallo di foto, ricordi e odori. L’atmosfera del locale non perde quell’impronta classica di genuinità con sapori e accoglienza inconfondibili che si ritrovano entrando e che attirano, oggi come ieri, la clientela più varia: il verace popolo partenopeo come tanti protagonisti della cultura, della politica e dello spettacolo.

Ogni piatto è una immersione nella napoletanità, una cucina sana e casereccia per gusto e colori, difficile da imitare, come il classico spaghetto alle vongole.

Specchio fedele della tradizione culinaria napoletana, la frittura di calamari e il polpo all’insalata. Tipicità anche nel crocchè, nel fiore di zucca e nella mozzarellina fritta che ancora oggi hanno intatto il sapore genuino di Napoli.

Candida è invece una pizza bianca, semplice e fedele alla classicità.

Da non perdere è sicuramente il babà, un must della pasticceria napoletana: morbido, dorato e bagnato con il rum. Di qualità anche la crostatina con crema pasticciera e fragoline di bosco.

L’Europeo rappresenta la certezza che un ristorante dove poter assaggiare la sana tradizione partenopea esiste: ci si guarda indietro ma con il vento in poppa e con il cuore sempre in avanti.

Info utili

Ristorante Europeo

Via Marchese Campodisola, 4, 80133 Napoli NA

Tel: 081 552 1323

Sito

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