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Tempo di castagne. E per la Campania sono gioie e dolori

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In Campania, provincia che vai, castagne che trovi. Dalle superstar di Montella e Serino, al Marrone di Roccadaspide e della zona del Faito. Ma c’è un però.

La Campania è la prima regione castanicola italiana, quando si dice, un territorio vocato e generoso. Frutti dal gusto riconoscibile, pieno, persino un po’ audace. Ma c’è un però. Le dimensioni delle castagne non sono quelle che il mercato osanna.

Castagne medio-piccole, arrivano seconde nella gara con il mercato estero. In più, rema contro l’acerrimo nemico di sempre. Il cinipide del castagno, insetto molesto che attacca i germogli e ne stronca la crescita vegetativa. Va detto che l’estate, quest’anno, ha fatto da antidoto: siccità tale da far indietreggiare il nemico. Ma il frutto, proprio per la mancanza d’acqua, si è ulteriormente ridotto. E ci si è messo di mezzo anche il Corona Virus,  inflessibile metronomo del mercato di adesso.

Nemmeno il tempo di gioire per un raccolto potenzialmente ricco, che già si valuta il rischio di non riuscire a commercializzarlo. I prezzi in giro sono relativamente bassi, ma il settore Ho.re.ca acquista senza slanci, non azzarda per evitare merce invenduta. Le sagre sono vietate dai recenti DPCM, quindi che fare? Salvare il salvabile.

Il consumatore finale sottovaluta spesso l’effetto domino delle scelte prese davanti a uno scaffale del supermercato. Scegliere italiano, in questo caso, scegliere campano, significa proteggere. Gli italiani che fanno da presidi alle loro eccellenze. Del resto, con i più o meno rigidi lockdown in corso, non c’è più la primavera a far festa fuori dalle nostre case (come nei recenti mesi di marzo e aprile). È tempo di camini accesi, di pleid e calici da riempire di rossi intensi da far girare la testa. È tempo di arrostire castagne sul fuoco. In Campania, l’imbarazzo è solo nella scelta: provincia che vai, varietà che trovi.

Avellino e le sue primedonne

L’area con la maggiore concentrazione di castagneti. Qui svettano le castagne di Montella e di Serino, entrambe con marchio di qualità IGP. Merita la citazione anche l’ottimo marrone di Santa Cristina. E per chi ama andarle a cercare, il godimento inizia già dalla bellezza dei sentieri. Su per i monti Picentini, attraverso il bioparco della valle del fiume Calore, infine al cospetto della Cascata della Madonnella. Luoghi pieni di magia.

In provincia di Salerno

E se l’avellinese si fa bello delle sue castagne superstar, il Cilento risponde con un altro marchio IGP. Nel comune di Roccadaspide, cresce l’omonimo marrone dal gusto dolce. Perfetto per le classiche caldarroste, ma c’è chi preferisce sciropparle. Per la raccolta, da setacciare i comuni di Castel San Lorenzo, Ottati e Piaggine. Senza snobbare i castagneti della zona interna della costiera amalfitana, nei comuni di Ravello, Scala e Tramonti.

Napoli e dintorni

La raccolta delle castagne, in provincia di Napoli, significa ispezionare il Monte Faito. Tra Castellammare, Pimonte e Lettere, c’è la cosiddetta castagna di Faito, detta anche ‘di Cepparico’ o Marroncino del Faito. E poi c’è Ischia, precisamente nella zona del bosco del Cretaio, percorrendo sentieri che attraversano felci e castagneti, fin giù a Piano San Paolo. Bellissimo da fare anche con bambini al seguito.

Caserta e Benevento

La castagna detta Ufarella (o Vofarella) vive nell’area dei monti Trebulani, nei comuni di Pontelatone, Formicola, Liberi, Roccaromana e nell’area denominata Campole. E poi c’è Roccamonfina, ed ecco che gli occhi degli appassionati si illuminano. Castagneti di alta qualità, frutti ad alto contenuto zuccherino, buccia di colore scuro con piccole striature bianche, polpa soda e  lattea. In più, nel beneventano, è possibile scovare marroni di qualità nelle campagne adiacenti i comuni di Pietraroja, Cusano Mutri, Pannarano, Montesarchio, Vitulano.

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Le castagne in cucina

Per scaldare gli animi ai primi freddi autunnali, gli avellinesi portano a tavola la zuppa di castagne e fagioli. Profuma di aglio e rosmarino. E naturalmente di olio nuovo. La cottura è un matrimonio d’amore, castagne e fagioli cotti insieme, talvolta con funghi e pane abbrustolito che ne raccoglie il prezioso intingolo. Altri tempi, quando per scaldarsi bastava un piatto corroborante. Visto il grigiore che al momento viviamo sia dentro che fuori, forse sarebbe il caso di dare a questo piatto una chance. E quando il Corona Virus consentirà la riapertura dei ristoranti, ad Avellino c’è Saporitaly. Piccola realtà, per niente improvvisata, che attinge direttamente dall’azienda agricola di famiglia. La zuppa, lì da loro, è un must.

Il lato dolce della castagna campana si chiama calzoncello. Oppure panzerotto. Ci spostiamo in alta Irpinia. Rigorosamente preparati in casa, magari per scambiarsi gli auguri di Natale. La sfoglia esterna è una sorta di pasta frolla, preparata con olio extravergine di oliva. Stesa sottile, ritagliata e farcita con crema di castagne, pere pericine e nocciole. Panzerotti sontuosi, eppure nascono da quello che c’era in casa. ‘La carne dei poveri’ esaltata dall’inventiva delle massaie di una volta. Quella famosa arte di creare tanto col poco.

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