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Francesco Sodano: storia e progetti dello chef di Faro di Capo d’Orso

francesco sodano

Chef del ristorante Il Faro di Capo d’Orso, a Maiori, in Costiera Amalfitana, Francesco Sodano ci racconta il suo nuovo progetto “Cucina nuova”. Una community dedicata agli chef, fucina di idee e confronto per ripartire e crescere.

Dietro al piatto c’è di più, Francesco Sodano questo lo sa bene.

Classe ‘88. Chef talentuoso, affamato di conoscenza. Praticamente un “nerd” della cucina. Studia, fermenta, riprova. Al Faro di Capo d’Orso, stella Michelin dal 2019 in Costiera Amalfitana, propone esperienze a 360 gradi.

Ci siamo fatti una chiacchierata con lui che è, letteralmente, un fiume in piena. Talmente preparato e propositivo che è un piacere farsi accompagnare per mano in questo spaccato d’Italia dei giorni nostri.

Il suo è il punto di vista di chi fa “alta cucina”. La ripresa, le idee, soprattutto la forte necessità di fare squadra. Dopo la devastante esperienza Covid, pensare al proprio orticello non potrà più bastare a nessuno.

Partiamo dalla fine, cos’è Cucina Nuova?

Un vero e proprio gruppo di cucina italiana. Una community di chef e, mi permetto di aggiungere, sarebbe la prima in Italia.

Verissimo che grandi nomi della cucina, Massimo Bottura in primis, si spendono all’inverosimile per promuoverci anche all’estero, ma restano azioni singole. E se urli da solo, è difficile che ti sentano.

Con “Cucina nuova” vogliamo fare informazione. Favorire il confronto tra professionisti, affinché all’esterno arrivi un messaggio chiaro e realistico. Il patrimonio gastronomico italiano non ha rivali, ma la cucina italiana non è solo cucina regionale.

Un altro aspetto che intendo portare sotto i riflettori è che dietro un piatto c’è un mondo di cui si sottovaluta l’importanza. Mi riferisco alle persone che lavorano in un ristorante, ma anche al ceramista, al giardiniere, al piccolo artigiano. Persino il sommozzatore che s’immerge ogni giorno per garantire il pesce fresco. Senza parlare dei produttori a cui affidiamo la selezione dei nostri ingredienti, i veri eroi.

Inizieremo sicuramente con delle live in streaming e, appena possibile, ci apriremo a cene e pranzi a quattro mani. Il palco non sarà però solo dello chef che fa la star, ma del team di persone che fanno sì che quel ristorante funzioni.

francesco sodano

Ragionare come collettivo, quindi. Ci arriveremo prima o poi in Italia?

Purtroppo in Italia, solo chi ha fatto importanti esperienze all’estero è in grado di capire quanto sia importante fare squadra. Una sana competizione ti dà il giusto mordente per migliorare, ma il confronto tra professionisti è tutto. Vedo ancora troppe invidie che non portano a nulla di costruttivo.

In Italia abbiamo una tradizione culinaria unica, ma l’abbiamo resa ingombrante al punto che non riusciamo a progredire. Ne siamo letteralmente sovrastati. I miei genitori insegnano cucina in un istituto alberghiero, vedo testi scolastici fermi alle origini. Con tutto il rispetto, ma c’è bisogno di metterci dentro dell’altro. Anche perché i ragazzi spesso perdono motivazione ancora prima di terminare il ciclo di studi. Non trovano quello che cercano, non c’è tecnologia ed è un vero peccato.

Tante esperienze lavorative anche all’estero, ma a conti fatti lei è un self-made-man e lo rivendica con orgoglio.

Ho avuto la fortuna di crescere in importanti cucine italiane e di frequentare i posti giusti all’estero. Ma tante cose le ho studiate e continuo a studiarle da solo, sono curioso a 360 gradi. Se una cosa mia piace, devo capire come si fa. È stato così per il gelato, la panificazione, la pasticceria. Diciamo che sfrutto la mia insonnia per leggere e studiare, su molte cose posso considerarmi un autodidatta. Nel 2020 il Gambero Rosso mi ha premiato come “Miglior pane in tavola”. Ma per me ricevere un premio significa studiare e approfondire più di prima.

Il Faro di Capo d’Orso a Maiori, una stella Michelin. Una maniera di lavorare che, probabilmente, era già un modello “anti Covid” ante litteram.

Torniamo sempre lì. Nessuno in Italia è riuscito a far capire al Governo che c’erano ristoranti di un certo tipo che potevano restare aperti e lavorare. Meno, ma sarebbe stato già qualcosa. Da noi si lavora da sempre con tavoli a quasi quattro metri di distanza l’uno dall’altro. Pochi coperti e sempre su prenotazione. Insomma, quello che oggi viene raccomandato, noi lo facevamo già perché rientra nella necessità di assicurare un’esperienza esclusiva al cliente. Ecco, forse questa cosa andava spiegata. I segmenti ristorativi andavano diversificati, si sarebbero evitate chiusure e fallimenti, soprattutto dei piccoli. Qualcuno avrebbe dovuto spiegarlo al Governo, siamo stati completamente abbandonati.

Suo fratello fa parte della brigata. Un tecnologo alimentare che la spinge molto a sperimentare.

Un enorme valore aggiunto che mi spinge verso territori affascinanti. Al momento ho la mania delle fermentazioni. E qui l’ingrediente segreto è il tempo. Per fare un esempio, ho lasciato asciugare dei pomodori sulla pianta senza dargli acqua. In questo modo si arriva ad un vegetale con un residuo d’acqua così basso da poterne sfruttare la fermentazione e farci un miso*. Il bello è che lo faccio col pomodoro del Piennolo, quindi un prodotto super local.

*Il miso è un condimento d’origine giapponese ottenuto dalla fermentazione dei fagioli di soia gialla, sale marino e cereali (riso e orzo, in primis).

E poi il Covid. Per una cucina come la sua, impensabile la formula delivery.

Qualcuno ci ha provato, ha organizzato la consegna in maniera tale che a casa si dovessero seguire una serie di passaggi per completare il piatto. Ma è chiaro che se deve “metterci mano” il cliente, non è più una cena stellata. Parliamo di piatti con cotture millimetriche che necessitano di una giusta presentazione, secondo me è impensabile trasportare tutto a casa.

Parlando del segmento della ristorazione, ancora una volta bisogna citare la Francia che, a fare sistema, ci batte alla grande. I tre stelle Michelin sono andati dritti dal presidente Emmanuel Macron, qui solo polemiche su facebook.

Vero. E da Macron non è andato solo monsieur Alain Ducasse, bensì un’intera delegazione di chef con tre stelle Michelin. Così la protesta ha un peso ben diverso.

Riesce ad immaginare l’estate 2021?

Sono un ottimista di natura, voglio immaginarla come l’inizio della fine. La strada sarà lunga, tra vaccini e varianti, rimettersi in carreggiata per molti non sarà facile. Ci sono già tante saracinesche abbassate che dubito si rialzeranno. Abbiamo bisogno di essere aiutati e dobbiamo soprattutto crederci.

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