Magazine di ristorazione e itinerari enogastronomici
ChefMangiareViaggi di Gusto

Alta Montagna, Alta Cucina: Matthias Kirchler e “la scoperta del Lunaris 1964”

Matthias Kirchler è uno di quei pochi chef che ben governa il tridente delle abilità gastronomiche. Ne deriva un pensiero gastronomico indipendente per posizione e mentalità, profondamente identitario e culturale che ridisegna i confini/non confini di una cucina boschiva e montana, nella nuova narrazione della Valle Aurina.

confini/non confini di una cucina boschiva e montana, essenziale e di contenuto,

Aspetto da guerriero vichingo, postura fiera, capelli biondo cenere, sguardo sicuro, occhi chiari e limpidi come le sue idee. Matthias Kirchler, 30 anni, nasce e cresce circondato dalle 80 montagne della Valle Aurina (Ahrntal in tedesco; Toul in dialetto sudtirolese), il passo più settentrionale dell’Alto Adige, luogo di grande rispetto tra l’uomo e la potente natura.

Nella ricerca della propria identità culinaria e di quella definizione univoca che tutti gli chef dovrebbero perseguire, il suo confronto, il riferimento, il termine di paragone qui non è stato con le cucine del mondo e i grandi maestri, ma con gli alberi, con il clima rigido, con la neve che per interi interi ricopre tutte le cose; con le notti gelate e il cieli carichi di stelle, con i temporali violenti e con i tremila metri di altitudine delle Alpi dei Tauri occidentali che hanno (fortunatamente) protetto e mantenuto inalterati costumi e usanze delle popolazioni alpine.

Il primo profumo, quello che registra in Matthias questa dimensione ad alta risoluzione, è quello del bosco e del pino cembro (che qui chiamano cirmolo), dell’abete rosso, del muschio e del ginepro. Richiami di atmosfere profondamente legate alla sua storia familiare e a alla cultura collettiva; così come il latte di malga, il pane di patate, il burro intenso, il formaggio grigio: espressioni di contenuto e semplicità sulle quali lo chef nei suoi piatti lavora per innestare, distillare ed evolvere l’emozione e la tenacia della montagna.

Il concetto diviene così cucina, più precisamente quella cucina del Lunaris 1964, il Ristorante Gourmet più a nord d’Italia che accoglie i suoi otto ospiti in un’elegante e raccolta stube all’interno dell’imponente e articolata struttura Amonti & Lunaris Wellnessresort, a Cadipietra, sopra Bolzano, quasi al confine con l’Austria. 

Concetti, dicevo, da mangiare, che si ritrovano in piatti come il “sempre verde”, che è un tributo al ginepro alpino, forte arbusto che rimane verde anche sotto la neve. Lo chef, unendo i puntini dei rimandi concettuali legati “al colore, al temperamento e alle temperature”, realizza così una granita verde utilizzando un macchinario concepito per il formaggio, che arriva scenograficamente in sala e nel quale viene montata una forma di ghiaccio verde scura la quale girando, al contatto con la lama, produce una neve sempreverde, una “granita di ginepro” che spezza il ritmo del percorso degustazione, rinfresca mente e palato predisponendoli alla portata successiva.

Ricerca profonda e guizzi creativi. Matthias, quali sono gli ingredienti che hai scoperto durante la fase di studio e costruzione dei due percorsi degustazione?

La Valle Aurina ha sempre avuto una cucina molto povera. Avevamo solo un pò di latte, dal quale abbiamo ottenuto burro e formaggi, uova e poco grano, e poca carne. E mi piace partire da queste materie per riproporre fedelmente la base della mia cultura in una cucina di piatti più elaborati.

Tra gli ingredienti che ho scoperto durante la mia fase di ricerca ci sono erbe selvatiche che ancora non conoscevo come il sommacco, acido e agrumato, e 300 diversi funghi commestibili, diversissimi tra loro e alcuni con sapori incredibili, tipo quello al gusto di cocco.

Riflettendo sul fatto che “terra povera” non sia necessariamente un limite, ma anzi, se letta come sfida proattiva possa rappresentare una decisiva spinta per generare una grande cucina (il Noma di Copenaghen e il lavoro di Renè Redzepi ne sono un esaustivo esempio), penso ai concetti di economia circolare di etica e sostenibilità, così chiedo allo Chef come li abbia introdotti nella sua cucina. 

Noi siamo molto attenti e cerchiamo di non sprecare nulla. Anche se parlare di sostenibilità complessiva in un Resort è difficile per alcuni versi, nella mia cucina l’etica diviene concreta attraverso la scelta dei produttori sostenibili dai quali mi rifornisco, come per la  “vacca grigia” di Walter Künig, azienda agricola biologica Künig Hof che fa dell’ agricoltura sostenibile e salutare uno stile di vita; Goasroscht di Günter Volgger per le carni e i formaggi di capra; e Obermair per lo speck (di tutti i citati Vi racconterò più avanti n.d.r).

Due i percorsi – uno più ampio per tutti i palati, l’altro vegetale – entrambi interessanti e con vette di emozioni. Tra i piatti che spiccano, c’è sicuramente il “Graukäse e pane croccante alla segale”. Ma qui è doveroso fare un passo indietro. 

Il legame che c’è tra chef Kirchler e il formaggio risale infatti a quando, da piccolo, aiutava la famiglia nei lavori della malga, badava alle vacche e imparava a destreggiarsi con i formaggi. Soprattutto con il “Graukäse”, il formaggio grigio, che è il cibo più antico e tipico della valle, tanto che le prime testimonianze scritte risalgono al 1348.

Un sapore che si identifica fortemente con questo luogo. Lo chef lo ripensa e ne stravolge la struttura che da solida, granulosa e quasi gommosa, diventa spumosa ed eterea all’impatto che, presentata in una ciotola volutamente grezza (molte delle ceramiche sono realizzate a mano da Matthias), tra cenere di porro ed erba cipollina, nasconde dei caldi bonbon di formaggio grigio al cucchiaio accompagnati dallo schüttelbrot, il caratteristico pane croccante altoatesino che non sfugge alla puntuale rilettura sintattica.

Il Graukäse con pane croccante, è stata la mia sfida. A partire dalla ricerca e dalla sua lavorazione che ho fatto spalla a spalla con la produttrice; perchè un formaggio a latte acido, senza lattosio e senza grassi. Ho fatto un lavoro enorme per ripensarlo e proporlo in un consistenza diversa.

Una cucina la sua che, ben oltre cucine e stage, parte dai valori di una cultura comune e dal contatto, dal dialogo e confidenza con il produttore. Al “Graukäse” seguono “Pane, burro e speck” di grande qualità, le “Short ribs in salsa bbq”, il “Salmerino” cotto in oliocottura (cottura in olio a bassa temperatura) nel grasso di vacca grigia – e che, attraverso questa tecnica diventa quasi glassato preservandone consistenza e sapore. Poi c’è “Goaroshtch”, un piatto con il quale lo chef ha voluto omaggiare Günter (allevatore e fornitore di “capre felici” sopracitato) immettendo nei Cappelletti in brodo tutta la forza della carne di capretto e della ricotta di capra, ricoperti da una sottile neve di formaggio e gocce di olio alle erbe. Si arriva così al “Cervo, barbabietola e mirtilli rossi”, servito con una deliziosa quanto inedita versione di Schupfnudel

Gli schupfnudel sono una pasta tipica, tipo gnocco lungo, 

che volevo proporre in stile fine dining.

Il piatto merita un approfondimento perché il Cervo, oltre la sua vivida trama, viene caratterizzato da una sabbiatura di sangue essiccato e polverizzato – altro ingrediente tipico della valle – e viene servito con delle “finte patatine”, ovvero gli schupfnudeln – tradizionalmente gnocchi di patate bolliti e rosolati nel burro – qui cosparsi di polvere di fungo per ricreare l’effetto della patata appena sottratta alla terra. Due le considerazioni: se non fosse per il doveroso contegno che si addice delle dimensioni gourmet, se ne dovrebbero poter mangiare a iosa; sono i dettagli, come al solito, a rimanere impressi e a fare le grandi differenze.  

Muovendo qualche passo nel percorso vegetale, anche qui è il “Genussbunker” a issare la bandiera del sapore e dell’esattezza di un piatto.

Il titolo è un omaggio al Genussbunker – il bunker dei formaggi a qualche chilomentro da Brunico di Hubert Stockner, Mastro Casaro e fine-affinatore di formaggi extra-ordinari. Kirchler gli dedica un piatto, e nascono così i “Cappelletti ripieni di blu di bufala affinato in bunker e brodo di birra”. Perfetti nella loro realizzazione, nello spessore della sfoglia, nella forza del ripieno intenso e cremoso, che condensa la grande personalità del formaggio a proprio agio nel brodo scuro di birra. Un piatto di ingredienti semplici, forti e diretti, perfetto nella sua esecuzione, una lama tesa di sapore felice e di grande gusto, che ben rimane in memoria.

La mia cucina è al 100% della Valle Aurina, sia per quanto riguarda la materia prima che proviene dai produttori locali, che nell’idea di fondo.

Prima di passare al dolce, doveroso è dedicare qualche parola al filone di pane di patate e al suo servizio, uno dei momenti più importanti e rituali della cena perché celebra il valore del pane, che viene tagliato in sala dallo chef e viene condiviso tra i commensali, come fossero una famiglia. 

Se nel percorso onnicomprensivo si accompagna a “burro e speck” (come sopra citato), in quello a tema vegetale si presenta come “pane, burro e prosciutto” che è una provocazione bonaria e, al contempo, un’interessante invenzione sul sedano rapa (sul quale c’è ancora molto margine di gioco), che viene fatto asciugare con una pasta di sale e presentato in fette sottilissime.

Matthias Kirchler è infatti uno di quei pochi chef che governa con sorprendente facilità il tridente delle abilità gastronomiche: la panificazione, la cucina, la pasticceria. Ne deriva una cucina indipendente, scevra dalle mode passeggere, profondamente identitaria e culturale che, pur promuovendo la narrazione di questa estrema valle italiana non cade nel tranello dell’autoreferenzialità e ti porta a pensare che forse accanto alla “luna(ris)” potrebbe star bene una stella.

Rimanendo sulla terra, sul finire della nostra chiacchierata gli chiedo: “nella tua formazione/non formazione qual è stata la tappa che hai ritenuto fondamentale per la tua crescita e quella che senti di dover fare per migliorare?”

All’ Alpenpalace Luxury Hideaway & Spa Retreat, con lo Chef, in pasticceria. E’ stato il primo ristorante gourmet dove ho lavorato, che mi ha aperto le porte del dolce. All’inizio non volevo, è stata una sfida, quando ho realizzato il mio primo buon macaron è stata per me un’enorme vittoria, mi sono sentito come Dio (ride).

Con questa rara abilità pasticcera tra le dita, in chiusura del pasto rilegge un ricordo importante, quello di “pane e latte”, una memoria intima, legata a sua nonna che Matthias porta in tavola di persona e racconta con grande trasporto.

Utilizzo al massimo quattro ingredienti in un piatto. Non ne voglio troppi perchè voglio dar loro la possibilità di esprimersi e che l’idea del piatto arrivi netta all’ospite.

Perfezionista con una grande abilità nell’impiattamento, Matthias Kirchler, senza maestri sta disegnando i nuovi confini/non confini di una cucina boschiva e montana, essenziale e di contenuto, in stretto dialogo con il territorio la quale, mentre si adopera per la soddisfazione dell’ospite e per raccontare al meglio la cultura della Valle Aurina, automaticamente, autodefinisce se stessa e assieme i contorni di un grande talento naturale, al naturale.

Lunaris 1964 presso l’Amonti & Lunaris Wellnessresort

Hittlfeld 1a

39030 Cadipietra (Bolzano), Valle Aurina, Alto Adige, Italia

T +39 0474 652 190

lunaris@wellnessresort.it

Aperto da venerdí a martedì. Orario e Turno unico: 18:45
Menu degustazione: 144 completo – 124 vegetariano

Articoli correlati

Mehmet Gürs a Identità Golose – MangiaeBevi Tivù

Redazione

Marc Lanteri: “Perdere la stella è stata una doccia fredda”

Camilla Rocca

Marco Del Sorbo e la ristorazione in Costiera

Camilla Rocca