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VAN 2019: le chicche delle nuove cantine assaggiate per voi a Roma

Tra conferme e sorprese, la X edizione della fiera dei Vignaioli Artigiani Naturali ha riservato agli appassionati romani di vini naturali una due giorni di assaggi di grande qualità. Concentrandoci in modo particolare sulle novità presenti vi raccontiamo quali sono stati i nostri migliori assaggi.

La decima edizione del Van, la fiera dei Vignaioli Artigiani Naturali, si è conclusa e come sempre è accaduto in questi cinque anni di appuntamenti (parlo da abitué dell’evento) alla fine della due giorni di assaggi di grande qualità, ci si sente innegabilmente più ricchi e più tristi. Ricchi di contenuti e di umanità, di cui si è fatto il pieno in due giorni densi di assaggi ma soprattutto di chiacchierate con i produttori e di confronto con altri appassionati e operatori del settore.

Tristi perché di eventi così se ne trovano pochi, almeno a Roma, e due giorni sembrano pochi per assaggiare tutti i vini (nuove e vecchie annate, nuove etichette, esperimenti e talvolta campioni di vasca) e riuscire a parlare con tutti i produttori presenti alla manifestazione.

Divenuta ormai uno dei punti di riferimento per gli amanti capitolini (e non solo) del vino naturale, quella organizzata dall’associazione Vignaioli Artigiani Naturali, presieduta da Emilio Falcione, è una rassegna che non manca mai di riservare sorprese, spesso vere e proprie scoperte, ai partecipanti.

Siamo molto soddisfatti della crescita costante della manifestazione – ha sottolineato Falcione – e  della crescita dell’associazione. Ormai stiamo diventando un punto di riferimento nel panorama del vino naturale in Italia, soprattutto per i piccoli produttori artigianali, e siamo molto contenti che ci vengano riconosciuti il grande lavoro di scouting che facciamo e la serietà con cui operiamo i controlli a tappeto sui produttori per verificare il rispetto dei valori cardini dell’associazione”.

Gli oltre quaranta produttori presenti hanno portato in degustazione oltre 200 vini e la qualità media degli assaggi è stata molto elevata. Ovviamente, visto il grandissimo numero di etichette in degustazione è stato quasi impossibile assaggiare tutto e allora per i lettori di MangiaeBevi abbiamo deciso di concentrarci in particolar modo sulla scoperta delle realtà produttive che prendevano parte per la prima volta al salone testaccino. Eccovi di seguito gli assaggi che ci hanno colpito maggiormente.

Az. Agricola La Torretta, Grottaferrata (RM)

Bolle di Grotta 2018 – Interessante e godereccia bollicina metodo ancestrale ottenuta da uve Trebbiano allevate in regime biodinamico da una nuova e promettente cantina di Grottaferrata che imbottiglia per il primo anno. La fermentazione avviene spontaneamente con lieviti indigeni in anfore di terracotta interrate in una cantina scavata in una grotta. Nel calice si mostra come una bella limonata torbida, il profumo è denso di note di agrumi, frutta tropicale e lieviti. Il sorso è goloso e polposo, freschezza e sapidità vanno a braccetto con gli aromi di lievito e ricordi di litchi.

Castagna 2018 – Al confine del vigneto da cui si ottiene l’uva per fare questo vino, un tempo sorgeva un imponente castagno che dava il nome all’appezzamento di terra. Ora l’albero non troneggia più sul vigneto ma il nome è rimasto “Castagna” e per il bianco di punta, da Trebbiano e Malvasia puntinata, Riccardo Magno ha deciso la strada dell’affinamento in grandi botti di castagno locale. Nel calice è di un bel giallo dorato. Note di castagna bollita, fieno, fiori gialli e frutta gialla matura dominano l’olfatto prima di concedere spazio a ricordi minerali e di erbe aromatiche. In bocca è delicatamente morbido e materico; castagne, percoche e salvia riempiono il palato in un sorso dotato di grande sapidità e di una freschezza più che accennata. Chiude con un finale piacevolmente salino e lievemente ammandorlato.

Fra I Monti, Terelle (FR)

A la voleé  2018 – Bolla molto graziosa, seppur all’apparenza un po’ gracilina, ottenuta dalla rifermentazione in bottiglia di uve Semillon (80%) e Maturano (20%). Siamo a Terelle, piccolissimo borgo in altura su un costone del Monte Cairo, e voi vi starete senz’altro chiedendo che si fa il Semillon in Ciociaria. Non ce l’hanno portato Benedetto Leone e Rocco Toti, i due artefici di questa nuova realtà aziendale alla sua prima annata di produzione. La prima vigna di Semillon in zona fu piantata nell’800 da una nobile famiglia locale che aveva trascorso un periodo a Bordeaux. Ormai è diventato un vitigno tradizionale in zona e visto che in questa bollicina si accompagna al Maturano, che è autoctono, ormai parla ciociaro. Le uve, raccolte in cassette, vengono lasciate a macerare 5 giorni sulle bucce. Dopo la svinatura il pigiato va in anfora per 8 mesi, prima di finire in bottiglia con mosto congelato della stessa annata. Giallo paglierino poco intenso e golosamente torbido. Al naso si avvertono note di biancospino, cedro e pesca bianca, accenni salini e sentori di dolci da forno (come un metodo classico) forse accentuati dalla surmaturazione del Semillon. Il sorso è piacevolmente fruttato, fresco e sapido. Vino pericoloso dalla disarmante facilità di beva.

Sempre in due 2018 –  Maturano in purezza. Le uve provengono da una piccola vigna di solo un ettaro con una resa molto bassa, che cresce su terreni di origine argillosi e limosi. Le uve vengono raccolte a fine settembre, e in cantina dopo la diraspatura vengono fatte fermentare spontaneamente in tini aperti con macerazione sulle bucce di 6 giorni. Dopo la svinatura finisce la fermentazione in anfora senza controllo della temperatura. Segue l’affinamento sulle fecce fini per 8 mesi in anfora. Giallo paglierino tendente al dorato. Naso intensamente floreale (sambuco e ginestra) e agrumato che col tempo si apre verso note di frutta esotica e cenni minerali. Bocca ricca di sapore ed energica condita da una bella freschezza e impreziosita da un finale lungo e succulento di arancia bionda e sale.

La Chiusa, Montevago (AG)

Parva Satis 2018 – Non è ancora in commercio questo rosato rifermentato da Nerello Mascalese proveniente da Montevago, piccolo centro al confine tra la provincia di Agrigento e quella di Trapani, quindi non scapicollatevi a cercarlo perché potreste ancora non trovarlo. Prodotto dalle uve del nuovo impianto di Nerello, su terreni argillosi di medio impasto, è una delle chicche (assieme a ottimi Catarratto) realizzate da La Chiusa. Nel calice si mostra di un bel rosa petalo, leggermente torbido per i lieviti in sospensione. Naso inizialmente denso di melograno e pompelmo rosa, che fanno spazio in un secondo momento a note lievi di salvia, fragoline di bosco e accenni rugginosi. Palato succoso e materico, ma allo stesso tempo leggiadro grazie a bollicine piacevolmente graffianti e soprattutto a grande freschezza e sapidità. Fra gradevoli ritorni di piccoli frutti scivola godurioso verso un finale di agrumi e lieviti dalla buona persistenza.

Casa Brecceto, Ariano Irpino (AV)

Guizzo 2018, Campania Rosso Igp – Azienda appena nata, ma con una lunga storia alle spalle fatta di vent’anni di produzione di vini carbonari orchestrata da tre amici (la prima vendemmia è del 2001, con il nome di Arajani Enoprogetto). Dopo diciotto anni di “Vin de garage” prodotto in quantità limitatissima (300 bottiglie) Arajani diventa maggiorenne e, con l’aumento dei “soci” da 3 a 8, prende il nome di Casa Brecceto e ai vini grandemente strutturati della tradizione vinicola rossista irpina e affianca quelli più sfaccettati e sperimentali, come questo Guizzo. Aglianico (65%) e Piedirosso (35%) sono raccolti a mano a piena maturazione, vinificati in tini aperti ed in parte a grappolo intero in anfora, dopo la macerazione affinano assieme per 9 mesi in acciaio e anfore di terracotta. Ne viene fuori un vino che abbina corpo e scorrevolezza. Rubino intenso, con lampi purpurei. Naso vivido di ricordi fruttati di amarene, prugne, more di rovo cui fanno eco accenni di violette e note ematiche su un tappeto lievemente speziato. In bocca è piacevolmente fresco e sapido. Il frutto croccante e i richiami minerali creano succulenza parzialmente attenuata da un tannino non ancora perfettamente integrato ma ugualmente piacevole. Chiusura con una gradevole nota ferrosa e sapida che rende il sorso ancora più divertente e godereccio. Un vin de soif da applausi.

Cantina Grawü, Cermes (BZ)

Lato scuro 2018, Mitterberg Rosso Igt – Dominic Würth e Leila Grasselli seguono una loro idea di vino, lontana anni luce dalla prevedibilità dei prodotti molto tecnici e precisi, spesso troppo simili tra loro, che provengono dalla loro terra, l’Alto Adige. I loro sono vini fedeli al territorio, all’uva, alla terra e all’annata, senza sovrastrutture che li appesantiscano, come questo rosso da uve Regent (vitigno resistente di origine tedesca nato dall’incrocio della varietà Diana con l’ibrido interspecifico Chambourcin). Nel calice si mostra di un bel rubino intenso. Un cestino di piccoli frutti e prugne apre la strada a ricordi olfattivi di spezie, accenni vegetali e note di sottobosco. In bocca è grintoso e succoso, freschezza e sapidità bilanciano la materia che invade il cavo orale con un tannino vispo e asciugante che pulisce il sorso denso di piccoli frutti, uva appena premuta e note di peperone verde lasciando in chiusura ricordi di china. 

CasteldelPiano – Licciana Nardi (MS)

Pepenero 2017 –  Di origini oscure e diffuso principalmente tra Toscana e Liguria, oggi in meno di 100 ettari, il Vermentino Nero è un vitigno incostante e difficile da coltivare. Le versioni naturali in purezza scarseggiano e quella di CasteldelPiano è un piccolo capolavoro di piacevolezza e territorialità. Il vino si presente di un bel rosso rubino intenso con riflessi violacei. Al naso è inizialmente ricco di mirtilli, more di rovo e susine per poi aprirsi su un ventaglio di sentori speziati (pepe nero e chiodi di garofano), foglie di alloro e note balsamiche. In bocca frutta e spezie sono integrate alla perfezione in una succulenta macedonia “pepata” esaltata da un tannino morbido e un piacevole e marcato ricordo di macchia mediterranea che conduce ad una chiusura gradevolmente sapida, quasi rugginosa.

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