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Vini naturali: cosa sono e perché piacciono

vini naturali

Cosa sono i vini naturali? Negli ultimi anni l’attenzione verso questo genere di vini e il loro consumo sono cresciuti, ma ancora in tanti li confondono con i vini biologici. In questa prima puntata di Bevi Naturale proviamo a fare un po’ di chiarezza

Negli ultimi anni la sostenibilità ambientale ha conquistato tanti aspetti delle nostre vite e ha iniziato a indirizzare molte delle nostre scelte, soprattutto in merito a ciò che mangiamo e beviamo. Anche il mondo del vino ha iniziato ad adeguarsi alla crescente attenzione da parte dei consumatori e la produzione di vini che strizzano l’occhio ad una filosofia di vita green è infatti cresciuta a dismisura, orientandosi su diversi approcci produttivi e generando una certa confusione nei consumatori alle prese con almeno tre tipologie di vini: biologici, biodinamici e naturali.

Quali sono le diversità fra biologico, biodinamico e naturale?

Il prodotto bio segue una normativa specifica (Regolamento europeo 203/2012) che esclude l’uso di pesticidi, diserbanti e concimi chimici sulle viti (fatta eccezione per i trattamenti a base di rame), e prevede l’utilizzo delle sostanze e degli organismi antagonisti ammessi dall’agricoltura biologica. Il regolamento riguarda anche i metodi usati in cantina, per produrre il vino, metodi che, nel complesso, non sono molto diversi da quelli utilizzati per la produzione di vini convenzionali e consente l’utilizzo di diversi coadiuvanti enologici e di pratiche tecnologiche che tendono a spersonalizzare il vino omologandone il gusto.

Il vino biodinamico non ha una legislazione specifica, quindi non esiste un marchio “ufficiale”, ma solo la certificazione di settore che è fornita da associazioni come Demeter. L’uva è coltivata con metodo biologico (certificato) e l’impostazione filosofica si rifà alla teoria antroposofica di Rudolf Steiner, che prevede un profondo legame con la natura e grande rispetto dei suoi ritmi. Il numero di pratiche e di sostanze ammesse in vigna e in cantina è molto più ristretto, ma non esclude tuttavia l’impiego di tecniche intrusive durante il processo di vinificazione.

Ancora diverso è l’approccio dei vinificatori “naturali”. Come nel caso dei vini biodinamici, non esiste una normativa che regolamenta per legge questa categoria.

Si sente spesso bacchettare che “il vino non può essere naturale perché lo fa l’uomo” oppure l’esatto contrario, “il vino è sempre naturale, perché si fa con l’uva”. Talvolta, soprattutto negli ultimi anni, quasi fosse in corso una guerra tra fazioni, ci si può imbattere in affermazioni perentorie del tipo “il percorso naturale dell’uva è l’aceto e quindi il vino naturale non esiste”. Per quanto la parola naturale sia opinabile, la definizione è più o meno condivisa ed essendo necessario trovare un codice comune per comprendersi, senza fraintendersi la utilizzeremo anche noi.

vini naturali

Il vino naturale proviene da uve coltivate con metodi tradizionali (prevalentemente agricoltura biologica, talvolta biodinamica), assecondando la natura e limitando all’indispensabile l’intervento dell’uomo, senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi. Dunque il vino naturale si fa in vigna. Alla base della produzione di vino naturale c’è il rispetto per la terra, lavorando per la fertilità del suolo e curando le viti senza forzare la produzione con additivi o tecnologie invasive. In questo modo l’uva vendemmiata e portata in cantina è sana e ricca di qualità.

Lo scopo è proprio quello di ottenere una bevanda con profumi e aromi unici perché espressione di un territorio, inteso come insieme di fattori diversi e distinti, quello che i francesi definiscono terroir.

Con il termine terroir si indica il rapporto che lega un vino alle specifiche del territorio in cui si trovano i singoli vigneti: zona geografica, clima, caratteristiche del suolo e dei vitigni. In senso più ampio fanno parte del terroir tutte le caratteristiche che rendono unico un vino, comprese le modalità di coltura in vigna e di vinificazione in cantina. Non contenendo sostanze chimiche addizionate, che aiutano la produzione di vino ma al tempo stesso ne uniformano il sapore, il vino naturale è un’espressione diretta del territorio a cui appartiene. Nelle caratteristiche territoriali rientrano anche i lieviti indigeni, naturalmente presenti nell’aria. Questi lieviti, trasportati dal vento e veicolati dalla fauna viva e sana che popola un vigneto non trattato chimicamente, si depositano sulla buccia dell’uva quando è sulla pianta e durante la pigiatura entrano in contatto con il mosto, iniziandone la fermentazione alcolica e conferendo al vino proprietà organolettiche specifiche e tipiche del territorio. 

Nella produzione di vino convenzionale si ricorre all’aggiunta di molti additivi nella vinificazione (solfiti, lieviti selezionati, correttori di acidità, albumina d’uovo, gomma arabica, cremor tartaro, colla di pesce, proteine vegetali, enzimi e coloranti vari etc) per conservare e stabilizzare il vino, o per renderlo più limpido e con meno depositi. Senza contare la necessità di standardizzare i processi intensivi in larga scala, per automatizzarli e riuscire a lavorare grandi quantità di prodotto che ogni anno deve avere lo stesso sapore. Nella produzione di vino naturale si parte da uve biologiche di prima qualità, vendemmiate e controllate a mano (selezione dei grappoli), sane e prive di muffe: questo evita il proliferare di batteri nelle prime fasi di lavorazione. Stretti controlli igienici, dei tempi e, talvolta, delle temperature, permettono di ottenere una buona fermentazione senza la necessità di aggiungere additivi di nessun genere, fatta eccezione per quantitativi ridotti di anidride solforosa.

Molti vini naturali vengono prodotti senza nessuna aggiunta di solfiti, ma possiamo considerare naturali anche vini che abbiano quantitativi ridotti di solfiti aggiunti, che non dovrebbero superare i 30 mg per litro. La loro aggiunta dipende anche dall’andamento della stagione e dall’affinamento in cantina. A volte risulta necessario ricorrere alla solfitazione se le condizioni di sanità delle uve o le analisi del vino prima dell’imbottigliamento non sono nella norma. Diversi produttori decidono di farne comunque a meno, anche perché i solfiti, essendo un sottoprodotto naturale della fermentazione, sono presenti nel vino in piccole quantità, sufficienti a svolgere, assieme all’alcol, il loro compito di conservanti naturali senza che ci sia bisogno di ulteriori aggiunte. 

Questi metodi portano i vignaioli a correre molti rischi, poiché il percorso è complesso e non sempre chiaro, per seguirlo occorre un’ampia consapevolezza e conoscenza sia in vigneto che in cantina.

I vini naturali sono migliori di quelli convenzionali?

Non c’è una risposta univoca a questa domanda. Ognuno di noi, in base al proprio gusto personale, sceglierà qual è il vino che più gradisce. Da un punto di vista strettamente organolettico troviamo vini buoni e vini cattivi sia tra i vini naturali che tra quelli convenzionali. Un po’ di apertura mentale può essere utile per emanciparsi dall’idea che il vino naturale possa avere delle connotazioni di colore o anche sentore sgradevole. Un vino non esattamente limpido o con odori (non generati da difetti) differenti da quelli che di solito sentiamo accostando il calice al naso non è un vino meno buono a priori.

Il mercato della produzione dei vini naturali è arrivato ad un grado di maturità tale da aver acquisito sicuramente le conoscenze e l’esperienza necessaria per produrre vini “puliti” e di ottima qualità. Da un punto di vista meramente salutistico invece, la faccenda è diversa.

Un vino prodotto da uva non trattata e di altissima qualità e che utilizza meno additivi chimici, o non li utilizza affatto, è sicuramente più digeribile e più sano rispetto al vino convenzionale. C’è poco da obiettare il merito.

Un po’ di storia

La definizione di vino naturale nasce in Francia negli anni ’70, ad opera di Jules Chauvet, viticoltore, enologo e sommelier, che opponendosi alla massiva introduzione di pesticidi e concimi chimici in agricoltura, e di tecniche di vinificazione manipolatorie basate su una pesante modificazione biologica, chimica e fisica del mosto-vino in cantina mediante procedimenti chiaramente industriali e seriali, creò di fatto il movimento del vino naturale nel mondo.

Vignaioli del Beaujolais come Marcel Lapierre, Max Breton, Jean Foillard, Jean Thévenet, ispirandosi all’esperienza di Chauvet che, vinificando senza additivi, otteneva un vino vivo, vibrante e molto diverso dal gusto standardizzato che ormai si era impadronito della regione, iniziarono anche loro a fare il vino senza additivi, a convertire le vigne al biologico e a ritrovare nel vino il carattere del territorio. La loro esperienza e il passaparola hanno contagiato altri produttori della regione, poi di altre regioni, poi di altri paesi.

vini naturali
Josko Gravner

Pochi anni dopo, in Italia qualche produttore iniziò a pensare che le proprie vigne e i propri vini avessero cambiato fisionomia al punto da diventare irriconoscibili. Tra i primi, senza dubbio, Josko Gravner il quale, dopo un viaggio negli Stati Uniti e uno in Georgia, capì cosa non voleva e non doveva più fare e comprese in quale direzione muoversi: quella di un ritorno al passato che custodiva in sè il sapore di futuro, emulando i produttori caucasici. Da questi viaggi nacque dunque l’idea di ritornare ad un mondo del vino più credibile ed autentico tenendo fede però a quanto di buono la conoscenza aveva portato fino a quel momento. Una sfida enorme. A quel punto avrebbe avuto inizio un cambio di rotta epocale per il vino. A seguire Josko Gravner su quella linea di confine tra Italia e Slovenia, furono Stanko Radikon, Nico Bensa, successivamente Dario Princic e Walter Mlecnick e, dalle colline di Gambellara, un giovane Angiolino Maule. Certamente a macchia di leopardo l’Italia ha avuto, prima di loro, figure illuminate che combattevano contro i mulini a vento. Persone che nel loro territorio facevano molto ma non riuscivano ad emergere e a far un gruppo critico solido. Giusto per citarne alcuni: Lino Maga, famoso per le sue lotte per rivendicare l’unicità della collina del Barbacarlo, oppure il Cavalier Lorenzo Accomasso a La Morra, il Jazzista Pino Ratto ed il suo Dolcetto di Ovada, gli abruzzesi Emidio Pepe e Edoardo Valentini fino ad approdare al biodinamico Stefano Bellotti.

Non commettiamo dunque l’errore di pensare che quella dei vini naturali si tratti di una moda e che la cosa sia recente. Se è vero che molti produttori si sono affacciati a queste pratiche negli ultimi anni, alla ricerca di un rapporto più rispettoso della terra e di un modo più etico e sostenibile di condurre il proprio vigneto, bisogna anche sottolineare che tanti altri vignerons, come alcuni tra quelli citati, operano così da sempre, custodi di quella sapienza contadina, sempre rispettosa della natura, tramandata da generazioni nelle loro famiglie.

Di recente c’è solo la crescita di attenzione verso questi vini da parte dei consumatori, originata dalla voglia di rompere lo schema di un gusto omologato e standardizzato che l’industria enologica ha costruito negli ultimi 50 anni e da una maggior sensibilità verso ciò che è salubre, gustoso e rispettoso dell’ambiente.

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