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Alessandro Gavagna e la gioia di tornare al ristorante

Alessandro Gavagna, chef stellato de La Subida di Cormons, tra cucina mediterranea e mitteleuropea non vede l’ora di riaccendere i fuochi.

Alessandro Gavagna, chef stellato de La Subida ed esponente di punta del consorzio “Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori” a Cormons (in provincia di Gorizia). Una dei ristoranti stellati più longevi, dal 1997. Mamma friulana e papà emiliano: la sua cucina ha per base i piatti del territorio, di confine dove si incontrano e si fondono la cultura culinaria mediterranea e quella mitteleuropea, friulana e slovena. Lo abbiamo intervistato per capire quali sono le prospettive di uno chef di lungo corso come Gavaglia.

Quale sarà il futuro della ristorazione gourmet?

“Le crisi economiche sono difficili da superare, non esiste una chiave. Nelle crisi della mia vita ho trovato delle chiavi per conoscere meglio me e chi mi stava intorno. Ma bisogna avere pazienza e non pensare che si risolva tutto in fretta, qualche volta prendersi il proprio tempo è necessario per riflettere e trovare la soluzione giusta”.

Quando pensi sarà possibile tornare a pieno regime?

“Raffinatezza in semplicità e sorriso rassicurante: questi sono i miei cavalli di battaglia. Piatti raffinati ma con meno ingredienti; cerco di concentrarmi maggiormente sulla qualità, sui diversi metodi di cottura e cerco la massima perfezione nella semplicità. Ho alleggerito i piatti e il menu. Vogliamo dare ai nostri ospiti l’opportunità di vivere un’esperienza. Dobbiamo puntare su ciò che ci distingue, sulle nostre peculiarità… con il cuore in mano e il sorriso sulle labbra: si naviga a vista, ma alla fine toccheremo terra”.

La tua proposta gastronomica è cambiata pre e post lockdown? Hai fatto delivery?

“Faccio una premessa: sono sempre stato abituato a vedere il bicchiere mezzo pieno. È successo che tutto ciò di cui siamo stati privati è stato compensato dal tempo per pensare. Abbiamo lavorato quindi su aspetti della nostra offerta che normalmente non avremmo avuto modo di considerare. Mi sono sentito fortunato, perché ho una clientela locale affezionata, che mi è stata vicina, e non è scontato. Mi ha sostenuto durante il delivery, eppure non ho mai fatto cucina casalinga. E poi, appena abbiamo riaperto, sono tornati a trovarci. E questo mi rende più forte perché è speranza, il primo lockdown ci ha colpito, mi chiedevo come sarebbe stata la riapertura, come sarebbe cambiata la socialità al ristorante, se la gente sarebbe venuta. E invece, quando ho visto la gioia di tornare al ristorante, ho capito che questo aspetto di convivialità rimarrà sempre”.

Come vedi il futuro della ristorazione?

“Siamo alla ricerca di brandelli di normalità. Quello che prima davamo per scontato ci manca. Naturalmente, aprire non basta, è necessario offrire un’ esperienza studiata nei particolari affinché la fiducia riposta nelle nostre strutture non sia delusa. L’accoglienza, da sempre nel nostro stile, ha
raccolto la sfida facendo sentire il cliente coccolato, sereno, tranquillo”
.

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