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Imparare cucinando

Complice il successo dei programmi televisivi, si registra un vero e proprio boom delle scuole di cucina, i nuovi centri di cultura gastronomica

di Belinda Bortolan (@bibirio)

Ormai è certo: il trend delle scuole di cucina è inarrestabile. Ma andiamo con ordine. Il punto di partenza è che “sapere” di cibo sta diventando sempre più una necessità, non solo personale (e magari passionale) ma anche sociale. Se non si sa cucinare si deve imparare, se non si vuole stare ai fornelli, si deve almeno saper assaggiare. E anche questo non è facile. Si rischia di venir ostracizzati dal proprio giro di amici per aver parlato di timo anziché di rosmarino e aver fatto una brutta faccia quando qualcuno ha detto a tavola di aver preparato la spuma col sifone e si è pensato a un tubo di scarico! A tutto c’è rimedio, dice un’antica massima. E qui entrano in gioco le scuole di cucina. Questa è la via divertente per trattare una realtà culturale e imprenditoriale molto seria e importante, che sta avendo un grande sviluppo in tutta Italia: sia che si voglia imparare a cucinare per se stessi o per gli altri, per passione o per farne un lavoro, una scelta di vita, a un certo punto si cerca di ricevere cognizioni, assorbire competenze, maturare esperienze, cioè riuscire a capire di che si tratta. Così, ormai, chiunque cerchi di imparare a cucinare deve in realtà farsi una cultura. Non è solo saper fare un piatto basandosi su una ricetta ma conoscere i prodotti, saperli selezionare, capire come accostare i sapori e i profumi, individuarli all’assaggio e così via. Non basta, però, nemmeno sapere se un pomodoro è buono, bisogna anche poter dire da dove proviene, come è stato utilizzato finora, se oltre ad essere buono sarà l’ingrediente giusto proprio per il piatto che abbiamo deciso di cucinare e perché.

 

Davide Oldani durante una lezione ad altopalatoDSCN3175
Lo chef Davide Oldani insegna la sua arte alla scuola di cucina Altopalato di Milano

«Dopo centinaia di anni dall’inizio dello sviluppo della cucina occidentale – che si deve a Caterina De’ Medici, regina di Francia nel ‘500 – abbiamo provato tutto e le invenzioni sono ormai pochissime! Non ci si improvvisa cuochi, la cucina è una cosa seria». Così comincia a raccontare Toni Sarcina titolare, insieme a sua moglie Terry, della scuola di cucina Altopalato di Milano, dove coltivano da oltre 30 anni, con passione, una scientifica ricerca su prodotti, cotture, combinazioni di ingredienti e ricercando l’equilibrio nutrizionale in ogni piatto. Altopalato propone corsi professionali e amatoriali presso cui insegnano i migliori chef italiani (da Davide Oldani a Claudio Sadler) ed europei con una caratteristica: tutte le ricette sono state elaborate da Terry stessa. Loro sono stati tra i primi in Italia a parlare del benessere che viene dall’accostamento sapiente degli ingredienti. «Abbiamo bisogno – continua Sarcina – di conoscere ciò che è stato fatto in passato per saper guardare avanti. La conoscenza è ciò che ci renderà dei buoni cuochi o dei buoni conoscitori».

 

Angelo e Alunni HD
Lo chef Angelo Troiani con gli allievi della scuola Coquis di Roma

Dello stesso avviso anche lo chef stellato Angelo Troiani (Il Convivio Troiani è il suo ristorante), proprietario con i suoi fratelli Massimo e Giuseppe, di Coquis – Ateneo Italiano della Cucina di Roma, unica scuola in Italia a rilasciare un diploma equivalente al corso di laurea triennale, con crediti universitari riconosciuti a livello internazionale, decretata come una delle 10 migliori scuole a livello mondiale dalla rivista Wine & Food. Nei loro corsi, si vuole dare conoscenza e strumenti pratici, anche nella formazione amatoriale, per permettere agli allievi di riprodurre facilmente anche a casa la ricetta che viene presentata. «La tradizione italiana – dice Angelo – è il patrimonio da cui partiamo e che, insieme ai nostri docenti (come lo chef Fabio Pecelli, che vanta una lunga esperienza), cerchiamo di trasmettere agli allievi che escono dalle nostre classi con una preparazione completa. Questo significa che sapranno costruire un piatto anche solo aprendo un frigorifero e vedendo cosa c’è dentro. E questo si può fare solo comprendendo appieno tecniche, conoscendo i prodotti, apprendendo la tradizione». 

 

foto con chef
Foto di gruppo alla scuola di cucina Casa dello Chef di Roma

Ancora a Roma, sulla via Anagnina, incontriamo Sara Priori, responsabile della scuola di cucina Casa dello Chef che fa della socialità il loro centro di interesse: «Il percorso della scoperta – ci racconta Sara – è quello che utilizziamo per interessare chi arriva da noi anche se già possiede nozioni pregresse. Trasmettiamo informazioni, curiosità, aneddoti e poi facciamo lavorare sulla ricetta. Alla fine della lezione, riusciamo a dare all’allievo un panorama completo su un piatto. Alla Casa dello Chef pensiamo che il bello del cibo non sia solo imparare a crearlo, ma anche il suo essere elemento di aggregazione per eccellenza e i nostri incontri e l’organizzazione della scuola stessa ruotano su questo principio. In questa ottica, abbiamo progettato la nostra scuola inserendo nello stesso stabile negozio, aule, sale eventi. Qua da noi è possibile festeggiare anche un compleanno! Non abbiamo nemmeno dimenticato i bambini: dal 13 giugno al 6 agosto ci sono i campi estivi di cucina a loro dedicati! Insomma, pensiamo che la cultura della cucina vada trasmessa fin da piccoli».

Sempre sul concetto della socialità e della condivisione si fonda la scuola di cucina napoletana CucinAmica, della biologa e food stylist Carmela Caputo e di Giorgia Chiatto, archeologa e appassionata di cucina: l’obiettivo è quello di aiutare a scoprire le abilità culinarie e l’artista che è in ognuno di noi, insegnando antiche alchimie e tecni- che culinarie in un gioco sapiente. «La scuola è nata su ricerche iniziate 30 anni fa. Inizialmente cercavamo di creare ricette senza glutine – ci spiega Giorgia Chiatto – e oggi ciò che vogliamo trasmettere è il concetto di comfort food: vogliamo che le persone imparino a coccolare gli altri tramite la cucina! Per coinvolgere chi si avvicina ai nostri corsi, amiamo raccontare storie sul cibo, sia personali sia legate alla cultura dei popoli (su questo tema Giorgia ha anche scritto un libro, “Il cuoco galante”, su uno chef napoletano del 1700, ndr) e cerchiamo di far capire che in cucina non bisogna aver paura di sbagliare».

 

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Allievi della Italian Genius Academy

Alla IGA – Italian Genius Academy con sede in centro a Roma, occupandosi unicamente di formazione professionale, il focus è centrato sul riuscire a dare ai propri allievi una forma mentis, una cultura teorica e una preparazione pratica che li trasformi davvero in cuochi: cuochi reali, che sudano sui fornelli e lavorano con dedizione, non chef da show cooking televisivi dove tutto appare bello e patinato. «I nostri allievi – ci racconta Massimiliano Salemme, direttore della IGA – hanno un’età molto varia: dai giovani appena usciti da scuola, professionale o liceo che sia, agli adulti in cerca di nuove opportunità lavorative. Tutti sono accomunati dalla curiosità di conoscere cosa realmente significhi cucinare in modo professionale e la loro sete di conoscenza è grande. Per farne davvero dei professionisti abbiamo adottato un metodo innovativo: la parte teorica si fa nelle nostre aule ma tutta l’esperienza pratica si fa nelle cucine di importanti ristoranti, stellati e non, per comprendere bene, con umiltà e passione, cosa significa lavorare in una brigata: senza filtri, senza sconti».

 

la lezione
Lezione di cucina presso la scuola Les Chefs Blancs di Roma

Infine, Sandro Masci, chef e titolare insieme alla pasticcera Giulia Steffanina della scuola Les Chefs Blancs, ospitata nelle Officine Farneto di Roma, prosegue ad argomentare sul tema dell’importanza della cultura gastronomica completa da passare agli allievi siano essi dei corsi amatoriali che di quelli professionali: «Storia, chimica, fisica: tutto è fondamentale per apprendere cosa significhi realmente cucinare. Tutto è stato provato nel corso del tempo per cui spesso cerchiamo di spiegare ai ragazzi che accostamenti che sembrano non siano stati mai sperimentati in realtà non vengono proposti perché, semplicemente, non funzionano. Così noi che vogliamo trasmettere la passione, la bellezza e la fascinazione per la cucina a volte passiamo anche per professori un po’ pedanti perché niente è lasciato al caso». E alla nostra domanda se la cucina sia anche un gioco ci risponde: «Cucinare è un gioco sì, sempre, ma che ha bisogno di un pizzico di saggezza per essere giocato a qualsiasi livello. E per questo non c’è bisogno di studiare per acquisirla, solo di stare ad ascoltare e di essere sempre curiosi».

E noi siamo tutt’orecchi!

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