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La Loggia: ad Aquapetra territorialità e ricerca si sublimano in tavola

la loggia

Eleganza, classe e cucina della memoria realizzata con ingredienti del territorio sannita. Questa è La Loggia, il ristorante che, insieme a La Locanda del Borgo, caratterizza l’offerta gastronomica di Aquapetra Resort.

Uno chef si deve riconoscere dal gusto, non solo per estetica o tipologia d’ingrediente. L’estetica può essere approcciata da tutti ma la complessità del gusto è ardua missione, un gradino più in la della normale comprensione critica di un piatto.

E, nel microcosmo Aquapetra Resort & Spa, tra boschi fitti, cipressi austeri e scapigliati olivi che sembrano piantati dalla mano di un bizzarro scultore, al Ristorante La Loggia, che ha affiancato di recente la celebre La Locanda del Borgo, cambiano i piatti ma resta sempre quel fil rouge, timbro di sapore e di conoscenza che riporta allo chef stellato Luciano Villani (ve ne avevamo parlato qui).

Aquapetra

Luogo di quiete e silenzi dove la vita scorre in modo più pacato rispetto a quella che si deve affrontare al di fuori, oltre la natura che la circonda e protegge, Aquapetra è stata scoperta, sognata e affinata dal patron Domenico Tartarone, architetto, e sua moglie Patrizia Cante, interior design. Da casa di campagna del buen retiro familiare condiviso con gli amici prima e con gli ospiti poi, è un luogo dove natura e intervento dell’uomo si integrano e fondono con grande equilibrio.

Cura estrema ed evidente eleganza hanno rivitalizzato anche la campagna circostante ridondante di fioriture stagionali ed effluvi di erbe officinali. Una dimora riservata all’ospitalità di grande classe, dove tutto è ammirabile intorno, con ampi colpi d’occhio dalle finestre delle stanze calde ed accoglienti o dalla sala della Loggia Ristorante.

La filosofia di cucina

In questo ecosistema, uno stile, una filosofia, una forma mentis ben precisa ovvero quella di una cucina “relazionale” e di qualità estrema in cui le menti e i sapori si fondono per dar vita a piatti della memoria.

È come se lo chef portasse il gusto al suo karma iniziale per poi partire in quinta e amplificarne il valore organolettico e culturale, utilizzando tutti gli elementi e le risorse, soprattutto quelle del suo orto, dimostrando un’estrema responsabilità, generosità e rispetto verso il territorio circostante.

Una vita quella di Luciano che gravita interamente attorno ai paesaggi sanniti, al ristorante, alla serra, riducendo al minimo le distrazioni mondane e concentrando al massimo l’energia nei risultati.

La cucina del Ristorante La Loggia si esprime con piatti che portano la mente del commensale avanti e indietro, su e giù per il tempo-spazio, nei substrati dell’inconscio e della sfera affettiva, e parimenti alla superficie, come godimento istantaneo e apparentemente superficiale.

La nostra ricerca culinaria, gravita intorno al sapore. Abbiamo l’ardore nel conservare la nostra memoria gustativa, salvaguardandone i valori come golosi feticisti. Mai abbandonare qualcosa di positivo, bisogna preservare l’ingrediente e custodirne la conservazione culturale”, spiega lo chef.

Affiancato da una squadra giovane e brillante, capitanata dal sous chef Vincenzo Pietroluongo, “le braccia che ogni chef vorrebbe avere”, afferma Villani, e affiancato dal giovanissimo Gianluigi Ventriglia, enfant prodige, La Loggia è una locomotiva che racconta le meraviglie del territorio sannita e di tutta Italia. I piatti sono definiti secondo i dettami dei territori, una sorta di radiografia gastro-geografica, sublimazione della golosità italiana, la descrizione crittografica del meglio che un commensale possa assaporare nel Bel Paese.

Sono con lo chef Villani da ben otto anni e con lui ho condiviso pienamente la filosofia del nuovo ristorante. Il nostro ospite deve sentirsi a suo agio, proprio come a casa: corpo, palato, spirito e tutti i sensi devono trovare piena soddisfazione. In sala, ad esempio, lo scrocchiare del pane tagliato al tavolo, parla di essenza familiare. Così la pasta e patate che risveglia in me ricordi legati all’infanzia. È come se scavasse nel profondo raccontando una mia storia personale cioè la cucina di nonna. Con questo piatto, dimostrazione di affetto e impegno di tempo, lei riuniva tutta la famiglia a tavola, ed è proprio questo senso di nostalgia di un tempo passato che me lo fa sentire come il mio piatto”, racconta Vincenzo.

Un bisogno di autenticità dunque e non solo interpretazione ma testimonianza di un territorio in cui si è scelti di restare per affondare le proprie radici che ha il sapore del ricordo, fonte cui attingere quello del futuro.

Nella sala dalle ampie vetrate e pietre a vista, il servizio con Filippo Donnarumma e Alfonso Luongo è impeccabile e accompagna, in tutta sicurezza, in un viaggio senza tempo tra sapori e profumi.

“La Loggia è l’alter ego del nostro servizio di ristorazione. Lo chef Villani guida due outlet differenti: a La Locanda del Borgo seguiamo la linea del fine dining, mentre  a La Loggia Ristorante, lo stile è asciutto e concentrato sul sapore”, spiega Pietro De Simone, restaurant manager.

L’atmosfera è un po’ retrò, con tovagliato semplice e minimalista, elegante senza inutile sfarzo, silenzioso e da toni, luci e colori morbidi e caldi che implicitamente invitano al relax.

I piatti

Leggero ed elegante il battuto di vitellona, senape selvatica e pecorino di laticauda: la materia preserva il patrimonio sannita.

Nella la zuppa di legumi antichi emergono i fasti di un territorio bellissimo e sovente dimenticato: cicerchia bianca di Montefalcone, lenticchia di Baselice e cece nero di Castelfranco dimostrano che ingredienti piccoli e poveri possono insieme risultare giganteschi e lussuosi.

Vibrante e intensa come solo la Campania riesce ad essere, è la genovese, piatto retro-innovativo che istituzionalizza il valore del gusto. “La sfida è enorme perché parlare di piatti della memoria è accendere un ricordo, quello del profumo delle cipolle che cuociono lentissime assieme alla carne. Ho quindi cercato di reinterpretare me stesso all’interno del piatto, provando ad esprimere al massimo quell’odore”, spiega lo chef.

La pasta e patate, punto cardine della cucina partenopea, rigorosamente con pasta mista, si intreccia ai sapori sanniti con patate e scamorza del Matese, risultato di un’attenta interpretazione del gusto e una sapiente tensione alla modernità.

Il petto di faraona ripieno del cosciotto, mirto e castagne è gioia per gli occhi e palestra per le papille gustative mentre il ricco, ricchissimo agnello laticauda arrosto con patate al cartoccio e panna acida esalta la splendida convivenza di Sud e Nord. L’ovino è raro ed è così chiamato per la sua caratteristica più particolare: la coda (cauda) grassa e larga (latis), funge da riserva di grasso e di acqua. 

Le medesime attenzioni in termini di qualità sono rivolte ai dolci, seguiti da Eduardo Colonna. Il Panettone classico artigianale con salsa alla vaniglia e strega, è interpretazione di un’icona sacra della gastronomia meneghina. La lievitazione totale è di 24 ore, lavorazione artigianale e “pirlatura” manuale. Composto da farine di selezionati mulini locali, burro e tuorlo d’uovo freschi, lievito madre, frutta candita fatta in casa e uvetta sultanina, è soffice, leggero e delicato.

Alla Loggia non si mangia, si vive per qualche ora sulla Luna e si guarda da lontano la normale vita terrestre. In fondo la cucina è pace, è erudizione, è morale, è scoperta e curiosità, ma alla fine dei conti, quello che conta è che sia buona, anzi buonissima. Il resto è puro dettaglio.

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