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Andrea Aprea: “dopo 10 anni di Park Hyatt ora sono chef patron”

Andrea Aprea

Quella di Andrea Aprea è una delle nuove aperture più attese dell’anno a Milano. Lo abbiamo intervistato e ci siamo fatti raccontare qualcosa in più su questo ambizioso progetto.

Andrea Aprea svela finalmente la sua meta. Il suo ristorante gastronomico sarà all’ultimo piano del Museo Etrusco della Fondazione Luigi Rovati, al 52 di Corso Venezia a Milano con un ampio cortile verde interno. Suo perché sarà lui il vero patron del locale.

Un progetto imponente per un totale di 400 mq – suddivisi in 210 mq di sala
con 32 coperti, cantina e hall d’ingresso e 190 mq di cucina. Proprio sulla corte interna si apre il bar-bistrot sempre curato da Andrea Aprea ma con soluzioni e concept food informali. L’apertura? Prevista per i primi mesi del 2022.

“Siamo certi che la scelta di un partner come Andrea Aprea darà valore al museo che si muoverà, intorno alla propria offerta culturale, con una strategia nuova, per Milano e il Paese, di multifunzionalità e di pluralità di servizi” afferma Giovanna Forlanelli, Vicepresidente della
Fondazione Rovati.

E noi abbiamo intervistato lo chef Andrea Aprea per capire esattamente cosa ci dovremo aspettare dal suo nuovo ristorante.

Finalmente Andrea Aprea si mette in proprio: perché questa scelta? 

“È qualcosa che è nato da dentro, il mio “io” ne avvertiva la necessità. Sentivo fosse arrivata l’ora di creare un progetto che mi vedesse interamente coinvolto”.

Cosa significa aprire il proprio ristorante all’interno di un museo? Un plus? 

“Sicuramente si tratta di un plus. Ho sempre ritenuto molto importante la scelta della location e avere avuto la possibilità di aprire il mio primo ristorante nel cuore della città di Milano in uno spazio che sarà dedicato anche alla cultura non può che essere un pregio”.

Ci sono rischi e quali potrebbero essere?

“Come per tutti gli imprenditori, certamente ci sono dei rischi ma allo stesso tempo ci sono anche grande motivazione, carica ed entusiasmo. Sono sicuro della scelta che ho preso, consapevole che il rischio sia parte integrante del nostro mestiere e pronto ad affrontare le eventuali difficoltà che si possono incontrare durante il percorso”.

Perché hai voluto lasciare il Park Hyatt? Cosa non ti dava che ti può regalare questa nuova apertura?

“La scelta di lasciare il Park Hyatt dopo 10 anni non è stata semplice. Insieme abbiamo fatto la storia della ristorazione milanese e non solo. Quella tra me e il Park Hyatt è stata una storia bellissima, ma era arrivato il momento di mettermi in gioco al 100%: non solo come chef, ma anche come imprenditore. Sentivo la necessità di cambiare e di dedicarmi a qualcosa che fosse mio, proprio perché credo che lo stimolo che si riceva da una propria attività sia il massimo che si possa raggiungere”.

Quanto ci sarà dei tuoi signature nel nuovo ristorante? O ci saranno molta novità?

Saranno presenti entrambi, sia piatti signature che tante novità”.

Troveremo ancora molto Napoli e Mediterraneo nel menu?

“Napoli è nel mio DNA, è il luogo in cui sono nato e cresciuto: la mia terra. Quindi sì certamente sarà presente Napoli ma ci sarà anche tutta l’Italia”.

Tre aggettivi per descriverti.

“Curioso, attento, dinamico”.

Quali sono le tue aspettative da questa nuova sfida?

“Credo sia normale avere alte aspettative quando si intraprende un nuovo percorso: l’idea è di creare un nuovo punto di riferimento per l’alta gastronomia a Milano. Allo stesso tempo sarà una partenza “attenta”, considerando il complesso momento storico che stiamo vivendo. In generale, le aspettative sono quelle di soddisfare sempre di più la mia clientela, che la gente sia contenta e che ogni volta che venga al mio ristorante abbia voglia di tornarci”.

Chi ti aspetti che frequenti il tuo ristorante?

“Avendo gestito per anni un ristorante all’interno di uno dei più importanti hotel di Milano, ho spesso avuto l’impressione che le persone potessero sentirsi in soggezione ed essere più restie a venire. All’estero i più prestigiosi ristoranti si trovano proprio all’interno di strutture alberghiere, mentre in Italia si percepisce ancora una certa diffidenza nei confronti di queste location. Faccio questa premessa per dire che, oltre ovviamente alla mia clientela affezionata, mi aspetto e mi auguro curiosità anche da quel pubblico che non ha ancora avuto modo di avvicinarsi alla mia proposta gastronomica”.

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