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Da Cirispaccio a Milano 5 pizze napoletane che raccontano una storia

A Milano, da Cirispaccio, il nuovo percorso di degustazione di Cosimo Mogavero, che racconta la sua ventennale storia personale e quella della pizza napoletana in 5 golose proposte.

Sognate la vera pizza napoletana a Milano? Cosimo Mogavero è un pizzaiolo con oltre 20 anni di esperienza. Originario di Salerno, oggi è fondatore e “capitano” di Cirispaccio, bottega con cucina in via Canonica 74 a Milano (zona Chinatown). Dopo tanti anni di lavoro ha deciso di raccontare la sua storia personale e quella della pizza in 5 proposte golose. Ecco il suo racconto, tra sorrisi e commozione, sapori e gusti campani.

Jeans

Nei primi anni della mia attività di pizzaiolo, in Campania, non di rado mi è capitato di ricevere la richiesta, peraltro sillabata in perfetto italiano, di un “pantalone”. Evidente tentativo del cliente di “nobilitare” il tradizionale “calzone” con un termine “più italiano” – spiega Cosimo Mogavero di Cirispaccio- . Un’usanza che mi ha sempre fatto sorridere. Col passare degli anni non ho dimenticato quegli episodi e così, in onore ad un’antichissima tradizione, ho “inventato” il Jeans, la mia versione del Calzone”.

Anche se il nome è contemporaneo, questo calzone rispetta la tradizione. Soffice e croccante in superficie, è fritto e ripieno di salame, prosciutto, ricotta e scamorza affumicata. Da mangiare bollente, col ripieno che diventa “scioglievole” col calore.

Regina Margherita

Fare una Margherita è una delle sfide più difficili per un pizzaiolo. Infatti, benché appaia “scontata”, la ricetta della più celebre delle pizze, divide ancora su quale sia l’originale. Così, nell’interpretazione napoletana – una delle poche a far testo tra le numerose varianti – la Margherita è per antonomasia quella fatta con il fior di latte, il pomodoro, il basilico e l’olio. Con scarse vie di fuga,come l’aggiunta di un pò di formaggio, di origano o di pepe. Per me, la “pizza della regina” non può che essere “regale”.

LA mia Regina Margherita è con pomodoro di altissima qualità, mozzarella di bufala campana fresca, un ciuffo di basilico, olio extravergine di oliva …e una cottura impeccabile. Ad essa mi lega anche un ricordo personale, quello del mio primo amico d’infanzia, Walter, con il quale ogni domenica mattina dividevo il piacere della “mia” Margherita. Dieci lire ben spese, in quella magica attesa che durava una settimana”.

Mediterranea

“Ci fu un tempo in cui i contadini delle nostre terre barattavano parte del grano prodotto nei loro campi per ottenere in cambio, grazie all’impareggiabile arte del mugnaio, la preziosissima farina. Grandi e piccini aspettavano in trepidante attesa il giorno in cui, periodicamente, talvolta anche ogni 2-3 settimane, si poteva finalmente preparare il pane. Le donne, in largo anticipo sul sorgere del sole, deponevano l’impasto, ottenuto lavorando faticosamente a mano l’insostituibile materia prima, in larghe ceste e lo portavano al più vicino forno a legna, punto di riferimento per quell’economia rurale ancora ampiamente basata sull’autoconsumo.

Al forno a legna veniva a data, in quei momenti tanto attesi di festa e di condivisione, la cottura del pane e, insieme ad esso, per l’occasione, anche la preparazione di pizze artigianali, guarnite con semplicità a partire da materie prime in larga parte rese disponibili dalla limitata ma altamente qualificata offerta locale. Tra le pizze più buone e apprezzate, destinate a colorire i momenti di una vita scandita solo dall’alternarsi delle stagioni, c’era la pizza fatta con l’olio d’oliva, il pomodoro, la mozzarella di bufala, il formaggio parmigiano ed il basilico. Nasce, dalla memoria ancora viva di quei momenti, la pizza mediterranea, che riporta al nostro tempo, affinandoli, sapori e profumi che sanno di tradizione, di casa, di famiglia”.

Non ti scordar di me

La creatività impone a chi si occupa di gastronomia un carico che, dopo anni ed anni di attività, può diventare talvolta gravoso. Infatti, non è facile per l’artigiano mantenere costantemente viva la passione per le cose “fatte per bene” e, nel contempo, generare emozioni sempre nuove nel “cliente”. In questo cammino – costellato di soddisfazioni e di delusioni – la paura che una “nuova ricetta” non sia “all’altezza” del proprio curriculum può trasformarsi in una delle esperienze umane e professionali meno piacevoli.

Anche io, dopo tanti anni di attività nella pizzeria tradizionale artigianale, sono stato assalito dal timore di non essere più in grado di proporre ricette che fossero in qualche modo “degne” di quelle ormai sperimentate e tanto apprezzate dai miei clienti. Per un attimo ho avvertito il rischio che il frutto della mia ormai ventennale esperienza cadesse nel “dimenticatoio”, senza lasciare traccia in quel lungo solco della tradizione dal quale non mi sono mai discostato.

È così nata, non senza travaglio, la Nontiscordardimé, l’ultima delle mie pizze. Con i suoi pomodorini freschi, la mozzarella di bufala campana, la sapiente miscela di formaggi, il basilico, l’origano e l’olio extravergine di oliva, la Nontiscordardimé vuole essere la sintesi della mia esperienza professionale di artigiano e, nel contempo, un “estratto” dei grandi sapori della tradizione gastrononomica campana. Nontiscordardimé, dunque, come sussurrava la “signorinella” di una celebre canzone di Aurelio Fierro al futuro notaio,“ilbuonDonCesare”. Una pizza che mi fa rivivere emozioni forti e che mi fa pensare: “Non ti scordar di me, amata Campania”.

Pizza: la storia

La storia della pizza è stata positivamente segnata dall’avvento del pomodoro, importato, molto probabilmente, dalle Americhe, quando le grandi scoperte geografiche segnarono l’alba dell’era moderna. Apprez- zato per i suoi colori, ma guardato a lungo con sospetto (alla sua stessa famiglia appartengono alcune piante “velenose”), per puro caso, probabil- mente, si ritrovò su una tavola imbandita e da allora rapidamente si diffuse fino a depositarsi su un disco di pasta lievitata.

Prima di allora (intorno al XVI secolo) la pizza napoletana per definizione era la “mastunicola”, guarnita con materie prime semplici, ma di grande effetto gusto-olfattivo. Tra questi strutto, formaggio, pepe nero, e profumatissima “vasinicòla”, sua maestà il basilico (in greco antico, il “basiléos” era il re).

San Marzano

Tra le varie cultivar di pomodori oggi disponibili, il pomodoro San Marzano rappresenta il pomodoro per eccellenza – dice il patron di Cirispaccio – . Apprezzato – fresco o appena sbollentato – su tantissime pietanze “made in Italy”, in primis gli spaghetti. Esso fu recuperato da un gruppo di previdenti e appassionati agricoltori, qualche decennio fa, dopo che una virosi ne aveva minacciato l’estinzione. Doveroso, dunque, celebrare questo “miracolo” con una pizza che nessuno mai aveva pensato di dedicargli.

Ecco, quindi, la pizza San Marzano, con il “santo” pomodoro e i suoi ideali devoti – straccetti di guanciale, formaggi, basilico, pepe nero – consegnati alle nostre papille come tante isolette di seducenti tentazioni, pronte a sciogliersi in bocca senza perdere no alla ne la loro identità gustativa. Si, perché nel suo gioco di colori spennellati ad arte come su una bianca tela, la pizza San Marzano lascia liberi di approdare a ciascuna isoletta, come e quando si vuole, secondo i propri gusti o la pulsione del momento.

E, navigando in questo “patchwork” di sapori ci si ritrova, senza accorgersene, a ripercorrere la storia centenaria della pizza. Dal pomodoro al basilico, fino ai formaggi, simbolo della pastorizia e, per finire, il guanciale, simbolo della grande tradizione gastronomonica artigianale suina italiana. Una pizza che ci unisce in un unico grande tavolo che si chiama Italia”.

Info utili

Cirispaccio

Via Luigi Canonica, 74 – Milano

Tel: 02 4951 9340

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